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Luci e ombre alla “prima”. Massimo dei voti per centrodestra che tentenna sulla mozione del nulla. Centrosinistra in punta di cavillo, ma è solo ammuina

Licandro Licantropo
Come tutti i debutti anche quello di ieri è stato caratterizzato da un clima alla “volemose bene”, scandito da abiti eleganti e da sorrisi. Ma adesso si tratta di amministrare, la campagna elettorale è finita.
Luglio 19, 2022
Riccardo Mastrangeli, sindaco di Frosinone

Se l’opposizione che il centrosinistra ha intenzione di portare avanti nei prossimi cinque anni è quella vista ieri sera, due cose sono assicurate: ogni seduta di consiglio sarà una specie di “corrida” e nel 2027 il centrodestra allungherà a quattro la striscia di vittorie consecutive. Però il centrodestra si è fatto sorprendere, ha tentennato parecchio prima di trovare una linea ferma e unitaria ed è apparso a tratti in soggezione psicologica verso una minoranza esperta e cavillosa. 

Quando invece in precedenza era riuscito a portare a casa tutti i risultati prefissati con il massimo dei voti.

LA MOZIONE PER CONVINCERE DRAGHI

In Italia non è la prima volta e non sarà l’ultima che si mischiano i livelli. Fatto sta che Domenico Marzi ha ritenuto opportuno presentare un documento per impegnare il Consiglio a chiedere al sindaco di pronunciarsi affinché Mario Draghi decida di restare a Palazzo Chigi. Un documento illustrato prima come ordine del giorno, quindi definito come mozione, senza però inserire il carattere dell’urgenza. Un documento scritto di fretta, come ha ammesso perfino Alessandra Mandarelli. Il centrosinistra ha scatenato l’inferno. Sono intervenuti, oltre a Marzi, Fabrizio Cristofari, Norberto Venturi, Andrea Turriziani, la stessa Alessandra Mandarelli. A un certo punto è sembrato che Sergio Mattarella e Mario Draghi stessero aspettando l’esito della mozione del consiglio comunale di Frosinone per decidere i destini del Paese. Lo stesso Giuseppe Conte era in collegamento streaming. Mentre Giorgia Meloni veniva chiamata d’urgenza per collegarsi e capire il da farsi. Scherzi a parte, il Campo largo quantomai stretto l’ha buttata in politica, scambiando l’aula consiliare di Frosinone con l’emiciclo di Palazzo Madama. A norma di procedura sarebbe bastato valutare l’atto per quello che era, sottoporlo all’attenzione della segreteria generale e poi lasciare la decisione al presidente dell’aula. Invece il centrodestra ha tentennato e il sindaco Riccardo Mastrangeli, che aveva appena invocato la protezione dei santi Patroni Silverio e Ormisda, ha avuto un eccesso di buonismo. Per un secondo ha pensato magari di mettere in votazione l’atto. Poi però il centrodestra ha ripreso il filo e Massimiliano Tagliaferri ha fatto quello che andava fatto subito: non mettere in votazione il documento. Nel frattempo Domenico Marzi aveva lasciato l’aula per andare a fare una passeggiata. 

Il centrosinistra è apparso fermo alla sconfitta elettorale, con molte scorie da smaltire. Se deve fare i conti con la terza sconfitta consecutiva, un motivo ci sarà: il completo sganciamento dalla realtà amministrativa del Comune e della città. L’obiettivo era evidenziare una possibile spaccatura tra Fratelli d’Italia e il resto del centrodestra. Magari ci sarebbe stata, ma questo non avrebbe costituito un problema per una maggioranza che deve imparare in fretta a fiutare le trappole e a gestire anche differenze politiche. Però l’argomento ha regalato alla prima seduta del consiglio comunale un’ora di autentico… Zelig.

I SEGNALI POLITICI

In precedenza il centrodestra aveva portato a casa due risultati importanti con il massimo di … voti. Ventidue per Massimiliano Tagliaferri (Lista Ottaviani) presidente del consiglio comunale, ventidue per Alessia Savo (Fratelli d’Italia) vicepresidente. Riccardo Mastrangeli e Danilo Magliocchetti erano stati giorni a studiare la strategia: consegnare ai gruppi schemi diversi con nome, cognome, lettere maiuscole e altre soluzioni del genere. In modo che ognuno avrebbe votato in modo differente e di conseguenza i franchi tiratori sarebbero stati individuati immediatamente. Nessuno si è sfilato. L’altro vicepresidente è Norberto Venturi (9 voti), del Partito Democratico. Anche nelle successive votazioni la coalizione che appoggia Mastrangeli non ha fatto registrare passi falsi. Prima dell’elezione di Massimiliano Tagliaferri, alla guida dell’aula era rimasto per quarantadue minuti (di gloria) Angelo Pizzutelli, in qualità di consigliere anziano. Uno che per i voti che prende se le meriterebbe quella postazione: primo degli eletti nel 2012 e nel 2017, secondo nel 2022 ma aumentando i consensi. Dopo dieci anni all’opposizione. Peccato per lui che milita in un Pd che sembra non voler imparare dalle clamorose sconfitte di questi anni. 

LA ROTTA DI MASTRANGELI

Nel discorso di insediamento il sindaco ha detto: “Sono uomo di parte, fiero della mia identità culturale cattolico-democratica, ma consapevole che il nostro obiettivo debba essere quello di distinguere tra l’appartenenza ed il comune tessuto istituzionale. Tutte le forze politiche e civiche presenti in quest’aula, pur nella dialettica dei ruoli diversi, esprimono tutte l’intera collettività”. Riccardo Mastrangeli è il sindaco di tutti e ci mancherebbe altro. Ma se l’opposizione è quella vista ieri sera, è complicato immaginare un percorso di collaborazione amministrativa anche se da posizioni diverse. Inoltre il centrodestra ha davanti una sfida importante. Sempre Mastrangeli: “C’è un diritto della maggioranza a governare. C’è un diritto dell’opposizione a controllare. E ci sono doveri a cui nessuno di noi si può sottrarre… La consiliatura che si apre oggi dovrà dedicarsi non solo alla continuità amministrativa con la precedente, ma essere anche caratterizzata da un forte spirito di innovazione”. Per fare questo è certamente importante il confronto in aula, me sicuramente appare necessario non perdere mai di vista il perimetro politico di riferimento. Al Comune di Frosinone il centrodestra ha radicamento e caratterizzazione.

BACI, ABBRACCI E TRANELLI

Come tutti i debutti anche quello di ieri è stato caratterizzato da un clima alla “volemose bene”, scandito da abiti eleganti e da sorrisi. Un consiglio comunale composto da amministratori di esperienza e di valore, da entrambe le parti. Ci sono i presupposti per una consiliatura “tosta” e proficua. Non manca la  passione politica, come hanno dimostrato per esempio gli interventi di Andrea Turriziani (Lista Marini), Fabrizio Cristofari (Pd), Rossella Testa (Lega), Alessia Savo (Fratelli d’Italia). Ma, e questo vale per tutti, la campagna elettorale è finita. Si tratta adesso di amministrare: il consiglio comunale dovrà decidere sulla riqualificazione dei Piloni e della Stazione, non sull’invio delle armi all’Ucraina. Va tenuto presente. Altrimenti la politica cederà il passo al cabaret.

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