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Elezioni o Draghi bis: dipende tutto da Salvini. Zingaretti, i Cinque Stelle e il fallimento di un’alleanza

Licandro Licantropo
L’ex Governatore della Bce non intende vivacchiare, potrebbe cambiare idea soltanto se tutti gli altri partiti gli chiedessero di restare. Ma se Matteo Salvini terrà ferma la linea delle elezioni anticipate, non ci saranno davvero numeri e possibilità diverse.
Luglio 15, 2022
Mario Draghi

Il rinvio alle Camera di Mario Draghi in realtà non sposta di molto i termini della questione: mercoledì senza la fiducia si va alle urne e a questo punto è la Lega ad avere il ruolo principale. Decisivo. L’ex Governatore della Bce non intende vivacchiare, potrebbe cambiare idea soltanto se tutti gli altri partiti gli chiedessero di restare. Ma se Matteo Salvini terrà ferma la linea delle elezioni anticipate, non ci saranno davvero numeri e possibilità diverse. Mario Draghi non sopporta nemmeno l’idea di poter continuare a trattare con Giuseppe Conte, Virginia Raggi e Paola Taverna. L’ala dura e pura di un Movimento Cinque Stelle che in questi anni nulla ha costruito e si è distinto soltanto per i “no” e per l’assoluta incapacità di governare a qualsiasi livello. Conte sta cercando di fare il Matteo Renzi. Esattamente come l’ex sindaco di Firenze lo silurò, lui vuole mandare a casa Draghi, che ha sempre considerato un “usurpatore”.
E’ arrivato il momento della politica, delle scelte coerenti, della chiarezza e del coraggio. Tra i 9 punti che l’avvocato del popolo ha sottoposto al premier nei giorni scorsi c’è quello del termovalorizzatore di Roma, annunciato dal sindaco Roberto Gualtieri. Il mistero è come fa il Pd a pensare di poter continuare a stare comunque con i Cinque Stelle!
Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) è stata diretta: “Legislatura finita, si torni alle urne!”

LE AMBIGUITA’ DI UN PD CON LA CAMICIA FREDDA

Era sembrato che Enrico Letta non vedesse alternative alle elezioni anticipate. Invece poi ieri sono iniziati i soliti ragionamenti arzigogolati che portano ad un solo punto: andare avanti con chi ci sta, evitando le urne e restando al Governo. A vivacchiare, magari richiamando a Palazzo Chigi Giuliano Amato. Se il centrodestra trova l’unità e si vota ad ottobre ha molte possibilità di vincere le elezioni. Una prospettiva che terrorizza gli esponenti del Pd. Tutti. Cominciando da Nicola Zingaretti, che dovrebbe lasciare la guida della Regione Lazio, candidarsi in un collegio blindato, essere eletto deputato e stare cinque anni all’opposizione. Per il suo successore alla Regione si aprirebbe una corsa al buio. Daniele Leodori e Alessio D’Amato non avrebbero punti di riferimento e certezze, Enrico Gasbarra potrebbe sì essere “paracadutato” ma si troverebbe in un contesto spaccato e balcanizzato. Gli mancherebbe il tempo della “metabolizzazione”. L’ex premier Giuseppe Conte e l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi si sono ritrovati sul no al termovalorizzatore, decidendo di staccare la spina al Governo. I Cinque Stelle sono questo: improvvisazione e disimpegno. Come sulle Olimpiadi e su tutto il resto. L’alleanza con i pentastellati è il più grande fallimento politico di Nicola Zingaretti, prima come segretario nazionale del Pd e poi come presidente della Regione Lazio. Anche a livello locale il Partito Democratico è nel panico. Elezioni a ottobre costringerebbero Francesco De Angelis a giocarsi tutte le carte per ottenere una candidatura in Parlamento. Ma con così poco tempo a disposizione, sarebbe complicato perfino per lui centrare il traguardo. Ci sono troppi big da blindare dopo il taglio di 345 seggi. Rischia Bruno Astorre, figuriamoci Francesco De Angelis. L’effetto domino sarebbe assicurato: alle regionali Sara Battisti e Mauro Buschini vogliono ripresentarsi, ma se dovesse trovarsi una compensazione per De Angelis?
Antonio Pompeo è in mezzo al guado: ad oggi non può ricandidarsi alla presidenza della Provincia e neppure a sindaco di Ferentino. Anche se ieri, a Ravenna, all’assemblea nazionale delle Province (dove è intervenuto) ha colto la disponibilità del Governo a fare in fretta per la riforma del Testo Unico degli enti locali e dunque per quelle modifiche che aprirebbero a tutta una serie di modifiche che potrebbero aprire la strada anche ad un nuovo mandato per i sindaci di Comuni oltre 15.000 abitanti.
Ma tra le riforme e la loro approvazione ci sono di mezzo la crisi di governo e tempi molto stretti.

OPPORTUNITA’ IRRIPETIBILE PER IL CENTRODESTRA

Se mercoledì Mario Draghi ribadirà di non voler andare avanti, non ci saranno alternative alle elezioni anticipate. Il centrodestra può prendersi tutto, democraticamente s’intende. Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), Matteo Salvini (Lega) e Silvio Berlusconi (Forza Italia) possono vincere e archiviare una lunga stagione di governi tecnici ma anche gli anni bui del Movimento Cinque Stelle. Determinando un’onda lunga ovunque. In Ciociaria a strettissimo giro di posta ci sarebbero le elezioni per la presidenza della Provincia: a quel punto la strada sarebbe in discesa. Un piano inclinato verso una vittoria che veramente muterebbe assetti consolidati da decenni. Conquistare la Provincia significherebbe avere la possibilità anche di guidare processi importanti in tema di rifiuti, di gestione delle risorse idriche, ma pure del gas in prospettiva. Gli Egato (enti di gestione degli Ambiti Territoriali Ottimali) saranno estesi in ogni tipo di settore. Le stesse regionali del Lazio sarebbero alla portata. Una vittoria alle politiche darebbe fiducia e faciliterebbe una candidatura condivisa alla presidenza della Regione, dove il sistema elettorale è a turno unico. Perfino i candidati nelle liste in provincia di Frosinone avrebbero il vento in poppa. Perciò le elezioni politiche ad ottobre sono un’opportunità irripetibile.

CINQUE STELLE DI RABBIA E DI RANCORE

Cosa ha lasciato il Movimento in questi anni? I fallimenti amministrativi a Roma e a Torino, la cultura del no al Governo del Paese (dalle Olimpiadi ai termovalorizzatori), ma anche una enorme dose di rabbia e di rancore. La scissione di Luigi Di Maio ha accelerato un processo inevitabile. Il Movimento, in crisi assoluta di consensi, sta facendo tutto questo per provare ad ottenere qualche voto in più. Ma anche per affossare un’esperienza di Governo nata dall’intuizione di Matteo Renzi dopo che il Governo Conte non riusciva a gestire né la fase della campagna di vaccinazione anti Covid né quella di programmazione per i fondi del Pnrr. A dettare la linea in queste ore è Rocco Casalino, il portavoce di Conte. E questo fa capire tutto. Davvero vogliamo lasciare le sorti del Paese ai Cinque Stelle, ad un Movimento che per risalire nei sondaggi non esita a provocare una crisi di governo in piena estate con una pandemia non domata e con una guerra che avrà effetti enormi sull’approvvigionamento energetico?