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Quel “like” galeotto di Zingaretti a Conte. De Angelis grande assente della campagna elettorale

Licandro Licantropo
Su Instagram la clip del comizio fiorentino del leader del Movimento Cinque Stelle ha fatto registrare più di 5.000 “mi piace”. Tra i quali quello del presidente della Regione Lazio. All’Adnkronos lo staff di “Zinga” ha detto che si è trattato di un semplice errore. Ma chi ci crede?
Settembre 12, 2022
Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti

Non basteranno mille smentite. Il “like” di Nicola Zingaretti al video del comizio di Giuseppe Conte significa una cosa sola: il Governatore del Lazio mai avrebbe “rotto” con il Movimento Cinque Stelle. E dal 26 settembre in poi, quando si aprirà la fase dell’analisi del voto, Zingaretti dirà la sua per il dopo Enrico Letta. Eccome se la dirà.

LAPSUS FREUDIANO

I fatti sono questi. Su Instagram la clip del comizio fiorentino del leader del Movimento Cinque Stelle ha fatto registrare più di 5.000 “mi piace”. Tra i quali quello del presidente della Regione Lazio (ex segretario nazionale del Pd) Nicola Zingaretti. All’Adnkronos lo staff di “Zinga” ha detto che si è trattato di un semplice errore. Ma chi ci crede? Sempre l’Adnkronos ha opportunamente ricordato che in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera il 31 agosto scorso (non nel 1902) Zingaretti ha affermato di non essere tra coloro che “hanno gioito” per la rottura con i Cinque Stelle, anche se lo strappo era da ritenersi “inevitabile”. Nel comizio Giuseppe Conte ha attaccato sia il Governo uscente che i sostenitori dell’Agenda Draghi. Dicendo: “Basta bugie, un po’ di pudore: chi propone l’Agenda Draghi parlasse solo di quella. Quindi stesse zitto: perché in quell’Agenda non c’è scritto nulla”. Tra i sostenitori dell’Agenda Draghi c’è un certo Enrico Letta.

Il “lapsus freudiano” è un errore involontario determinato da un conflitto interiore dell’individuo, che dice o fa cose che pensa ma che non può esternare per regole e convenzioni. Nicola Zingaretti è stato l’architetto dell’asse tra Pd e Cinque Stelle. Dando il via libera al Governo giallorosso, replicando e potenziano lo schema alla Regione Lazio, nominando assessori Roberta Lombardi e Valentina Corrado. Non solo. Quando Matteo Renzi mise in crisi la maggioranza preparando il terreno all’arrivo di Mario Draghi, Zingaretti (ispirato anche da Goffredo Bettini) era tra quelli che dicevano “O Conte o morte”. Perfino la fine della sua esperienza come segretario del Pd ha molto a che fare con Draghi. Nel senso che Nicola Zingaretti ha dovuto subire quella formula. Poi ha lasciato la poltrona più importante del Nazareno anche per le guerre tra le correnti, ma i presupposti politici erano riconducibili alla caduta del Conte bis. Tanto è vero che nel Lazio è andato avanti con la formula dell’intesa con i pentastellati. E vuole continuare anche per il prossimo futuro. Alle comunali di Frosinone è stato ancora una volta Nicola Zingaretti ad imporre il Campo Largo con i Cinque Stelle, sacrificando la candidatura a sindaco di Mauro Vicano. Perciò il like al post del comizio di Giuseppe Conte non è un errore. Semmai un lapsus freudiano. O forse nemmeno quello. Magari Nicola Zingaretti ha voluto mettere una bandierina prima del 25 settembre all’interno del Partito Democratico.

DE ANGELIS NELLE RETROVIE

Finora in campagna elettorale non si è visto e non si è sentito. I consiglieri regionali Mauro Buschini e Sara Battisti partecipano alle iniziative del Pd, il presidente della Provincia Antonio Pompeo anche. Il segretario Luca Fantini si sta dando molto da fare per Matteo Orfini. Da Roma il giudizio sull’operato della federazione provinciale del Pd sarà condizionato dall’elezione o meno di Orfini alla Camera dei deputati. Vietato fallire, tanto più che dopo ci saranno le regionali. Ma Francesco De Angelis, leader del partito (non solo di Pensare Democratico) in Ciociaria, non si vede. Gli hanno consigliato di restare defilato dopo il terremoto politico provocato dal video di Ruberti al termine della cena dei veleni? Può darsi, anche se Francesco De Angelis non ha esattamente la vocazione di prendere ordini. Il fatto è che lui stavolta si aspettava una candidatura blindata nel collegio proporzionale della Camera. Non è avvenuta e ne ha tratto le conseguenze. La diffusione del video ha rappresentato l’occasione giusta per smarcarsi: il terzo posto in un collegio romano avrebbe significato l’impossibilità di essere eletto. Prima o dopo le regionali De Angelis deciderà il da farsi. Non sono escluse sorprese, questo è certo.

IL SIPARIETTO RENZI-MELONI

L’ex presidente del consiglio e leader di Italia Viva Matteo Renzi ha detto: “Lo dico per provocazione che non vuol dire “Giorgia stai serena” ma è semplice statistica: ogni due anni ho fatto cadere un governo”. Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, gli ha risposto nella Zona Bianca di Giuseppe Brindisi, su Rete4: “Bisogna vedere si ci arriva. Dove? In Parlamento”. Prima però la Meloni aveva spiegato che è pronta a sfidare chiunque a dire che lo scenario della prima volta di una donna a Palazzo Chigi non significherebbe “rompere un tetto di cristallo”. C’è anche questo nella campagna elettorale più imprevista della storia d’Italia. Ci sarà pure un motivo per il quale nel nostro Paese non c’è mai stata una donna premier. L’Italia è ancora profondamente maschilista nell’approccio culturale e sociale. Nello specifico Giorgia Meloni sa che tra gli ostacoli più difficili da superare ci sarà quello del via libera di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Ma per come potrebbero mettersi le cose non ci sarebbero chissà quali spazi di manovra per operazioni alternative. I sondaggi non possono essere pubblicati ma sia la Lega che Forza Italia sono preoccupati di possibili sorpassi: dei Cinque Stelle per il terzo posto, di Azione-Italia Viva per il quinto. Se così fosse, Berlusconi e Salvini dovrebbero personalmente scortare la Meloni al Quirinale per ricevere l’incarico.

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