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Meloni, Fini, Violante e la festa del 25 aprile: attenzione a chi vuole buttarla in caciara come la solita arma di distrazione di massa

Licandro Licantropo
La premier ha detto ai suoi ministri di evitare polemiche, di partecipare alle manifestazioni e di tenere un profilo istituzionale
Aprile 24, 2023
Gianfranco Fini, nello sfondo la premier Meloni (Foto: Ansa)

Da qualche tempo Gianfranco Fini è tornato a parlare di politica pubblicamente. Ieri, ospite della trasmissione Mezz’ora in più, condotta da Lucia Annunziata su Raitre, ha detto: “Spero che Giorgia Meloni voglia cogliere questa occasione (ndr: del 25 aprile) per dire senza ambiguità, perché ne è convinta, che la destra i conti con il fascismo li ha fatti fino in fondo e senza infingimenti quando è nata Alleanza Nazionale. Non capisco la ritrosia nel pronunciare questo aggettivo”.

L’aggettivo naturalmente è antifascista. Per la verità Giorgia Meloni il suo pensiero sul 25 aprile lo ha espresso più volte. Nel 2021, nel libro di Bruno Vespa “Perché Mussolini rovinò l’Italia (e come Draghi la sta risanando)”, Giorgia Meloni disse in maniera netta: “Il 25 aprile celebra la liberazione dell’Italia dal nazifascismo”. Più chiaro di così è impossibile. Aggiunse però una considerazione su come spesso è stato celebrato il 25 aprile. Affermò la Meloni: “Ma il 25 aprile è stato sempre usato come una celebrazione discriminatoria, la festa di alcuni. Al punto che più di una volta la Brigata ebraica è stata costretta ad andarsene per le contestazioni. Ricorda il 25 aprile 2006 Letizia Moratti, candidata sindaco di Milano per il centrodestra, fu costretta da fischi e insulti ad abbandonare il corteo mentre spingeva la carrozzella con il padre deportato a Dachau dai nazisti e premiato da Ciampi con la medaglia della Resistenza? E Berlusconi?”.

Il punto è esattamente questo: il 25 aprile è la festa della Liberazione che appartiene a tutti, ma da sempre una sola parte politica ci mette la bandiera sopra. Da sempre l’antifascismo di maniera si trasforma in un’arma di distrazione di massa.

LA LUCIDITA’ DI VIOLANTE

Anche Luciano Violante (come Gianfranco Fini) è stato presidente della Camera. Per anni è stato uno dei leader del Pci prima e poi del Pds e dei Ds. In un’intervista di oggi al Corriere della Sera, Violante dice: “Nel Dopoguerra tutti i leader politici, compreso Almirante, si impegnarono positivamente per costruire un nuovo rapporto tra lo Stato e masse popolari che non avevano mai conosciuto la democrazia. Giorgia Meloni è estranea al fascismo; sta lavorando per costruire un partito conservatore italiano. Non sarà mai il mio partito, ma spero che ci riesca. Supererà le nostalgie retrograde esistenti a destra, e a sinistra, spero, ci si dovrà decidere a costruire un grande partito riformatore… Credo che solo pochi patetici nostalgici vogliano difendere il fascismo. Il problema italiano sta oggi nei rigurgiti di razzismo, antisemitismo, di violenza sui più deboli”.

Giorgia Meloni ha detto ai suoi ministri di evitare polemiche, di partecipare alle manifestazioni, di tenere un profilo istituzionale. Il presidente del Consiglio domani sarà all’Altare della Patria e forse pubblicherà un post sul tema. Ma non accetta che ci sia chi ancora pensa di poter fare l’analisi del sangue ad un partito, Fratelli d’Italia, che non ha nostalgie per il ventennio, che governa l’Italia e moltissime Regioni e che ha ottenuto il voto della maggioranza degli italiani. Ovunque ci sono nostalgici, ma questo non può condizionare il giudizio su un partito e su un Governo. A livello internazionale l’Esecutivo di Giorgia Meloni viene apprezzato per aver tenuto i conti in ordine in un momento di massima tempesta finanziaria ed economica. Viene apprezzato per la chiarezza e la nettezza delle posizioni atlantiche sul conflitto in Ucraina. Il 25 aprile è un’occasione, per alcuni dei suoi avversari politici, per cercare di buttarla in caciara. Il vero scandalo sarebbe rappresentato dai fischi e dalle contestazioni agli esponenti del Governo e delle istituzioni che andranno in piazza a celebrare il 25 aprile.

Un’ultima considerazione su un’altra vicenda: la nomina dell’ex ministro degli esteri Luigi Di Maio come inviato dell’Unione Europea per il Golfo Persico. Voluta da Josep Borrel, Alto rappresentante dell’Ue, il quale ha spiegato che l’ex leader del Movimento Cinque Stelle “ha il necessario profilo politico a livello internazionale per questo ruolo”. La ratifica della nomina non avrà tempi brevi. Il punto non è rappresentato dal giudizio politico su Di Maio: alcuni lo ritengono all’altezza, altri no. Il punto è il rispetto nei confronti dell’Italia, come Paese fondatore dell’Unione Europea. L’indicazione di Di Maio fu fatta dal Governo di Mario Draghi. Adesso però a Palazzo Chigi c’è Giorgia Meloni e il Paese è guidato dal centrodestra, che ha vinto le elezioni del 25 settembre 2022. Magari era opportuno chiedere all’attuale Governo se quel nome andava bene.

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