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Il cubo di Rubik delle candidature alle politiche. Pompeo è arrivato al bivio decisivo: lascia o raddoppia?

Licandro Licantropo
Per effetto del taglio di 345 seggi, nel Lazio si eleggeranno 32 parlamentari in meno. I senatori passeranno da 28 a 18 e i deputati da 58 a 36. Tantissimi degli uscenti resteranno fuori e molti aspiranti “entranti” troveranno la porta chiusa.
Luglio 29, 2022
Antonio Pompeo

Chi si ostina ad avventurarsi in ipotesi di candidature da periodo di “vacche grasse” non fa i conti con la realtà e in particolare con i numeri. Per effetto del taglio di 345 seggi, nel Lazio si eleggeranno 32 parlamentari in meno. I senatori passeranno da 28 a 18, i deputati da 58 a 36 (12 dei quali nella circoscrizione Lazio 2, che comprende le province di Frosinone e Latina). I leader di partito hanno ripetuto più volte che tantissimi degli uscenti resteranno fuori e molti aspiranti “entranti” troveranno la porta chiusa. Evidentemente si fa fatica ad accettare la realtà. Mai come stavolta la composizione del quadro delle candidature sarà difficile: più un cubo di Rubik che un puzzle ha detto qualcuno. Il discorso vale soprattutto per i collegi proporzionali, solitamente riservati ai “pezzi da novanta” nazionali dei diversi partiti. Meglio profilo basso e cautela quindi. Tanto alla fine a decidere saranno Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Silvio Berlusconi ed Enrico Letta.

UNO ZINGARETTI DA… SENZA PAROLE

Ieri nel corso della presentazione del piano energetico della Regione Lazio Nicola Zingaretti e Roberta Lombardi hanno resuscitato il Campo largo, spiegando agli increduli cronisti che a livello nazionale l’alleanza tra Pd e Cinque Stelle potrebbe essere arrivata al capolinea (ma non è detto), mentre dalle nostre parti perché metterla in discussione? Perché gettare alle ortiche un modello che ha tenuto insieme Azione, Italia Viva e pentastellati per anni? Forse perché i Cinque Stelle hanno affossato il Governo Draghi? Nel Lazio si voterà probabilmente a gennaio, ma intanto non è escluso che Nicola Zingaretti a settembre dovrà misurarsi più o meno direttamente con Virginia Raggi, sua avversaria storica. Nel centrosinistra si sta pensando alla solita “furbata”: ognuno per conto proprio il 25 settembre, poi si vedrà. Nicola Zingaretti tende a rimuovere il fatto di essere stato il segretario del Pd: il modello Lazio nell’intesa con i Cinque Stelle ha funzionato per un periodo, ma adesso è fallito. Che senso può avere ignorare il contesto nazionale? Enrico Letta non intende riaprire ai Cinque Stelle, anche per calcolo elettorale. Zingaretti si ostina a fare finta di non capire.

LA PARTITA PER LA PRESIDENZA

La candidatura alla presidenza della Regione Lazio rimane un tema centrale e in questi ultimi giorni i maggiori “pretendenti al trono” stanno effettuando importanti incontri politici, sia all’interno dei Dem che con i rappresentanti di partiti potenzialmente alleati. Non è cambiato nulla. Claudio Mancini, Roberto Gualtieri e Goffredo Bettini continuano a vedere soltanto l’ipotesi di Enrico Gasbarra. Ma il vicepresidente della Regione Daniele Leodori non molla di un millimetro. Fra l’altro, quando dopo l’elezione a senatore, Nicola Zingaretti si dimetterà da Governatore, dovrà essere proprio Leodori a concludere la legislatura. Lo farà pesare, visto che tra l’altro in questi dieci anni ha costantemente assicurato lealtà e competenza nei ruoli rivestiti: prima presidente del consiglio regionale e poi “vice”. Anche l’assessore Alessio D’Amato sta continuando ad accelerare, ritenendo di essere quello più conosciuto sul territorio per via della gestione della pandemia. Difficilmente ci saranno i tempi e la voglia per fare le primarie e questo vuol dire che la scelta sarà ancora più difficile. Altre ipotesi restano: Marianna Madia, Beatrice Lorenzin, Riccardo Morassut. Ma sono Gasbarra, Leodori e D’Amato a monopolizzare la scena.

I TORMENTI DI POMPEO

La riforma del terzo mandato per i sindaci delle città più grandi non si farà. Antonio Pompeo non potrà dunque ricandidarsi a sindaco di Ferentino e di conseguenza neppure alla presidenza della Provincia. Per concorrere alle politiche si sarebbe dovuto dimettere da primo cittadino, ma non lo ha fatto. Per un motivo: la destinazione ipotizzata (collegio maggioritario della Camera Frosinone-Sora) avrebbe determinato la sconfitta sicura. Si tratta di un seggio che gli studi nazionali dell’Istituto Cattaneo considerano blindato per il centrodestra. Cosa fare adesso? Certamente Pompeo potrà candidarsi alle regionali, ma per vincere dovrà arrivare davanti a Sara Battisti e Mauro Buschini, i due uscenti. Non propriamente una passeggiata. Il problema di Pompeo è uno: intende restare nel Pd? Se è così, allora obiettivamente gli spazi appaiono chiusi a doppia mandata. Da mesi si rincorrono le voci di possibili ammiccamenti politici a Italia Viva di Matteo Renzi e ad Azione di Carlo Calenda. Forze politiche dove però non è semplice ricavarsi uno spazio all’ultimo istante. Antonio Pompeo non sembra avere altra scelta se non quella di provare a giocarsi tutte le carte alle regionali, mettendo in conto che non sarà affatto semplice.

L’ESTATE DI MASTRANGELI

Mercoledì c’è la seduta di consiglio comunale riservata all’informativa sui contenziosi legali riguardanti la Monti Lepini e al bilancio. Dopo si concluderà una lunghissima stagione elettorale e politica. Il centrodestra si è confermato per la terza volta a Frosinone, con uno schema diverso rispetto al passato. Più politico, con un ruolo di primo piano per i partiti, oscurati nella scorsa consiliatura dalle liste civiche. L’appuntamento con le urne del 25 settembre rappresenterà un primissimo test, perché se la coalizione dovesse confermare le percentuali delle comunali significherebbe che si è partiti con il piede giusto. Nonostante le difficoltà di questi giorni. Pensiamo alle piste ciclabili che hanno provocato le proteste di molti commercianti e non solo. Sia al primo turno che al ballottaggio il Comune di Frosinone si è distinto, rispetto a tanti altri capoluoghi, per la compattezza del centrodestra. Con Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia capaci di trovare un equilibrio non semplice. Il test delle politiche sarà indicativo. Anche perché, non essendoci le liste civiche, vedremo quanto pesano davvero nel capoluogo i partiti di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.

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