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Sorpresa: i piccoli comuni producono più ricchezza che le grandi città, ma non nel Lazio

Redazione
L’analisi di Cgia rivela come il 39% del valore aggiunto nasca nei centri con meno di 20mila abitanti.
Settembre 2, 2022

Il vero motore dell’economia italiana sono i comuni più piccoli, con meno di 20.000 abitanti, dove sorge oltre il 41% delle imprese e dei lavoratori dipendenti (senza contare quelli del pubblico impiego). Lo rivela uno studio condotto dall’associazione di categoria delle piccole e medie imprese Cgia, per conto di ASMEL ( l’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali), che documenta anche come in tali realtà economiche si produca il 39 per cento del valore aggiunto nazionale.

Se, invece, si prendono in considerazione i comuni fino a 100.000 abitanti, il Pil prodotto è pari al 66% del totale e gli addetti nelle imprese private sono pari al 69%; mentre le imprese lì ubicate sono addirittura il 71 per cento.

Una realtà che però non trova conferma nel Lazio, dove sono le città con più di 100mila abitanti (Latina ma soprattutto la mastodontica Roma) a fare la parte del leone; così come non trova conferma in Liguria ed Emilia Romagna: le tre regioni che non ‘rispettano’ la regola secondo cui “fabbriche, uffici, negozi e botteghe sono concentrate nei comuni a minor dimensione demografica” come si legge nello studio che oltre al settore della Pa – come già detto – esclude quelli dell’agricoltura, dell’intermediazione finanziaria e delle assicurazioni.

La distribuzione delle unità locali delle imprese di industria e dei servizi a livello regionale rivela infatti che in Emilia Romagna, Liguria e Lazio l’incidenza percentuale sul totale di quelle ubicate nei comuni con più di 100mila abitanti è superiore a quella relativa alle imprese insediate nelle amministrazioni con meno di 20mila abitanti. Per Liguria e Lazio, in particolar modo, questo risultato è ascrivibile al “peso” demografico che i comuni di Genova e Roma hanno nei confronti delle regioni di appartenenza.

Nel Lazio le unità locali delle imprese presenti (industria e servizi) sono collocate, infatti, solo per il 16% nei comuni fino a 20.000 abitanti; per il 17% nei comuni tra i 20.000 e i 60.000 e solo per i 5% nei comuni fino a 100.000. Il grosso della torta (61% delle imprese) ha sede nei centri con oltre 100.000 abitanti (Roma e Latina).

La forte concentrazione delle attività produttive nelle realtà territoriali minori impone ai sindaci interessati risposte importanti su temi come la tutela dell’ambiente, la sicurezza stradale, la mobilità, l’adeguatezza delle infrastrutture viarie e la necessità di avere un trasporto pubblico locale efficiente. “Sono criticità che richiedono un approccio pianificatorio su larga scala che, spesso, non si può attivare a causa delle poche risorse umane e finanziarie a disposizione” dice l’analisi.

Degli 825,4 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto da tutte le aziende private presenti nel Paese (pari a poco meno della metà del Pil nazionale), 541,7 miliardi sono generati nelle piccole e medie Amministrazioni comunali e 283,6 miliardi nelle grandi.

Se separiamo il valore aggiunto totale prodotto dalle imprese private nelle due branche che lo compongono, industria e servizi, emerge la grandissima vocazione manifatturiera dei Comuni sotto i 20 mila abitanti dove sono insediate il 54 per cento delle imprese industriali (514.069), il 56 per cento degli addetti (3.029.993) e addirittura il 53 per cento del Pil (182,8 miliardi di euro). Viceversa, come del resto era facilmente prevedibile, il settore dei servizi 2 è concentrato in particolar modo nelle grandi realtà urbane: nelle città con più di 100 mila abitanti, infatti, scorgiamo il 32 per cento delle unità locali di questo settore, il 37 per cento degli addetti e il 44 per cento del valore aggiunto. I piccoli Comuni con meno di 20 mila abitanti, tuttavia, svolgono anche nei servizi un ruolo per nulla marginale, rappresentando il 38 per cento delle imprese (1.388.939 unità), il 33 per cento degli addetti (3.846.275 addetti) e il 28 per cento del valore aggiunto (137,5 miliardi di euro).

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