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Il vitalizio è salvo, si torni alle urne! Mastrangeli apre, Calenda che fa?

Licandro Licantropo
Giuseppe Conte si è incartato: aveva avanzato una serie di penultimatum di 9 punti per cercare di ottenere più risposte possibili dal Governo. Mario Draghi lo ha rassicurato molto parzialmente, poi ha detto che non è disposto ad andare avanti così.
Luglio 14, 2022
Giuseppe Conte

Si può andare al voto politico anticipato per un motivo vero e semplice: l’ex vitalizio è salvo. Come ha spiegato Francesco Verderami sul Corriere della Sera. Il 23 settembre la legislatura toccherà i quattro anni, sei mesi e un giorno necessari per far scattare gli emolumenti dopo i 60 anni di età. Ma già ora deputati e senatori uscenti sono garantiti “perché la legge prescrive – ha spiegato Verderami – che resteranno in carica fino alla prima seduta del prossimo Parlamento. E anche se le Camere venissero sciolte oggi (è in corso la votazione al Senato), tra il periodo di campagna elettorale, il giorno del voto e l’insediamento dei nuovi rappresentanti del popolo, passerebbero almeno ottanta giorni”. E’ caduto così l’ultimo alibi che riguardava il 68% (427) dei deputati e il 73% (234) dei senatori, tutti alla loro prima legislatura. Certamente c’è adesso il taglio dei 345 seggi che spaventa non poco i tanti “peones” che sanno di non poter essere ricandidati perché verrà loro chiesto di fare posto ai “big” che dovranno essere paracadutati ovunque, anche nei collegi della Ciociaria.

LA PROSPETTIVA DEL VOTO A OTTOBRE

Giuseppe Conte si è incartato: aveva avanzato una serie di penultimatum di 9 punti per cercare di ottenere più risposte possibili dal Governo. Mario Draghi lo ha rassicurato molto parzialmente, poi ha detto che non è disposto ad andare avanti così. E l’avvocato del popolo si è trovato stretto nella rete dei “falchi”: Paola Taverna e Riccardo Ricciardi su tutti. Ma anche Virginia Raggi, perché nel Decreto Aiuti ci sono norme per il termovalorizzatore di Roma. Inoltre una parte dei Cinque Stelle è pronta a rimpolpare ulteriormente le fila di Luigi Di Maio. Nel frattempo la Lega di Matteo Salvini ha detto che, nel caso i Cinque Stelle si sfilino, ci sono soltanto le urne. A ottobre. Lo stesso ha fatto Enrico Letta (Pd), al quale farebbe comodo separare le politiche dalle regionali del Lazio e della Lombardia. Sapremo presto cosa succederà davvero, ma intanto la prospettiva delle elezioni politiche anticipate è più vicina. Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) è scatenata. Alle urne ad ottobre si andrebbe con l’attuale sistema elettorale e quindi il centrodestra ha tutto l’interesse a marciare unito. A livello locale inizierebbe la partita delle candidature, ma in realtà solo in pochissimi ce la farebbero a concorrere. L’unico degli uscenti piuttosto certo della riproposizione è Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia). Anche Claudio Durigon (Lega) e Claudio Fazzone (Forza Italia) naturalmente, che però sono della provincia di Latina. Nel 2018 i Cinque Stelle portarono in Parlamento 3 deputati: Ilaria Fontana, Luca Frusone (ora con Di Maio), Enrica Segneri. Poche speranze di una ricandidatura, ancora meno di un’elezione. Francesco Zicchieri non sta più con la Lega e va verso il gruppo di Luigi Di Maio. Ma anche per lui sarà come scalare l’Everest. Proveranno ad essere candidati sia il leader del Pd Francesco De Angelis che il coordinatore provinciale del Carroccio ed ex sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani. De Angelis è già rimasto “scottato” nel 2018, quando di fatto ha dovuto cedere passo e seggio a Claudio Mancini. Sulle candidature si deciderebbe a Roma: Enrico Letta, Dario Franceschini e Nicola Zingaretti. Molto difficile perfino per il presidente del Consorzio industriale regionale unico, peraltro in rotta con il potentissimo Albino Ruberti.
Nicola Ottaviani è vicinissimo a Matteo Salvini: potrebbe basterà per un seggio alla Camera ma dipenderà da quanti “paracadutati” ci saranno nel Carroccio: il taglio di 345 poltrone per un partito che la volta scorsa era al 19% sarà un bagno di sangue.

LA SITUAZIONE ALLA REGIONE

Elezioni politiche anticipate determinerebbero la candidatura alla Camera o al Senato di Nicola Zingaretti. La conseguenza sarebbe che il vicepresidente Daniele Leodori dovrebbe guidare la Regione per gli ultimi mesi. Preparandosi, secondo i desiderata dello stesso Zingaretti, di Bettini, di Mancini e di Gualtieri, a cedere il passo a Enrico Gasbarra. Perché dovrebbe farlo?
Soltanto la prova del campo dirà se è uno scenario percorribile. Alla candidatura alla presidenza della Regione di Enrico Gasbarra dovrebbe adeguarsi anche l’assessore alla sanità Alessio D’Amato. Non proprio semplicissimo. Il centrodestra dovrebbe avere la lucidità e la forza di indicare subito un candidato condiviso, autorevole e agguerrito. Stavolta il Lazio sarà contendibile. Si può fare.

MASTRANGELI IN… AZIONE

Nella conferenza stampa di presentazione della giunta il neo sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli ha spiegato che, con la nomina di Alessandra Sardellitti assessore e con l’accordo con Mauro Vicano, ha voluto aprire una linea di credito verso Azione di Carlo Calenda. Ragionamento ineccepibile: se Azione raccoglierà il messaggio, benissimo. Se non lo farà, Sardellitti resterà in giunta ma si sarà persa un’occasione. Anche per le regionali, dove il turno unico impone alleanze forti, certe e soprattutto convinte. La presunta pregiudiziale che Azione non può stare dove c’è Fratelli d’Italia appare sinceramente “lunare”. Dall’altra parte non ci sono soltanto i Cinque Stelle che rappresentano tutto quello nel quale Calenda non crede. Dall’altra parte c’è un Partito Democratico che non perde occasione di bacchettare l’europarlamentare ed ex ministro dello sviluppo. Lo stesso Partito Democratico che in questo territorio non ha fatto sconti agli esponenti di Azione. Basta dare un’occhiata, perfino distratta, ai social network. Mastrangeli ha spalancato la porta ad un laboratorio politico. Sta ad Azione cogliere l’opportunità.