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Sondaggi e sanità: Zingaretti e il Lazio a marcia indietro

Licandro Licantropo
Il Lazio scende dal decimo al quattordicesimo posto nel Rapporto annuale stilato dal Centro per la Ricerca Economica Applicata sulla base delle performance dei sistemi sanitari.
Luglio 18, 2022
Nicola Zingaretti

A ormai meno di un anno dalle elezioni regionali le classifiche che riguardano il Lazio sono tutte e sempre negative. Qualche settimana fa Nicola Zingaretti penultimo tra i Governatori come indice di popolarità nella rilevazione del Governance Poll. Adesso la sanità: il Lazio scende dal decimo al quattordicesimo posto nel Rapporto annuale stilato dal Centro per la Ricerca Economica Applicata sulla base delle performance. Uno studio sulle condizioni dei diversi sistemi sanitari redatto da un gruppo formato da cento esperti che appartengono a cinque categorie: utenti, istituzioni, professioni sanitarie, management aziendali e industria medicale.

OLTRE LA GESTIONE DEL COVID

In questa speciale classifica il Lazio perde quattro posizioni rispetto allo scorso anno e passa dalla decima alla quattordicesima. Nel Rapporto emerge che “il divario tra la prima e l’ultima regione del ranking è rilevante. Quasi un terzo delle regioni non arriva neppure ad un livello pari al 30%. Quattro sembrano avere livelli complessivi di tutela significativi migliori delle altre: Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lombardia”. Il Veneto è al 54%, l’Emilia Romagna al 52%, la Toscana al 48%, la Lombardia al 44%. Poi ci sono la Provincia Autonoma di Trento, l’Umbria, il Friuli Venezia Giulia, la Provincia Autonoma di Bolzano. Con performance superiori al 40%. Il Lazio è quattordicesimo con il 36%, molto lontano dalle prime e più vicino alle ultime, che sono Sicilia, Puglia, Molise, Abruzzo, Campania e Calabria, attestate su percentuali inferiori al 30%. Ma quali sono le voci che fanno scendere la regione Lazio? Sostanzialmente 4: la mortalità evitabile, l’aspettativa di vita in buona salute alla nascita, la quota di persone che rinunciano a sostenere le spese sanitarie e le famiglie impoverite per le spese sanitarie private. Ci sono cioè ragioni sanitarie vere e proprie, ma anche sociali e sociosanitarie. La rinuncia a curarsi o l’impoverimento perché si è costretti a rivolgersi al privato (per patologie evidentemente serie o urgenti) sono elementi che caratterizzano una gestione politica ed amministrativa. In questi ultimi due anni e mezzo tutte le regioni sono state impegnate nell’affrontare la pandemia. Il Lazio ha retto abbastanza bene l’urto, specialmente se si considerano quello che è successo nelle altre grandi capitali o metropoli. A Roma la situazione è stata comunque sempre sotto controllo, anche quando i numeri della seconda, terza e quarta ondata altrove erano più altri. Se il nome dell’assessore Alessio D’Amato è tra i più popolari nei sondaggi per la candidature alla presidenza della Regione lo si deve alla capacità che ha dimostrato di affrontare la pandemia: con i grandi hub, con l’organizzazione, con un tracciamento a tappeto e con tutto il resto. Ma la sanità non è soltanto il contrasto al Covid. L’uscita dal commissariamento ha rappresentato il cavallo di battaglia dell’Amministrazione Zingaretti, ma è necessario agire su altri fronti per portare la sanità laziale a livelli di eccellenza.

LE RISPOSTE CHE SONO MANCATE

Non è vero che le classifiche sulla qualità della vita o sul grado di soddisfazione dei cittadini non fotografano le situazioni. In realtà rappresentano delle pagelle non soltanto su quello che è stato fatto oppure no, ma sulla percezione che si ha di un programma di governo o amministrativo. Nel Lazio negli ultimi anni sono mancate risposte importanti. Sulla sanità ma anche sui rifiuti. Non c’è un Piano e la Regione, dopo lo scontro senza soluzione di continuità con l’Amministrazione capitolina di Virginia Raggi, non riesce a fare di meglio che a rivolgersi alle Province per avere risposte che già conosce. In un eterno e stucchevole scaricabarile. Nel Lazio c’è oggi una sola discarica, peraltro in via di esaurimento: Viterbo. Non esistono strategie di breve e medio periodo, il termovalorizzatore di Roma riguarderà il futuro qualora si realizzasse davvero. Sicuramente ci sono delle responsabilità anche da parte delle cinque Province, ma la Regione non ha mai dato la sensazione di voler prendere in mano la situazione. La costituzione degli Egato, vale a dire degli enti di gestione delle Autorità d’Ambito Ottimali è una sovrastruttura che va ad “innestarsi” in concetti già conosciuti. Uno in particolare: ogni provincia dovrebbe essere autonoma. Una favola considerando quello che è successo negli ultimi anni. Intanto però gli Egato richiederanno incarichi e nomine. Il rischio dei poltronifici è altissimo se si considera che il presidente di ognuno di questi enti percepirà l’80% dello stipendio del Governatore. Parliamo di 8.000 euro al mese. Ma sarebbe accettabile se il problema venisse risolto. Ricapitolando: disastro sui rifiuti, arretramento sulla sanità. Sono le principali competenze di una Regione. Potremmo aggiungere l’assenza di soluzioni sulla sospensione del decreto della perimetrazione della Valle del Sacco. Al di là delle letterine di intenti. Potremmo aggiungere la paralisi totale sulla stazione Ferentino-Supino dell’Alta Velocità. Ma il “sentiment” dei cittadini laziali emerge benissimo in questi studi. A meno di un anno dalle elezioni non è il massimo per Nicola Zingaretti. Lui non si ricandiderà alla guida della Regione, ma avrà un collegio blindato alla Camera o al Senato. Però i dieci anni di amministrazione peseranno sulla campagna elettorale e sui risultati. Chiunque sarà il candidato presidente. Ad un certo punto era sembrato che Zingaretti potesse essere il leader di un nuovo centrosinistra nazionale. Poi arrivò la crisi del secondo governo di Giuseppe Conte: il Pd di “Zinga” vedeva nell’avvocato del popolo il nuovo Romano Prodi e Goffredo Bettini ne glorificava il ruolo. Con il Governo di Mario Draghi tutto franò e Zingaretti fu costretto alle dimissioni da segretario del Pd. Il trend è cambiato allora. E’ per questo che Enrico Letta stavolta vuole evitare errori del genere. Zingaretti diceva: “O avanti con Conte o elezioni”. Nell’uno nell’altro. Oggi Enrico Letta non si sbilancia ed è molto cauto. Ma comunque non dice: “O Draghi o elezioni”. Però ha un vantaggio enorme rispetto a Nicola Zingaretti: le liste del Pd per Camera e Senato le farà lui. Questo significa che davanti al suo ufficio al Nazareno ci sarà la fila di chi chiederà un posto al sole.