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Scuola, oggi è sciopero nazionale. Sindacati e personale scolastico in piazza

Martina Arduini
I sindacati insieme ai lavoratori chiedono il rinnovo del contratto di categoria, bloccato da diversi anni e la tutela dei precari che proprio nel nuovo decreto in vigore dal 1° maggio, non verrebbero, a parere dei sindacati, adeguatamente tutelati
Maggio 30, 2022
Foto LaPresse

A poco più di una settimana dalla chiusura delle scuole, oggi 30 maggio, docenti e personale scolastico sono scesi in piazza per manifestare contro le nuove riforme del reclutamento e della formazione iniziale presente nel nuovo Decreto Legge 36/22 introdotto dal governo Draghi. Al fianco dei lavoratori scolastici i sindacati Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda e Anief.

I sindacati insieme ai lavoratori chiedono il rinnovo del contratto di categoria, bloccato da diversi anni e la tutela dei precari che proprio nel nuovo decreto (in vigore dal 1° maggio ndr) non verrebbero, a parere dei sindacati, adeguatamente tutelati.

A Roma in piazza Santi Apostoli, la manifestazione è molto partecipata da questa mattina alle 10. Oltre 100 pullman da tutta Italia hanno preso parte allo sciopero nazionale.

Cosa prevede il Decreto Legge 36/22

Entrato in vigore il 1° maggio 2022, il Decreto 36/22 ha fatto molto discutere per i provvedimenti relativi alla formazione degli insegnanti e alle modalità del reclutamento.

Il decreto prevede due forme diverse di formazione in itinere degli insegnanti:

  1. la formazione obbligatoria, nell’ambito dell’orario di lavoro, sulle competenze digitali;
  2. percorsi permanenti triennali, facoltativi, da svolgersi in orario aggiuntivo, destinati ai docenti di ruolo, e al termine dei quali è possibile ricevere l’incentivo, qualora le ore aggiuntive non siano state già remunerate con le risorse del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa e ammesso che il docente abbia ricevuto una valutazione positiva al termine del percorso (secondo prestabiliti indicatori di performance).

D’ora in poi l’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria si giocherà sui crediti formativi, i cosiddetti CFU, nell’ambito di un percorso abilitante. Durante il percorso universitario e accademico di formazione iniziale, infatti, lo studente (aspirante insegnante) dovrà conseguire almeno 60 crediti formativi e dovrà superare un esame finale comprendente una prova scritta e una lezione simulata.

Francesco Sinopoli, a capo della Flc Cgil, insieme agli altri sindacati spiegano come questo decreto “invade i campi della contrattazione in materia di reclutamento e formazione: capitoli che dovrebbero essere, appunto, regolati tra le parti. Quella disegnata dal decreto è una formazione tra l’altro finanziata con un cospicuo taglio di personale (10 mila unità), mentre le nuove modalità di reclutamento – oltre a dare un nuovo impulso al mercato dei crediti – non lasciano nessuna possibilità di stabilizzazione per i precari, quelli che da anni hanno permesso alle scuole di andare avanti. Il tutto, tradendo lo spirito del Patto per la scuola, siglato un anno fa, che invece ‘prometteva’ scelte condivise. Sul contratto le cifre stanziate sono assolutamente insufficienti per dare una risposta dignitosa all’impegno del personale della scuola”.

“Le ragioni della protesta sono motivate: il governo sceglie di costruire una formazione per pochi, finanziata con il taglio degli organici. In più si umiliano i precari con un nuovo sistema di reclutamento e gli si nega l’abilitazione. Un intervento da respingere, che io non chiamo nemmeno la riforma – continua Sinopoli -. Viene tradito il Patto per la scuola. Il contratto poi è scaduto da tre anni e ci aspettiamo un investimento serio per il rinnovo contrattuale: le risorse stanziate non bastano anche dato l’impegno della scuola tutta negli anni della pandemia. Evidenziamo l’inadeguatezza del governo rispetto alle esigenze della scuola”.

Le riforme per la scuola di Bianchi

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi intervenendo da remoto al convegno dell’Associazione nazionale presidi che si sta svolgendo a Torino, e riferendosi allo sciopero della scuola promosso dai maggiori sindacati, ha annunciato tre importanti riforme da mettere in atto per la scuola. “Dobbiamo ripensare questi due anni di pandemia – ha detto Bianchi – la scuola è per definizione in presenza ed io in questi mesi ho voluto anche con alcuni contrasti riportare gli alunni a scuola. Noi abbiamo tre riforme da fare e il nocciolo è che il sistema deve essere basato sul concetto di autonomia, che è la capacità di costruire dal basso un sistema nazionale, il che non significa che ognuno deve andare per conto proprio”. Il ministro Bianchi ha poi aggiunto che “serve una riflessione sull’organizzazione della scuola che prevede il ‘fine corsa’ a 14 e 18 anni e un obbligo a 16 anni”.

Contrario il sindacato dei presidi

Diversa la posizione del sindacato Anp dei presidi, che definisce questa manifestazione “il solito ritornello”. Come dice Cristina Costarelli di Anp Lazio “stabilizzare i precari, non considerando per nulla il diritto degli alunni ad avere insegnanti migliori, più preparati, più aggiornati. E si vuole evidentemente la distribuzione a pioggia di soldi per tutti. Non si vuol sentire parlare di merito e differenziazioni. Più soldi per tutti ha un sapore populista senza utilizzare gli aumenti per restituire efficienza e premialità”, le fa eco Mario Rusconi di Anp Roma.

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