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Ecco cosa cambia nella nuova giunta di Frosinone. Il Partito Democratico vuole ripartire: ma come?

Licandro Licantropo
Da dieci anni a questa parte non si vede una strategia alternativa per cercare di riunire davvero il centrosinistra e preparare un’alternativa. Stavolta ci sarà? L’asse con i Cinque Stelle nel capoluogo non ha funzionato e a livello nazionale Enrico Letta e Dario Franceschini sono stanchi delle “bizze” dei pentastellati.
Luglio 12, 2022
Il sindaco di Frosinone, Riccardo Mastrangeli

Avevamo visto giusto: non c’erano alternative all’annuncio della giunta e Riccardo Mastrangeli ha ultimato l’esecutivo con una grande attenzione alla caratterizzazione politica e all’equilibrio. Quattro assessori sono esponenti di partiti di centrodestra: Fabio Tagliaferri è il coordinatore cittadino di Fratelli d’Italia, quello che ha messo insieme la lista dopo aver favorito l’unità della coalizione. Simona Geralico, sempre di Fratelli d’Italia, si occuperà di cultura, un tema che può caratterizzare l’azione amministrativa. Adriano Piacentini nel capoluogo è il simbolo e la storia di Forza Italia: alle finanze e al bilancio si sente a casa. Danilo Magliocchetti  è l’uomo della Lega. Il centrodestra è molto visibile.

LE CIVICHE E AZIONE

Il presidente del consiglio comunale (Massimiliano Tagliaferri) e il vicesindaco (Antonio Scaccia) saranno espressi da due civiche: la Lista Ottaviani e quella Per Frosinone. Come altri 3 assessori: Valentina Sementilli e Angelo Retrosi (Lista Ottaviani), Maria Rosaria Rotondi (Frosinone Capoluogo). La novità politica più importante è rappresentata dall’ingresso di Alessandra Sardellitti, di Azione di Carlo Calenda. Intanto è stato rispettato l’accordo con Mauro Vicano. Ma soprattutto nel capoluogo ciociaro si apre la possibilità di un vero e proprio laboratorio con il partito di Calenda. Ci aspettiamo la “reazione” del segretario provinciale Antonello Antonellis, secondo il quale Azione non può che stare a sinistra, a braccetto con il Pd. 

E’ una giunta formata da esponenti di esperienza: tranne la Geralico, tutti hanno partecipato alla scorsa consiliatura. Come assessori o come consiglieri. Nella maggioranza di centrodestra guidata da Nicola Ottaviani. A parte la Sardellitti, che stava all’opposizione. Frosinone può e deve cambiare passo: le opere pubbliche da ultimare sono imponenti (riqualificazione dello Scalo, dei Piloni, di Largo Turriziani, raddoppio dell’ascensore inclinato), ma mai come in un momento come questo bisognerà dare risposte con i servizi sociali e impostare una linea politica di centrodestra. Frosinone è ormai una roccaforte della coalizione e tra dieci mesi si voterà per le politiche e per le regionali. Le premesse per spostare la filiera ci sono tutte e i vertici del centrodestra si sono messi in testa di tradurle in fatti concreti.

QUALE ANALISI DEL PARTITO DEMOCRATICO?

Domani il Pd si riunisce per l’analisi del voto. Sarà importante conoscere il punto di vista del segretario Luca Fantini e naturalmente di Francesco De Angelis. I Democrat hanno ottenuto un buon risultato di lista: primo partito in città. Aver raggiunto il ballottaggio era quasi scontato perché c’erano altri candidati a sindaco e Vincenzo Iacovissi e Mauro Vicano hanno ottenuto i risultati necessari per impedire la vittoria di Mastrangeli al primo turno. Il Campo largo non ha retto l’urto del centrodestra e i consiglieri eletti del Pd sono gli stessi della volta scorsa: Angelo Pizzutelli, Fabrizio Cristofari e Norberto Venturi. Da dieci anni a questa parte non si vede una strategia alternativa per cercare di riunire davvero il centrosinistra e preparare un’alternativa. Stavolta ci sarà? L’asse con i Cinque Stelle nel capoluogo non ha funzionato e a livello nazionale Enrico Letta e Dario Franceschini sono stanchi delle “bizze” dei pentastellati. Dopo tre sconfitte consecutive, a Frosinone si avverte la necessità di una svolta. Che però continua a non vedersi.

LO SCENARIO DELLE ELEZIONI A OTTOBRE

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha detto di essere pronta a votare ad ottobre. Non è stata una boutade, perché quanto sta accadendo non esclude uno scenario di questo tipo. Il Movimento Cinque Stelle al Senato non ha votato il Decreto Aiuti che invece aveva condiviso alla Camera qualche giorno fa. Le bizze di Giuseppe Conte stanno avvenendo in un quadro di caos. E’ la confusione il  tratto principale del mandato di Conte: si è presentato come avvocato del popolo, ha guidato un Governo gialloverde con la Lega, poi ha fatto la stessa cosa con un Governo giallorosso con il Pd, ha tentato di accreditarsi come uomo di sinistra, raccogliendo il sostegno di Goffredo Bettini e Nicola Zingaretti. Ad un certo punto Matteo Renzi lo ha mandato a casa e lui si è reinventato capo dei Cinque Stelle. Dopo aver dato un’immagine di sé a metà tra la sinistra e un Centro in perenne cerca d’autore. Le sconfitte dei Cinque Stelle alle amministrative e alle regionali non si contano più, con percentuali in caduta libera costante. La scissione di Luigi Di Maio sarà stata pure un’operazione di Palazzo, ma comunque ben congegnata ed efficace. Ha fatto “male” al Movimento e Giuseppe Conte ora non sa che fare. Si agita e può mettere in crisi il Governo. Nel colloquio con Sergio Mattarella, il premier Mario Draghi si è lasciato scappare un significativo “ne ho piene le tasche”. L’inquilino del Colle lo spinge a restare: ci sono la Finanziaria da fare (per evitare l’esercizio provvisorio) e i fondi del Pnrr da intercettare (per onorare gli impegni con l’Europa). Oltre alla guerra in Ucraina e alla pandemia. Ma ci saranno sempre emergenze in un momento storico come questo. Però in Germania e Francia si è votato e altrove si fa la stessa cosa quando non ci sono più i numeri. La legislatura è agonizzante, il Movimento Cinque Stelle è stato lacerato da scissioni a catena, Giuseppe Conte non ha alcuna idea di come andare avanti. Questo prezzo non può pagarlo il Paese più di quanto non lo abbia già fatto. Le elezioni politiche ad ottobre, in fondo in fondo, non dispiacerebbero neppure a Enrico Letta. In questo modo “separerebbe” le politiche dalle regionali in Lazio e in Lombardia. Uno scenario elettorale autunnale costringerebbe tutti ad accelerare sulle candidature e sulle alleanze. E’ la democrazia, signori.

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