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A rischio l’intero sistema produttivo, ma si preferisce parlare della marcia su Roma. Il tiki taka di Zingaretti

Licandro Licantropo
Nessuno in Ciociaria si pone il problema che senza un vero rilancio delle aree industriali non si potrà mai investire sulla cosiddetta capacità di attrazione. Gli esuberi alla Sanofi dimostrano che neppure un’eccellenza assoluta come il chimico-farmaceutico può dirsi al sicuro.
Ottobre 28, 2022
Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti

Cento anni fa la marcia su Roma. Esiste oggi il pericolo del ritorno del fascismo? Assolutamente no. Lo sanno tutti, anche le pietre. Eppure da settimane non si parla d’altro, cercando di far passare il messaggio che in fondo il Governo di Giorgia Meloni potrebbe avere delle spinte autoritarie. Oltre a cancellare o svuotare i diritti. Non c’è un solo atto che supporta una simile tesi (assurda), ma la sinistra continua a nutrirsi di questa retorica. Evitando di fare i conti con la sconfitta, con le responsabilità politiche che l’hanno prodotta e con la circostanza che per fare bene l’opposizione bisognerebbe prendere perlomeno coscienza del ruolo. Poi ci sono i sondaggi, che richiamano alla realtà. Nella Supermedia di Youtrend (27 ottobre) Fratelli d’Italia sale al 27,7%, il Pd scende al 17,6%, i Cinque Stelle lo incalzano al 16,6%, la Lega è all’8,5%, il Terzo Polo sale all’8,2%, Forza Italia scende al 7,2%. I cittadini giudicano quello che succede: la lezione è questa.

I TANTI SEGNALI DELLA CRISI

Nel frattempo anche in provincia di Frosinone si moltiplicano i segnali di una crisi che non è soltanto economica e finanziaria, ma investe l’intero tessuto produttivo del territorio e della nazione. Gli esuberi alla Sanofi dimostrano che neppure un’eccellenza assoluta come il chimico-farmaceutico può dirsi al sicuro. E nessuno in Ciociaria si pone il problema che senza un vero rilancio delle aree industriali non si potrà mai investire sulla cosiddetta capacità di attrazione. Ci torneremo. La Skf sceglie di avvalersi della cassa integrazione perché non riesce a fronteggiare l’onda dell’aumento del costo dell’energia. Ci sono decine di situazioni quotidiane che fanno registrare la chiusura di attività storiche nei vari Comuni della nostra provincia: bar, ristoranti, alberghi, botteghe artigiane. C’è una crisi enorme nell’intero Paese che riguarda il settore della carta, anch’esso travolto dal caro bollette. Per non parlare di tutte quelle che attività che hanno bisogno del trasporto su strada: il carburante è alle stelle. Nessuno però sembra prendere sul serio una crisi completamente diverse da tutte le precedenti. Lo ripetiamo: a rischio è l’intero sistema produttivo del Paese. La Ciociaria avrebbe bisogno di una situazione diversa, ma le tante promesse sono rimaste tali. Il rilancio e lo sviluppo passano dalla bonifica della Valle del Sacco e da una diversa riperimetrazione del Sin. E’ rimasto tutto come prima. Inoltre fatichiamo a capire come non ci si renda conto che soltanto la Stazione Tav di Ferentino-Supino può determinare una svolta vera per il territorio. Le fermate a Frosinone e Cassino non bastano, sono una goccia nell’oceano. Una Stazione nel cuore dell’area industriale, invece, a due passi dal casello autostradale di Ferentino e vicinissima alla superstrada cambierebbe le prospettive. Anche per le imprese del territorio, costrette a fare i conti con una logistica a pezzi e con delle condizioni che scoraggiano qualunque tipo di investimento. L’enormità della lezione della Catalent non è stata compresa da nessuno. Camera di Commercio, associazioni di categoria, Comuni, sindacati, Consorzio industriale, parlamentari nazionali e regionali cosa aspettano ad affrontare i veri problemi che hanno già portato nel baratro la provincia di Frosinone?

Il caro bollette può spazzare via il ciclo della produzione. Aumentando a dismisura i disoccupati e il ricorso agli ammortizzatori sociali. Così il sistema non può reggere. Allo stesso modo se non si crea occupazione stabile, tra pochi anni come sarà possibile continuare a pagare le pensioni? Di fronte a questa montagna di problemi si continua a discettare sui cento anni dalla marcia su Roma. Mah…

LA MELINA DI “ZINGA”

Quando si dimetterà davvero da Governatore Nicola Zingaretti, ormai deputato del Pd? Per consentire ai cittadini del Lazio di tornare al voto? Adesso si parla insistentemente del 4 novembre. Proprio Nicola Zingaretti ha detto: “C’è un iter legislativo in aula. Abbiamo un obiettivo, che è quello di approvare il collegato di bilancio il 3 novembre e lo perseguiamo. Chiaramente dipende dal dibattito consiliare. Noi, come abbiamo detto, stiamo rispettando i patti. C’è un bellissimo Collegato che rappresenterà una svolta per la Capitale. Immediatamente dopo firmerò le dimissioni e si aprirà il percorso per andare al voto, che potrebbe essere nella prima settimana di febbraio”. Appena qualche giorno fa lo stesso Zingaretti aveva dichiarato che “la forbice credibile per il voto nel Lazio è tra il 18 dicembre e la fine di gennaio”. Spiegando: “Eviterei agli italiani altre rovine dopo ferragosto (ndr: evidente il riferimento alle feste natalizie). Ma decide l’alleanza, non io. O si vota prima o dopo Natale”. Poi si era parlato del 22 gennaio. Adesso siamo arrivati a febbraio. Evidente la “melina” per cercare di guadagnare tempo. Magari nella speranza di ricostruire una parte di Campo largo, tra Pd e Cinque Stelle. Il Lazio avrebbe bisogno in tempi rapidi di un altro Governo, nella pienezza delle sue funzioni. Sia esso di centrosinistra o di centrodestra. Invece il Partito Democratico insiste con i soliti schemi e le vecchie logiche, tra le quali la “melina”. Ma Enrico Letta si è reso conto che i Cinque Stelle sono in avanzata fase di sorpasso?

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