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Un’ondata chiamata centrodestra. Il fortino inespugnabile della Ciociaria. Nel Pd ci si sta preparando al dopo Enrico Letta

Licandro Licantropo
Lo strappo di Carlo Calenda rende impossibile al Pd essere competitivo. Di fatto il Campo largo è naufragato e adesso ci sono tre blocchi differenti che nulla hanno in comune tra loro.
Agosto 10, 2022
Enrico Letta

A poco più di un mese dalle elezioni politiche del 25 settembre, si profila una vittoria schiacciante del centrodestra. Le rilevazioni di Swg e lo studio aggiornato dell’Istituto Cattaneo relativamente alla distribuzione dei collegi sono molto di più di un semplice sondaggio. I dati, incrociati, danno una proiezione precisa della possibile composizione del Parlamento. Alla Camera dei deputati il centrodestra otterrebbe 245 seggi, il centrosinistra 107, il Movimento Cinque Stelle 27, la possibile alleanza tra Azione e Italia Viva 16. Poi 5 ad altre forze minori. Vorrebbe dire che il centrodestra avrebbe il 61% dei deputati, che in totale sono 400. Una maggioranza imponente. Ancora più forte al Senato, dove gli scranni sono 200: 127 al centrodestra (63,5%), 51 al centrosinistra, 12 al Movimento Cinque Stelle, 7 ad Azione e Italia Viva, 3 ad altre forze minori.

Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e centristi farebbero man bassa nei collegi uninominali maggioritari, sia per Montecitorio che per Palazzo Madama. Per il centrosinistra i seggi blindati resterebbero poche decine: alcune sezioni della Toscana e dell’Italia centrale.

Lo strappo di Carlo Calenda rende impossibile al Pd essere competitivo. Di fatto il Campo largo è naufragato e adesso ci sono tre blocchi differenti che nulla hanno in comune tra loro. Il Pd è alleato con Articolo 1, Demos, Psi, Sinistra Italiana, Verdi e +Europa: sinistra-sinistra. Il centro è scomparso. Nel Movimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte non c’è traccia delle origini, mentre il vero dato politico è che Beppe Grillo ha azzerato la classe dirigente che aveva portato i pentastellati al 33%: Luigi Di Maio, Roberto Fico, Alessandro Di Battista, che ieri ha attaccato l’ex comico genovese definendolo padre-padrone.

Un ravvedimento tardivo, caduto in… prescrizione. Matteo Renzi e Carlo Calenda proveranno a far decollare il Terzo Polo, magari con Mara Carfagna front runner. Ma è una scommessa. La realtà è che il centrodestra avrà una maggioranza in grado di cambiare profondamente il Paese.

A VALANGA NEL BASSO LAZIO

Nelle schema elaborato dall’Istituto Cattaneo e da Swg i collegi del Basso Lazio sono ultrablindati. Roccaforti inespugnabili. Le candidature si stanno definendo, anche se bisognerà attendere ancora diversi giorni per avere il quadro definitivo. Le certezze al momento sembrano essere tre: Claudio Durigon (Lega) all’uninominale del Senato di Viterbo (quindi nell’Alto Lazio), Claudio Fazzone (Forza Italia) all’uninominale del Senato di Latina-Frosinone, Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia) al maggioritario della Camera di Frosinone-Sora (con possibile indicazione anche nel proporzionale). C’è quindi il collegio della Camera che comprende Terracina, Gaeta e Cassino: andrà in quota Carroccio e probabilmente se lo contenderanno il sottosegretario di Stato al ministero dell’economia e delle finanze Federico Freni e l’ex sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani. Alla Camera Latina andrà un esponente di Fratelli d’Italia, probabilmente Nicola Calandrini. Ma si parla pure di Isabella Rauti. A meno che Giorgia Meloni, che è uscente, decida di andare lei. Quale che sarà la composizione della squadra ai nastri di partenza, il centrodestra si presenta unito, con le idee chiare e con un programma. Con ventotto anni di storia politica condivisa alle spalle: una realtà della quale si fatica a prendere atto. Una vittoria delle dimensioni ipotizzate dagli istituti specializzati prima citati rappresenterebbe una spinta notevole anche per le regionali del Lazio, in programma a gennaio. In un lampo è cambiato tutto e adesso i possibili candidati alla presidenza del centrosinistra stanno riflettendo seriamente sul da farsi. Stessa domanda per Enrico Gasbarra, Daniele Leodori e Alessio D’Amato: meglio l’uovo oggi (candidatura al Parlamento) oppure la gallina domani (la corsa alla presidenza della Regione)? Si propende per l’uovo… in camicia.

LETTA PROVA A BLINDARSI CON LE CANDIDATURE

Dopo la sconfitta più brutta nella storia della sinistra italiana (2018) si rischia di… fare peggio. Nicola Zingaretti, eletto segretario nel 2019, si è dimesso prima e quindi non sarà lui a fare le liste per Camera e Senato ad Enrico Letta, che però nel giro di pochi giorni è stato il protagonista del più grande “pasticcio” mai avvenuto sul piano delle alleanze. Il Pd è rimasto solo e schiacciato a sinistra. Porta in faccia a Italia Viva di Matteo Renzi, accordi separati con Fratoianni-Bonelli e Calenda, che alla fine hanno mandato in frantumi il quadro. Sicuramente il leader di Azione non aspettava altro, ma Enrico Letta non è riuscito a dare credibilità al progetto di tenere insieme forze diverse. Ha detto che la legge elettorale “obbliga” a stare insieme e che il Pd lo stava facendo solo per evitare la vittoria delle Destre (l’uso ripetuto del plurale sarà oggetto di approfonditi studi sociologici).

E’ stato come ammettere che mai sarebbe stato possibile governare insieme. La coperta, già corta, si è ridotta ai minimi termini. In queste condizioni Enrico Letta cercherà di fare una sola cosa: avere il pieno controllo dei gruppi parlamentari. Il che significa, fra l’altro, che nelle province verranno candidati soprattutto i leader nazionali e regionali. Sempre più difficile la “missione” di Francesco De Angelis. Tutto questo basterà ad Enrico Letta per mantenere la segreteria? No. Anche perché dopo ci saranno le regionali, che potrebbero dare una ulteriore “mazzata”.

Per il cambio della guardia al vertice del Nazareno si stanno scaldando “l’immortale” Dario Franceschini e Stefano Bonaccini. Infine, i Cinque Stelle: Rocco Casalino, portavoce dell’avvocato del popolo Giuseppe Conte, ha annunciato, urbi et orbi, che dopo quattro notti insonni ha deciso di non partecipare alle parlamentarie per una candidatura nei Cinque Stelle. Aggiungendo di pagare ancora la partecipazione al Grande Fratello. Ma cosa c’entra Rocco Casalino con la politica? Forse dovrebbe ringraziare i produttori del Grande Fratello per quella opportunità. Tutti i giorni, tre volte al giorno.

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