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La cruda uccisione della professoressa Gilberta

Redazione
Novembre 4, 2021

Gilberta Palleschi conosceva appena il suo assassino. Alberto Palleschi definito “il mostro del Fibreno”, viveva a pochi isolati da lei ma i due non avevano mai avuto rapporti, qualche convenevole fra vicini forse, ma nient’altro. 

Gilberta era una donna di 57 anni con una vita felice, piena di amore per gli altri, per i suoi alunni a cui insegnava inglese e per i bambini meno fortunati, che aiutava tramite l’associazione Unicef. Amava lo sport, in particolare il jogging che praticava tutte le mattine. Come quel 1 novembre del 2014, quando la sua vita viene messa in pausa per sempre da un uomo brutale e senza freni, un molestatore recidivo e violento assassino.

Sotto gli occhi della cognata (l’ultima ad averla vista viva) Gilberta si dirige verso la campagna tra Broccostella e Fontechiari, lontano dallo smog della città con le cuffiette nelle orecchie.
Mentre cammina in un luogo non troppo isolato, l’uomo la sorprende alle spalle, le blocca la bocca con forza e la getta in una conca per consumare un rapporto sessuale. La resistenza di Gilberta porta l’uomo a tramortirla a furia di calci e pugni, caricarla nel bagagliaio della Nissan Micra e portarla in un luogo più isolato. 

Passano le ore e la donna residente a Sora in zona San Martino, non fa ritorno a casa. Dopo qualche ora i familiari fanno scattare l’allarme. 
Sono ore di apprensione per la famiglia, nel frattempo vengono avvisati Carabinieri e Vigili del Fuoco che il 3 novembre, dopo due giorni trovano le chiavi, gli occhiali rotti, il cellulare e le cuffiette dell’iPod appartenenti alla donna a 7 km da casa sua. Di lei nessuna traccia. La paura è tanta.
Passano i giorni incessantemente spesi alla ricerca della donna, si draga il fiume Fibreno, si sguinzagliano i cani molecolari, ma nulla. Nessuna traccia. Gli inquirenti aprono un’indagine per sequestro di persona.

Il 10 novembre un cittadino lancia l’allarme: c’è qualcosa di sospetto nel fiume… Vigili del Fuoco e Carabinieri perlustrano nel minor tempo possibile il tratto del fiume Liri in corrispondenza di Via Vado Pescina. L’immediato intervento ha consentito il recupero di un grosso telo azzurro ripiegato su se stesso. Nulla è emerso, falso allarme.

Il tam tam corre veloce sui social network, il caso diventa talmente mediatico che tutti vogliono dare una mano. Fiaccolate, conferenze stampa, partecipazioni nelle trasmissioni televisive di caratura nazionale, l’iniziativa “Cerchiamo Gilberta”, hanno l’intento di non esser vane.

22 novembre, si teme il peggio quando una telefonata anonima porta i Carabinieri sulla Vandra a Fontechiari, una donna dichiara agli inquirenti di aver sentito un fetore simile ad un corpo in decomposizione. Allertati i Vigili del Fuoco che scandagliano il Rio di Fontechiari. Ma non vi è traccia di Gilberta.

Il 26 novembre le ricerche si spostano nel versante Nord di Posta Fibreno, precisamente tra Schito e Carpello. Ben 42 Carabinieri del Comando Provinciale di Frosinone, delle unità cinofile di Roma e del Nucleo Subacquei di Roma hanno ispezionato diverse cave abbandonate, sette casolari disabitati, una decina di discariche, vasche per la raccolta delle acque ed i corsi d’acqua presenti nella zona. Un’ulteriore buco nell’acqua, la donna sembra esser svanita nel nulla.

Dopo 40 giorni di ricerche incessanti, il 10 dicembre viene ritrovato il corpo senza vita di Gilberta Palleschi, gettato in un dirupo in corrispondenza di un’impervia strada sterrata che da Campoli Appennino arriva fino a Posta Fibreno.

Il luogo dove è stato ritrovato il corpo di Gilberta Palleschi

Un corpo sfigurato e umiliato, che a stento si riconosce, quello che gli inquirenti si trovano dinanzi. Il suo volto è massacrato, la testa quasi decapitata, il corpo è spoglio, senza vestiti ne intimo, solo il reggiseno strappato.

Ma l’assassino ha già un volto e un nome per gli inquirenti: Antonio Palleschi (omonimia casuale). Quest’ultimo avrebbe confessato e condotto sulle tracce di Gilberta.
Smascherato per un’errore. Il suo non è stato un delitto perfetto.

Dopo essersi macchiato con il sangue della donna, averle rubato i gioielli e violentata il giorno dopo averla uccisa, si reca in un compro oro ad Isola del Liri (Fr) per vendere quanto trafugato, senza sapere che proprio lì fuori c’erano i Carabinieri. Dopo le immagini della telecamera che aveva ripreso la sua macchina due volte quella mattina del 1 Novembre, la testimonianza di una donna che aveva visto caricare il corpo nel bagagliaio, l’anello di Gilberta cancella ogni zona d’ombra sul giallo. Per gli inquirenti non ci sono dubbi, l’uomo viene sottoposto in stato di fermo presso la caserma dei carabinieri di Sora. Le accuse sono di omicidio volontario, occultamento e vilipendio di cadavere.

Antonio Palleschi, manovale 43enne di Broccostella, era da tempo un osservato speciale e, alla prima contestazione effettuatagli, è immediatamente crollato, confessando il delitto.
Palleschi ha precedenti di natura penale per reati a sfondo sessuale, tanto che è stato in carcere per un anno. Ed è stata proprio una pulsione sessuale la miccia che lo ha scatenato nei confronti della professoressa sorana. L’uomo, amava seguire e poi abusare di donne bionde dall’aspetto gentile. Con Gilberta ha tentato un approccio da copione ma alla reazione di quest’ultima, l’ha aggredita facendola cadere per terra, tramortendola con calci e pugni. Ha poi caricato la vittima nel portabagagli della sua auto e l’ha occultata, ormai cadavere, nella zona del ritrovamento, tra Campoli Appennino e Posta Fibreno finendola con un masso di circa 6 chili.

Il corpo di Gilberta è stato ritrovato ad oltre 100 metri di profondità rispetto alla stradale e  i suoi indumenti raccolti in zona Fossa Maiura.
L’assassino si è liberato degli abiti insanguinati, ha gettato l’intera tappezzeria della sua Nissan Micra e ha sparso gli oggetti di Gilberta qua e la per depistare le indagini. “Sono solo, ero uscito per cercare una donna”, avrebbe detto l’assassino agli investigatori.

Il 18 marzo 2015 l’avvocato di Antonio Palleschi, ha nominato uno specialista, il professor Pasquale Antignani,  per eseguire una perizia psichiatrica sul suo assistito.

Il 3 ottobre 2015 inizia il processo presso il Tribunale di Cassino e il 29 ottobre in primo grado, il Gup del tribunale di Cassino, Angelo Valerio Lanna, respinge la richiesta di perizia psichiatrica ritenendola “senza alcuna base scientifica”, e condanna Palleschi all’ergastolo senza isolamento.

Passa un anno e il 25 ottobre 2016 il Tribunale penale di Roma ammette la perizia psichiatrica richiesta dalla difesa. Nel momento in cui ha commesso il fatto era infermo e non aveva la capacità giusta di intendere o volere. Questo quanto deciso, nonostante i tentativi del procuratore generale di Roma e dei parenti della vittima di far presente che la perizia “non ha formulato valutazioni di certezza diagnostica”.

Così il 23 febbraio 2017 la condanna per Palleschi diminuisce a vent’anni tra delusione e rabbia della famiglia e della comunità di Sora.

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