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La Zes non si farà. Anche se gli incentivi, limitati ad un anno, potrebbero dissuadere delocalizzazioni speculative. Il problema è sempre lo stesso: una regione nella quale Roma fagocita potere e risorse. E questo l’unico che lo dice da anni è Massimo Ruspandini

Massimo Pizzuti
Ottobre 17, 2023
L'On. Massimo Ruspandini

Nella legge di bilancio approvata ieri dal Governo c’è una copertura di 1,8 miliardi di euro per la Zes unica per tutto il Mezzogiorno. Le risorse sono destinate “a coloro che effettuano l’acquisizione dei beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nel Mezzogiorno”, attraverso il credito di imposta. Per strutture produttive si intendono sia quelle nuove che quelle già esistenti.  Bisogna aggiungere che l’accesso ai quasi 2 miliardi sarà possibile soltanto dopo il via libera definitivo al Decreto Sud, che il ministro per gli affari europei, il Pnrr e le politiche di coesione Raffaele Fitto ha difeso “senza se e senza ma” durante il convegno nazionale dei Giovani imprenditori di Confindustria svoltosi a Capri. Per il momento si parla di una sola annualità rispetto alle tre indicate all’inizio, ma bisogna tener presente le ristrettezze di una manovra economica varata con pochissime risorse a disposizione. Per il resto si procederà anno per anno.

Attenzione però: paradossalmente, una volta tanto, la limitazione della misura ad una sola annualità potrebbe disincentivare chi, dovendo programmare investimenti importanti in virtù degli incentivi previsti, desista in mancanza di garanzie concrete che coprano un arco temporale più lungo. In parole povere: il gioco di abbandonare un territorio a favore di un altro non avrebbe più tanto senso.

Altra considerazione: qui da noi il problema è stato sollevato con forza soltanto da Guido D’Amico (Confimprese) e con una certa timidezza da Unindustria

Dal punto di vista politico l’unico che ha alzato la voce ed interloquito con il ministro Fitto è stato Massimo Ruspandini.

A livello regionale se ne sono occupati Maura per la provincia di Frosinone e Tiero per quella di Latina (Fdi).

Non è una matassa semplice da sbrogliare (e non si sbroglierà) perché se il Governo ha concepito la Zes in quel modo lo avrà fatto sulla base di ragioni oggettive che dipendono a loro volta da paletti stringenti imposti dall’Europa. Non importa purtroppo che i parametri economici della Ciociaria e della provincia di Latina sono simili a quelli del Mezzogiorno. Contano, e fanno media, quelli del Lazio (anche qui, tornano in mente le sacrosante battaglie del duo Ruspandini-Paliotta per “una regione senza Roma” dalle quali Abbruzzese & Co, per esempio, si dissociavano appoggiando strampalate tesi nelle quali si parlava addirittura di macro-regioni) 

Purtroppo questa provincia (anzi “queste” province visto che ormai Latina e Frosinone sono accomunate dalle stesse problematiche) continuano a muoversi in ordine sparso senza inquadrare mai il “nocciolo” del problema.

Trasporti, sanità, infrastrutture: per questi grandi temi la logica di ragionare in una sottomessa ottica regionale penalizzerà sempre di più le province costrette a spartirsi con Roma le sempre più esigue risorse di un bilancio troppo sbilanciato a favore della capitale. 

Sulla problematica della Zes, senza farci troppi giri intorno, tutte le province laziali vengono penalizzate perché ritenute falsamente “ricche” come la capitale.

Ecco perchè le due strade che possono invertire la tendenza passano o per la costituzione di una regione che escluda l’area metropolitana di Roma o per un rilancio effettivo, politico ed economico, delle Province.

Tutte le altre strade porteranno, obtorto collo, ad un declino inarrestabile dei nostri territori. Ad una decrescita infelice con conseguente spopolamento, già in atto, ed una migrazione verso zone più ricche ed attrattive.