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Elezioni, i lunghi giorni dell’ammuina (e dei veleni). La rappresentanza della Ciociaria: chi sono i favoriti. Le cause del tabù del Pd alle politiche

Licandro Licantropo
Quanti operai votano oggi per il Pd in Ciociaria? Quanti piccoli e medi imprenditori, quanti artigiani, quanti agricoltori, quanti insegnanti? Magari è su questo che dovrebbe svilupparsi una riflessione vera del partito dopo il 25 settembre.
Settembre 16, 2022
Giorgia Meloni, leader Fratelli D'Italia

Nei prossimi giorni non si parlerà d’altro che dei dossier (veri o presunti non importa) sui finanziamenti della Russia, ma pure dell’Ungheria di Orban e dei rischi incombenti per l’Italia. Mentre, tanto per fare un esempio, sulla questione delle bollette di gas e luce (la priorità delle priorità) tutti parlano ma nessuno agisce. E le soluzioni prospettate sono il taglio dei consumi, non il sostegno dello Stato a famiglie, imprese e servizi pubblici. Nei territori impossibile parlare di tematiche locali, anche se poi ci si lamenta del deficit di rappresentanza territoriale. La solita Italia, le solite code di campagna elettorale. Con effetti che già si sono palesati. Per esempio Forza Italia di Silvio Berlusconi ha subito messo in chiaro che “o il prossimo governo sarà europeista oppure noi non ci saremo”. Questo perché in Europa Lega e Fratelli d’Italia non hanno votato con il resto del Parlamento sull’Ungheria, definito Stato non più democratico.

Non entriamo nel merito, non ne vale la pena. Alcune domande però sì: 1) qualcuno pensa davvero che un Governo a guida Giorgia Meloni si sgancerebbe dalla Nato e dalle logiche atlantiste? 2) tutti hanno smentito che la questione dei finanziamenti russi ad alcuni Paesi riguardi l’Italia. Perciò delle due l’una: o gli Usa hanno prove concrete e inoppugnabili (e allora vanno tirate fuori) oppure che senso ha continuare con questo tipo di strategia dell’ammuina?
3) è evidente che ci sono ingerenze di ogni tipo sul voto del nostro Paese e questo dovrebbe indurre tutte le forze politiche a fare blocco per evitare situazioni del genere. Perché non succede? 4) in altri Paesi la destra e il centrodestra avanzano o vincono (ultimo esempio in Svezia). Perché in Italia, dove la sovranità appartiene al popolo, le alternative possibili sono sempre le stesse? O vince il centrosinistra o si insedia un governo tecnico di salvezza nazionale? Vale la pena soffermarsi su questi spunti e riflettere, perché poi il 25 settembre andare alle urne significa soprattutto esercitare un diritto, quello di scegliere da chi si vuole essere governati. Undici anni di esecutivi tecnici e di salvezza nazionale, tutti allineati alle indicazioni dell’Unione Europea, non hanno tirato fuori il nostro Paese dalle secche. Il rilancio e la ripresa economica non ci sono stati, i disoccupati sono aumentati. Tanto per fare due esempi significativi.

LA RAPPRESENTANZA DELLA CIOCIARIA

Chi sono in questa fase i candidati che hanno maggiori possibilità di diventare deputato o senatore dalle nostre parti? Sicuramente i tre esponenti del centrodestra che concorrono nei collegi maggioritari. Parliamo del forzista Claudio Fazzone (che ieri sera è stato il protagonista di una convention con oltre 400 persone a Cassino magistralmente organizzata da Rossella Chiusaroli), Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia) e Nicola Ottaviani (Lega). Poi nel proporzionale c’è Paolo Pulciani (Fratelli d’Italia). Buone possibilità di entrare a Montecitorio anche per Ilaria Fontana (Cinque Stelle), capolista nel plurinominale alla Camera. Naturalmente si tratta di previsioni e Sergio Messore e Andrea Turriziani (Pd) confidano nel ribaltone finale. Ma il quadro è quello appena dipinto. Più o meno lo stesso del 2018, quando però i collegi erano diversi. Il centrodestra nel maggioritario elesse Massimo Ruspandini e Francesco Zicchieri (allora nella Lega) e i Cinque Stelle portarono a Montecitorio Ilaria Fontana. Oltre a Luca Frusone ed Enrica Segneri nel proporzionale. Grande assente, allora come ora, il Partito Democratico, che nel 2018 fu capace di non blindare l’elezione di nessuno dei tre uscenti (Francesco Scalia, Maria Spilabotte, Nazzareno Pilozzi) e di Francesco De Angelis, relegato in posizione non eleggibile nel proporzionale. Dietro Claudio Mancini. A distanza di quattro anni e mezzo il Pd si ritrova nella stessa identica situazione: percorso in salita negli uninominali, big “esterni” come Matteo Orfini in pole nei plurinominali. Una situazione paradossale se pensiamo che il Partito Democratico ha due consiglieri regionali (Mauro Buschini e Sara Battisti), il presidente della Provincia (Antonio Pompeo), il presidente del Consorzio industriale del Lazio (Francesco De Angelis), Lucio Migliorelli al vertice della Saf. Oltre alla maggioranza dei sindaci. E’ proprio questo il tema vero per il quale la federazione provinciale del Pd è sotto esame sul piano regionale e forse nazionale. Sul tavolo del senatore Bruno Astorre (segretario del partito nel Lazio) c’è questo tema: perché nonostante un sistema di potere così forte e radicato il Pd in Ciociaria non riesce praticamente a competere alle politiche e alle europee, quando cioè si tratta di intercettare il voto di opinione? Tra le possibili risposte c’è quello dello “sganciamento” dai problemi concreti di fasce importanti di popolazioni. Quanti operai votano oggi per il Pd in Ciociaria? Quanti piccoli e medi imprenditori, quanti artigiani, quanti agricoltori, quanti insegnanti? Magari è su questo che dovrebbe svilupparsi una riflessione vera del partito dopo il 25 settembre. Quando probabilmente il dibattito si snoderà pure a livello nazionale, specialmente se il ruolo di Enrico Letta dovesse essere messo in discussione. Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna, ha detto che per vincere il Pd deve smetterla di pensare di essere il partito dei migliori. Vuol dire ritrovare umiltà, voglia di soffrire e capacità di interpretare settori di società che si sono allontanati da anni.

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