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Il fallimento della logica dell’uno vale uno. Il primato della politica riparte anche dalla Ciociaria

Licandro Licantropo
“Chi vince governa. E io non ho alcuna intenzione di mettere in discussione la democrazia dell’alternanza”, dice Letta. Un’affermazione importante che legittima non soltanto quello che sarà l’esito elettorale ma fa capire che alla fine dovrebbe essere il voto dei cittadini lo spartiacque.
Settembre 21, 2022
Enrico Letta

“Chi vince governa, è la democrazia dell’alternanza”. Lo ha detto il segretario del Pd Enrico Letta in una intervista a Il Giornale, pubblicata nell’edizione odierna. Spiegando: “Una delle pochissime cose che ci uniscono, con Giorgia Meloni, al di là del rispetto e della cortesia che ci si riserva tra avversari, è una visione bipolare della contesa politica. Destra e sinistra. Chi vince governa. E io non ho alcuna intenzione di mettere in discussione la democrazia dell’alternanza”. Un’affermazione importante a pochi giorni dal voto, perché legittima non soltanto quello che sarà l’esito elettorale ma fa capire che alla fine dovrebbe essere il voto dei cittadini lo spartiacque. Bisognerà vedere però se Letta sarà ancora il segretario del Pd dopo il 25 settembre. In queste ore l’ala sinistra del partito, che fa riferimento ad Andrea Orlando e Goffredo Bettini, sogna il ricongiungimento con i Cinque Stelle di Conte, dati in ascesa nei sondaggi che non si possono diffondere. Mentre Carlo Calenda e Matteo Renzi continuano ad invocare un Governo presieduto da Mario Draghi anche se quest’ultimo si è detto indisponibile. E’ abbastanza chiaro che, finito lo spoglio delle schede e ufficializzati i risultati, si aprirà una fase che in ogni caso sarà zeppa di colpi bassi, trappole, ipocrisie e colpi di scena. Se il centrodestra dovesse vincere, dipenderà da Lega e Forza Italia non cedere al canto delle sirene desiderose della solita ammucchiata a sostegno di un “tecnico”. Nessuno però si interroga sul perché la destra (o il centrodestra) avanza ovunque: Francia, Svezia, Italia, Spagna. Il motivo è che un modello di società (fondato sull’internazionalizzazione) è crollato, lasciando macerie di disoccupazione, aziende chiuse, piccoli e medi esercizi travolti. La povertà colpisce fasce di popolazione sempre più ampie, i consumi flettono, le banche non hanno spazi per concedere crediti a chi vuole provare a rimettersi in gioco. La sinistra (o il centrosinistra) ha governato nel mito della globalizzazione e non è stata in grado di gestirne il crollo. Se gli operai votano Fratelli d’Italia o Lega è perché il Pd ha perso il contatto con loro. Undici anni di Governi tecnici o di salvezza nazionale non hanno risolto i problemi. Ci hanno provato tecnici come Mario Monti e Mario Draghi, ma anche politici del calibro di Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni. Poi c’è stata la stagione di Giuseppe Conte, con i Cinque Stelle alleati prima con la Lega e poi con il Pd. La situazione non è cambiata. L’unica formula che non è stata mai adottata è quella di un Governo politico sostenuto da una chiara e netta maggioranza politica.

L’UBRIACATURA DELLA DEMAGOGIA

Anche in provincia di Frosinone il voto del 25 settembre segnerà uno spartiacque. Fratelli d’Italia, con Massimo Ruspandini e Paolo Pulciani, chiede il ritorno al primato della politica. Anche da queste parti lo slogan dell’uno vale uno ha fatto breccia. Uno vale uno nella condizione di partenza e nella pari dignità. Ma non nel governo della cosa pubblica, a qualsiasi livello. Uno vale uno nelle votazioni alla Camera o in consiglio comunale, non nella gestione di una responsabilità politica. Meno male che ci sono le differenze. Fratelli d’Italia invoca il ritorno alla supremazia della politica, che è un’arte nobile se esercitata ad alti livelli e finalizzata a migliorare la qualità della vita delle persone che vivono nei diversi territorio. Il Movimento Cinque Stelle probabilmente recupererà alcuni punti, ma alla prova del Governo ha fallito. In Ciociaria i tre parlamentari eletti nel 2018 non hanno inciso: non Luca Frusone ed Enrica Segneri. Non Ilaria Fontana, che pure ha ricoperto il ruolo importantissimo di sottosegretario al ministero della transizione ecologica. Ma in Ciociaria ha fallito anche il Pd, a cominciare dall’azione della Regione Lazio. La giunta guidata da Nicola Zingaretti non ha risolto alcuna emergenza: dalla bonifica della Valle del Sacco ad una gestione autonoma e funzionale del ciclo dei rifiuti. In provincia di Frosinone da troppi anni assistiamo ad un processo di impoverimento del tessuto industriale e produttivo, con aziende che vanno via, altre che scelgono la misura della cassa integrazione. Per non parlare dei licenziamenti e della perdita del posto di lavoro, che ha una serie di effetti collaterali importanti e gravi: sul piano sociale ma pure su quello psicologico. La situazione è questa e non serve a nulla nascondere la polvere sotto il tappeto. Il Partito Democratico e il Movimento Cinque Stella hanno governato l’Italia e la Regione Lazio in questi anni. I risultati non si sono visti semplicemente perché non ci sono stati. Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati proveranno a vincere le politiche, consapevoli che poi bisognerà preparare bene le regionali del Lazio. Massimo Ruspandini, Paolo Pulciani (Fratelli d’Italia), Nicola Ottaviani (Lega) e Claudio Fazzone (Forza Italia) sono politici che conoscono bene questo territorio. Toccherà a loro, se eletti, dare immediati segnali di cambiamento di rotta.

Però un concetto dovrà essere chiaro per tutti, chiunque vinca: il primato della politica non rappresenta un colpo di Stato. In realtà è l’essenza della democrazia.