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L’acqua cara del ‘CARA’. I creditori e la Regione all’assalto dei Comuni per i ‘buffi’ del defunto Consorzio degli Aurunci

Cesidio Vano
Zingaretti avrebbe dovuto nominare i liquidatori, ma preferisce ‘spremere’ i sindaci.
Luglio 12, 2022
Acquedotto Consorzio degli Aurunci

Il Consorzio non esiste più, ma i debiti restano e i Comuni continuano a spendere migliaia e migliaia di euro in assistenza legale, complice anche la Regione Lazio che, invece di risolvere il problema, dà in testa ai sindaci, chiedendo indiscriminatamente la copertura dei propri crediti.

Parliamo del Consorzio Acquedotti Riuniti degli Aurunci (C.A.R.A.), istituito nel 1941 dal Governo Mussolini e dissoltosi come neve al sole quando sono emersi decine di milioni di euro di debiti generati dalla ‘migliore’ gestione che un pubblico carrozzone potesse fare dell’acqua pubblica.

Nei giorni scorsi anche il Comune di Cassino ha dovuto adire le vie legali per difendersi dalla pretesa di alcuni creditori del Consorzio che, per recuperare quanto a loro dovuto, hanno avviato cause contro i comuni soci. Anche se la somma richiesta è minima, pagare vorrebbe dire riconoscere di essere debitore del Consorzio e attirare su di sé un centinaio di creditori famelici che avanzano nel complesso ormai quasi 70 milioni di euro.

Ma se da una parte sono i creditori del CARA a tormentare i sindaci, dall’altra a sparare a zero sui primi cittadini (un po’ meno se sono del Pd) è anche la regione Lazio, che ha deciso di recuperare 24 milioni di euro, di acqua non pagata dal Consorzio, dalle casse dei municipi laziali decurtando i finanziamenti dovuti ai Comuni, compresi quelli che non facevano parte del Consorzio, come Castelliri e Alvito ad esempio, dando la stura a un centinaio di cause legali e ricorsi che comportano ulteriori spese per gli enti locali. Eppure, dal 2014, è proprio la Regione Lazio a dover risolvere il problema del CARA, rimasto senza amministrazione e sede. Condannato al pagamento di debiti e interessi per decine e decine di milioni di euro semplicemente perché non si è mai costituito nei giudizi avviati dai creditori: del resto come poteva costituirsi senza rappresentanza legale? Le nomine sarebbero spettate alla Regione, ma Zingaretti non ha mai voluto farle, preferendo ‘spremere’ i Comuni. Il Consorzio di fatto non c’è più, ma l’iter di liquidazione non è stato mai portato a termine.

Amato dalla politica, che lo ha utilizzato più o meno come ‘poltronificio’ per gli amici degli amici per decenni, il CARA viene spacciato per il fiore all’occhiello, nella distribuzione idrica, del Sud Lazio, acquisendo la gestione di una cinquantina di comuni ciociari e una ventina pontina, oltre due comuni fuori regione: Roccadevandro (CE) e Conca Casale (IS). In realtà, molti dei Municipi serviti (Casalvieri docet) ricordano bene i tormenti vissuti (soprattutto l’estate) per la mancanza di servizio e i cittadini ricordano bene come quel ‘CARA’ si sia sempre riferito alle bollette dell’acqua staccate dal Consorzio, rispetto a quelle fatte pagare dagli altri comuni.

Nel 2003, come noto, il servizio idrico è passato agli Ato e quindi ad Acea Ato 5 per la Ciociaria e Acqualatina per il Pontino. Il personale del Consorzio è ugualmente transitato nelle due nuove società di gestione. Al momento del passaggio, il CARA è finito in liquidazione e il collegio commissariale che lo guidava ha annunciato che l’operazione sarebbe stata indolore (sic!) perché il Consorzio aveva ben 15 milioni di crediti da incassare e solo 4 milioni di debiti.

In problema è però che, per incassare quei 15 milioni, il CARA in 10 anni ne ha spesi oltre una trentina per non racimolare nulla: il grosso dei crediti erano, infatti, bollette non pagate dagli utenti; il Consorzio ha avviato una miriade di azioni legali per riscuotere il dovuto, sprofondando nel rosso: nel 2013, i debiti accumulati erano saliti – stima della Prefettura di Frosinone – a 40 milioni di euro. Oggi probabilmente supereranno i 70.

Nel frattempo, all’epoca, i commissari incaricati della liquidazione si sono dimessi. La Prefettura ha provveduto a nuove nomine finché ha potuto, ma nel 2014 la normativa è cambiata e le competenze sul CARA sono passate alla Regione Lazio che viene invitata ripetutamente dall’Ufficio territoriale del Governo a mettere mano ai guai del Consorzio. A guidare la Giunta regionale, dal marzo 2013, c’è Nicola Zingaretti, ma di farsi carico del guaio ‘CARA’ non ci pensa proprio e, nonostante le ripetute missive della Prefettura, del Ministero dell’Interno e della Presidenza del Consiglio, non assume alcun provvedimento, anzi fa di peggio: si ricorda che anche la regione Lazio deve avere 24 milioni di euro dal CARA per il pagamento dell’acqua fornita al Consorzio e, poiché il Consorzio non esiste più (non solo non c’è rappresentanza legale e sede, ma neanche i commissari ad acta nominati dal Tar riescono a trovare dove insediarsi!), decide autonomamente che debbano essere i comuni soci a dover pagare. Quindi la Regione decide di recuperare i suoi 24 milioni di euro dai 70 comuni soci (solo quelli del Lazio ovviamente) iniziando a trattenere in ‘acconto’ parte delle somme che la regione deve agli stessi comuni per attività, servizi e funzioni delegate. L’esempio piace a tutti gli altri creditori che, finalmente, hanno capito chi siano i loro debitori: i Comuni! ed iniziano così anche loro ad agire legalmente contro gli enti locali.

I Comuni insorgono contro la Regione e contro i creditori privati e si apre un’altra miriade di contenziosi davanti al Tribunale. Le prime sentenze sono contraddittorie: alcuni comuni vincono e la Regione deve erogare l’intero contributo, altri perdono e restano con i fondi tagliati. Ad alcuni (a guida PD, come Castelliri) basta far presente alla Regione Lazio di non essere soci del Consorzio e i propri debiti vengono cancellati, altri (vedi Alvito, da sempre orientato verso il Centrodestra) pur non essendo soci del CARA si vedono i fondi bloccati per centinaia di migliaia di euro e costretti a ulteriori spese legali per far valere il loro diritto. E meno male che era un fiore all’occhiello.

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