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A Fumone Fratelli d’Italia analizza il primo anno di governo Meloni. Pd, fallimento totale in Italia e crisi profonda in Ciociaria

Licandro Licantropo
Settembre 10, 2023
Massimo Ruspandini

È appena iniziata a Fumone la manifestazione organizzata dal coordinatore provinciale Ruspandini con i responsabili locali del partito di Giorgia Meloni una partecipatissima riunione per analizzare i risultati del primo anno di governo Meloni oltre che i primi passi dell’amministrazione regionale.

C’è tutto il partito, nessuna defezione, a conferma sia dell’unità sul territorio del primo partito della coalizione sia di come sia stata, fino ad oggi produttiva sotto il profilo dei risultati raggiunti e della coesione della comunità, la guida dell’onorevole Ruspandini.

Ha appena finito di parlare il neo-commissario Ater Antonello Iannarilli e sono presenti i deputati Pulciani e Mattia, i consiglieri regionali Maura e Savo, il presidente della Saf Fabio De Angelis e tutti gli amministratori e i dirigenti locali.

L’ARDITA DISCESA DELLA SCHLEIN E DEL PD

“Ci si rallegra di chi arriva, non di chi parte”. Piero Fassino, presidente nazionale del Pd, prova un ragionamento diverso. Incalza: “Quando è nato questo partito, con Veltroni, aveva 12 milioni di voti, alle ultime elezioni ne abbiamo presi 6. Ci dobbiamo allargare, se restiamo al 20 per cento non vinceremo mai”. Ma sono parole destinate a cadere nel vuoto perché la segretaria nazionale Elly Schlein snobba gli addii di ben 30 dirigenti del partito in Liguria. Ospite della festa del Fatto Quotidiano, attacca: “E’ sempre un dispiacere quando qualcuno decide di andare via, dopodiché se noi ci rendiamo conto che qualcuno che possa non sentirsi a casa in un Pd che si batte per il salario minimo, per la scuola, per l’ambiente, per i diritti, per il lavoro di qualità, allora forse l’indirizzo era sbagliato prima”. La Schlein ha aggiunto che se tutto fosse andato bene, lei non sarebbe stata eletta segretaria.

Forse è ora di chiarire un punto. Un partito è una comunità di persone che condividono gli stessi valori: gli iscritti del Pd si erano espressi per Stefano Bonaccini. A larghissima maggioranza. Gli iscritti sono quelli che hanno la tessera e che contribuiscono in tutti i sensi alla vita del partito. Ma siccome il Pd ha la vocazione a farsi del male, da anni si cimenta con le “primarie aperte”, alle quali votano anche elettori non del partito. E’ esattamente per questo che alla fine ha vinto Elly Schlein.

Nel Partito Democratico il malumore sta crescendo: tanti sono già andati via e altri lo faranno. Stefano Bonaccini ha detto che “un Pd piccolo e radicale non serve”. La profezia di Nicola Zingaretti è significativa: “Con questa (ndr: Schlein) non prendiamo nemmeno il 17 per cento”. Alla Festa dell’Unità la platea Dem ha riservato un coro da stadio (“Conte, Conte, Conte”) al leader del Movimento Cinque Stelle, che a quel punto ha pensato bene di attaccare Matteo Renzi (“è bastato un Renzi qualunque per far cadere il nostro Governo”) nel tripudio generale. Senza che nessuno, almeno dei dirigenti, sentisse il bisogno di ricordare che Renzi (che è stato segretario) aveva portato i Democrat oltre il 40%, prima di essere “massacrato” dall’interno. C’è una profonda insoddisfazione nell’area centrista e nella base. Il partito è inchiodato al 20%, senza alleati e continuamente succube del Movimento Cinque Stelle. E’ quello che vuole Elly Schlein.

Anche in provincia di Frosinone le cose non vanno diversamente. Il Pd ha perso sindaci come Massimiliano Quadrini e Adamo Pantano senza dire nulla, alle politiche non ha toccato palla. Dopo le regionali ha emarginato politicamente Antonio Pompeo, che aveva appena preso più di 15.000 voti di preferenza, contribuendo in modo decisivo a far scattare il seggio conquistato da Sara Battisti. A Cassino da mesi si assiste ad uno stucchevole tiro alla fune che sa di gioco delle parti tra Enzo Salera e Barbara Di Rollo. A Ferentino, Sora e alla Provincia una parte del Pd (quella di Francesco De Angelis) è stata “costretta” ad indossare abiti “civici” per vincere le partite. C’è un arretramento diffuso ovunque, anche negli enti intermedi se si pensa, per esempio, alla Saf. Esiste una classe dirigente che è stata “asfaltata” ad ogni tipo di elezione: Camera, Senato, Regione, Comuni. Ma si grida alla vittoria. In Ciociaria Elly Schlein non ha vinto né nel voto dei circoli né alle primarie. Ma il malessere nel partito c’è comunque perché niente cambia e chi è in minoranza ha due alternative: andarsene o rimanere in disparte senza farsi notare troppo. Anche da queste parti ci si rallegra per quelli che vanno via: è successo poco più di un anno fa al Comune di Frosinone per esempio. Senza mai interrogarsi sui motivi che determinano tutto questo. Ha ragione Piero Fassino: “Ci si rallegra di chi arriva, non di chi parte”. Non nel Partito Democratico.

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