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Il centrodestra scherza con il fuoco. La grande fuga del Partito Democratico in Ciociaria e il fallimento del modello Zingaretti

Licandro Licantropo
In Ciociaria qualche mese fa il centrodestra ha calato il tris nel capoluogo grazie soprattutto al senso di responsabilità di Fratelli d’Italia: Massimo Ruspandini e Fabio Tagliaferri hanno mantenuto la barra dritta sulla coalizione, evitando fratture che pure potevano avere un senso politico.
Settembre 1, 2022
Nicola Zingaretti, presidente Regione Lazio

Antonio Tajani nelle ultime ore è tornato a smentire l’ipotesi di un Governo con il Terzo Polo (“che arriverà quarto”, ha detto) e senza Fratelli d’Italia. Però il punto è proprio questo: l’intera campagna elettorale del centrodestra è caratterizzata anche dai dubbi, dalle mezze frasi, dagli artifici dialettici della Lega e di Forza Italia. Con un obiettivo chiaro: non dare il via libera esplicito, convinto e convincente all’ipotesi di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Una eventualità che Matteo Salvini e Silvio Berlusconi “soffrono” maledettamente. Nonostante le iniziali rassicurazioni che “chi prende più voti farà il presidente del consiglio”. Poi è arrivata la correzione in corsa: “Deciderà Mattarella dopo il voto”. I sondaggi sono netti: FdI primo partito, con il doppio dei voti della Lega e più del triplo di Forza Italia. Sicuramente bisognerà aspettare l’esito reale delle elezioni del 25 settembre, ma il trend è quello, al di là degli scostamenti. Il centrodestra, in caso di vittoria, dovrà prepararsi a governare una fase difficilissima sul piano economico e finanziario. Ma se alla fine si arrivasse nuovamente ad un governo tecnico di “larghe intese”, a cosa sarebbe servito andare a votare? Le risposte a questo interrogativo faranno la differenza.

ANCORA LIVELLI DIVERSI?

Lo scenario di scuola è questo: qualora il centrodestra, dopo l’eventuale vittoria alle politiche, dovesse dividersi, nei Comuni e nelle Regioni dove amministra si andrà avanti senza problemi? Sulla carta sì. Nella pratica non si sa, perché un “no” a Giorgia Meloni premier equivarrebbe ad una “mozione di sfiducia” all’intero partito di Fratelli d’Italia. In Ciociaria qualche mese fa il centrodestra ha calato il tris nel capoluogo grazie soprattutto al senso di responsabilità di Fratelli d’Italia: Massimo Ruspandini e Fabio Tagliaferri hanno mantenuto la barra dritta sulla coalizione, evitando fratture che pure potevano avere un senso politico. Per non parlare della soluzione che è stata trovata per la presidenza della Regione Sicilia. Ma Fratelli d’Italia non potrà fare finta di nulla se alla Meloni verrà sbarrata la strada (dagli alleati) per il Governo del Paese. Gli scossoni sarebbero inevitabili. Ovunque. Si dovrà votare, per esempio, alla Regione Lazio, quella che ha un’importanza “politica” determinante in tutto il Paese. Sarebbe credibile una coalizione di centrodestra che si è divisa dopo una vittoria alle politiche? Sono considerazioni che dovranno starci nel dibattito che inizierà dopo il 25 settembre. Considerando pure che nei 221 collegi uninominali il candidato rappresenta tutta la coalizione. E nel nostro territorio ci sono i leader politici locali: Claudio Fazzone (Forza Italia) al Senato, Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia) alla Camera Frosinone-Sora, Nicola Ottaviani (Lega) alla Camera Cassino-Terracina. Chiudere gli occhi e mettere la testa sotto la sabbia non serve: la posizione di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini sull’eventualità di Giorgia Meloni primo ministro avrà un’importanza determinante su tutti gli assetti del centrodestra. A qualsiasi latitudine.

LA RITIRATA SILENZIOSA DEL PD LOCALE

Il Partito Democratico provinciale continua a non rendersi conto che la questione del video di Ruberti e De Angelis non è un episodio gestibile con la tattica sperimentata per anni: silenzio totale dei big, in attesa che passi la bufera. Non è così perché il caso ha assunto una dimensione perlomeno regionale. Sul piano politico va inquadrato nel braccio di ferro per la candidatura alla presidenza della Regione Lazio: Enrico Gasbarra o Daniele Leodori? Questo (e non solo) è il dilemma. Il segretario provinciale Luca Fantini nulla ha a che fare con quanto successo nell’ormai famoso dopo-cena. Il consigliere regionale Mauro Buschini neppure c’era. La consigliera regionale Sara Battisti, vicesegretario regionale del partito, ha cercato inutilmente di placare gli animi. Come Francesco De Angelis, presidente del Consorzio industriale unico regionale. Ma questo non vuol dire che non debbano far sentire la loro voce, specialmente in provincia di Frosinone. Dove magari nel Pd in tanti aspettano risposte e segnali. Il risultato del 25 settembre in Ciociaria sarà sicuramente indicativo per capire se la vicenda ha avuto degli effetti oppure no. Ma certamente non si può continuare a fare finta di nulla, spegnendo i telefonini o non rispondendo alle chiamate. I ruoli e le leadership politiche impongono delle risposte soprattutto nelle situazioni complicate e spiacevoli. Altrimenti siamo tutti bravi a raccogliere gli applausi quando tutto fila liscia. Ma esiste pure una dimensione più locale che il Pd continua ad eludere: al Comune capoluogo c’è stata la terza sconfitta consecutiva e in questi anni il medesimo risultato è avvenuto a Ceccano, Anagni, Alatri, Pontecorvo. Il predominio alle comunali non c’è più da tempo. E ben prima dalla notte del celebre video. Il Partito Democratico non ha più quel bacino di voti che gli assicurava la vittoria perfino nella divisione interna, come ai tempi di De Angelis e Scalia: è successo a Veroli ma anche a Cassino. E altrove. Nel frattempo il centrodestra è cresciuto e il modello Dem in Ciociaria è entrato in crisi. Il caso della litigata tra Albino Ruberti e Adriano Lampazzi (ed altri) poteva rappresentare il segnale della necessità di avviare finalmente una seria riflessione interna sulle tante sconfitte rimediate negli ultimi anni. E’ evidente infatti che non ci sono più i voti di un tempo. Una riflessione politica perfino sul perché in tanti sono andati via e sui motivi che rendono impossibili le alleanze con il Psi e con altre forze del centrosinistra. Una riflessione politica sull’evidente fallimento del modello Zingaretti. Nel Lazio e in Ciociaria innanzitutto. Ma pure a livello nazionale, considerando l’intesa con i Cinque Stelle.

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