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Il mercoledì da Draghi, le primarie archiviate e i tempi supplementari di Mastrangeli

Licandro Licantropo
Tra pochissime ore Mario Draghi deciderà se andare avanti oppure no. Intanto, mentre l’attenzione è tutta rivolta al piano nazionale, nel Lazio il Pd ha di fatto archiviato le primarie per la scelta del candidato alla presidenza della Regione.
Luglio 20, 2022
Mario Draghi

Nel giorno più lungo della politica italiana degli ultimi diciotto mesi, un fatto è evidente a tutti. A Palazzo Madama i Cinque Stelle hanno iniziato la legislatura (nel 2018) con 109 senatori e adesso ne contano 60. Alla Camera con 222 deputati, ora 109. Un’emorragia destinata a continuare, anche oggi probabilmente. Per non parlare delle batoste elettorali che si sono susseguite, fino alle ultime amministrative dove il Movimento ha raccolto un “due virgola” assolutamente incompatibile con aspirazioni di governo. Eppure, nonostante tutto, Beppe Grillo non interviene e Giuseppe Conte va avanti come se fosse alla guida dei Democratici o dei Repubblicani negli Stati Uniti. Tra pochissime ore Mario Draghi deciderà se andare avanti oppure no. Lo farà soltanto dopo gli interventi dei Cinque Stelle e di Matteo Salvini. Il problema non è di numeri (ci sono in ogni caso), ma politico. Non sono soltanto i partiti a dover scegliere se accordare o meno la fiducia a Draghi, ma è lo stesso premier che dovrà decidere se fidarsi ancora dei partiti. Perché questi ultimi non sembrano intenzionati a pagare il costo politico di operazioni impopolari che Draghi dovrà compiere da qui ai prossimi otto-dieci mesi.

PRIMARIE ARCHIVIATE NEL LAZIO

Intanto, mentre l’attenzione è tutta rivolta al piano nazionale, nel Lazio il Pd ha di fatto archiviato le primarie per la scelta del candidato alla presidenza della Regione. Lo ha fatto attraverso le parole di uno dei suoi esponenti più autorevoli e influenti, l’onorevole Claudio Mancini, al quale nel 2018 Francesco De Angelis fu costretto a lasciare strada alle elezioni alla Camera. In occasione della Festa dell’Unità di Caracalla, Mancini ha detto: “L’anno prossimo si vota per le politiche e per la Regione, noi dobbiamo costruire la proposta più adatta per quei due appuntamenti. Nel Lazio non sono mai state fatte le primarie, perché a Roma, il bacino elettorale più grande, la Regione è vissuta come una cosa lontana e la partecipazione non è scontata. Allora si rischia una conta tra di noi e non una chiamata al gazebo del nostro popolo. Fuori da Roma è diverso, ma a Roma la percezione della Regione c’è solo per il candidato presidente”. Per Mancini quindi, “una volta costruita la coalizione, dobbiamo decidere se fare le primarie. Se c’è un tavolo di coalizione per la scelta del candidato non possiamo decidere di fare le primarie per evitare una sintesi con gli alleati, che sarà già faticoso mettere insieme. Bisogna valutarlo, il segretario nazionale ha dato un’indicazione chiara e il segretario regionale si atterrà a quella e costruirà il percorso che gli è stato chiesto di fare”. Significa che le primarie non si faranno e che Bruno Astorre (il segretario regionale) non potrà che adeguarsi alle scelte di Enrico Letta. Solo che Astorre aveva individuato il percorso delle primarie. Le parole di Mancini sembrerebbero portare alla soluzione di Enrico Gasbarra, ma si cominciano a profilare anche altre ipotesi. Senza primarie, l’intero “pacchetto” di aspiranti presidenti potrebbe essere azzerato: Daniele Leodori, Alessio D’Amato, Marta Bonafoni. Perfino Gasbarra potrebbe risultare “superato” come possibilità. Non è un caso che nelle ultime settimane, soprattutto a Roma, circoli moltissimo il nome dell’ex ministro Marianna Madia. Politicamente molto vicina a Claudio Mancini. Intanto da questa partita Nicola Zingaretti si è tirato fuori: nessun sostegno esplicito a chi con lui ha portato avanti l’Amministrazione Regionale (Leodori e D’Amato), inizio dell’operazione di smarcamento da Goffredo Bettini, evidentemente ingombrante nel mosaico delle candidature alla Camera e al Senato. Specialmente se di dovesse andare ad elezioni anticipate. Zingaretti ha accettato la logica che sarà Enrico Letta a decidere, anche nel Lazio.

OLTRE LA CAMPAGNA ELETTORALE

Al Comune di Frosinone il centrodestra ha vinto (bene) anche in controtendenza nazionale. Al Comune di Frosinone il sindaco Riccardo Mastrangeli ha posto le basi per un laboratorio politico che coinvolga pure Azione di Carlo Calenda. Adesso però che la campagna elettorale è terminata, è proprio dal capoluogo che il centrodestra deve mandare segnali forti e coerenti. Durante la discussione sulla mozione presentata dal centrosinistra, l’unità di intenti non si è percepita in Consiglio. La vittoria del 12 e 26 giugno è stata ottenuta sulla base di uno schema di forte compattezza intanto fra i tre partiti della coalizione: Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Con il contributo determinante delle civiche: Lista Ottaviani, Lista Mastrangeli, Lista per Frosinone, Frosinone Capoluogo. Domenico Marzi, Fabrizio Cristofari e Alessandra Mandarelli cercheranno continuamente di provare a spaccare il centrodestra e lo faranno attaccando Fratelli d’Italia. Pensando di poter far emergere le differenze con il Carroccio e con gli “azzurri”. Il centrodestra deve trovare un’unità riconosciuta e riconoscibile in Consiglio. La partita più importante che si giocherà a livello locale è quella per la presidenza della Provincia. Soltanto vincendola la coalizione potrà davvero provare a cambiare il corso della storia politica della Ciociaria. Il leader del Pd Francesco De Angelis ha già capito di avere una sola carta da giocare, utilizzata sempre con successo in passato: cercare di dividere il centrodestra. Al Comune di Frosinone la coalizione conta 22 consiglieri che hanno il voto ponderato più alto. Nei fatti sono il traino. Perciò è urgente che il centrodestra si attrezzi per non farsi più sorprendere come è successo l’altra sera. Ma occorre un coordinamento politico dei gruppi consiliari. L’iniziativa non può che partire da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Partiti che sono destinati a stare insieme anche quando si voterà per il Parlamento e per la Regione. Riccardo Mastrangeli è stato il collante in campagna elettorale, a maggior ragione può esserlo adesso.

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