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Coletta e le diverse fasi del rapporto con Fazzone: prima ‘flirt’ segreto, poi ‘prigioniero’, quindi ‘violentato’. Ma il conto (elettorale) rischia di pagarlo solo l’ex sindaco

Marco Battistini
Per strappare la benevolenza di Fazzone, Coletta si è dovuto ‘bere’ dell’acqua ‘salatissima’.
Ottobre 4, 2022
Damiano Coletta

Fra Coletta e Fazzone è la fine di un amore. Un rapporto di fatto iniziato nel 2016 e rimasto piuttosto ‘clandestino’ per lungo tempo e che si è quindi palesato alla luce del sole solo un anno fa. Il sindaco decaduto ci è rimasto male. E’ stato sedotto e abbandonato quando credeva di poter resistere ancora un anno. “Da FI e soci una violenza da branco” la dichiarazione rilasciata a poche ore di distanza dalle dimissioni di massa dei consiglieri comunali di centrodestra, che lo hanno sfiduciato. Dietro questa considerazione c’è tutta l’amarezza di un amministratore che non solo si è sentito ‘tradito’, ma che sa di aver compiuto una serie di errori politici, tali da poterlo mettere in grandi difficoltà, in vista delle imminenti elezioni regionali. Ovvero il nuovo terreno politico sul quale si misureranno le ambizioni dell’ex primo cittadino di Latina.

BEFFATO SULL’ACQUA

Per strappare la benevolenza di Fazzone, Coletta si è dovuto ‘bere’ dell’acqua ‘salatissima’. Sul tema della bolletta dell’acqua, nel 2018 Coletta definì “illegittimo” un ulteriore balzello. A distanza di 4 anni e dopo l’intesa con Forza Italia in Comune ha ‘improvvisamente’ cambiato idea, trasformandosi nel ‘sindaco degli aumenti’. Gli esponenti di Fratelli d’Italia e Lega hanno avuto gioco facile nel ricordare la posizione espressa da Coletta nella prima fase del suo mandato iniziale.
Nel settembre 2018 quando Damiano Coletta, nel corso di un incontro relativo alla class action promossa dal Comune per richiedere le partite pregresse di Acqualatina, definì “illegittimo” un ulteriore balzello sulla bolletta dell’acqua. Coletta in passato sbandierava a più riprese di volere l’acqua pubblica. Eppure deve essere rimasto folgorato sulla via di Damasco dato che, nella conferenza dei sindaci del giugno scorso, si è espresso invece a favore di un nuovo rincaro in bolletta. Diversi suoi stessi sostenitori di prima lo hanno accusato di aver abbandonato i suoi ideali per la Ragion di Stato. Ovvero assicurarsi ancora il sostegno di Fazzone e di Forza Italia a Latina. L’ex sindaco provò a giustificare la sua scelta in modo poco convincente. Durante la conferenza, Coletta avrebbe anche sottolineato come fosse necessario ‘assumersi le responsabilità di tale scelta’. Andando contro gli interessi degli utenti. Di Latina in particolare. Il capoluogo, ricordiamo, è tra quelli in cui la dispersione del prezioso bene è intorno al 50%.  Eppure Coletta non curante degli effetti negativi sul piano dell’immagine, ha preferito conservare il posto, aggiungendo un altro incarico per un ruolo strategico sul tema idrico. Ovvero quello di membro del comitato chiamato a rappresentare l’ambito territoriale ottimale del Lazio meridionale nell’elaborazione della proposta di legge sul riordino del Sistema idrico Integrato Regionale. Naturalmente con la caduta dell’amministrazione comunale Coletta dovrà abbandonare quella prospettiva. Ma soprattutto dovrà nuovamente giustificare ai propri elettori una scelta ‘azzardata’ sulle tariffe idriche, che rischia di pagare a caro prezzo nella prossima tornata elettorale.

PRIGIONIERO DI UN ASSE REGIONALE

L’asse venutosi a creare poco meno di anno fa fra Claudio Fazzone e Bruno Astorre (con la benedizione di Leodori) ha avuto un peso enorme sul Comune di Latina. Damiano Coletta è rimasto un sindaco precario, per non dire ‘prigioniero’ di questo connubio che aveva come vero obiettivo la Regione Lazio. Coletta stesso ha mostrato tutto il suo disagio per una situazione differente rispetto alla prima consiliatura. L’ultimo anno trascorso a piazza del Popolo è stato un calvario infinito, dove gli equilibri precari della maggioranza sono stati messi quotidianamente a dura prova. Una fiducia a tempo quella concessa da Forza Italia. Inizialmente la data di scadenza era quella di dicembre 2022. I consiglieri comunali azzurri si sono limitati a richiamare l’attenzione sugli obiettivi raggiungibili da parte dell’amministrazione Coletta. Il capogruppo consiliare Giuseppe Coluzzi proprio a fine giugno era stato chiaro: “Coletta ha accolto le nostre richieste prioritarie sul personale, attraverso le assunzioni, fondamentali in chiave Pnrr“. Lo stesso aveva però avvertito: “Mancano altri 5-6 mesi alla fine dell’anno, manterremo la linea di credito con il sindaco e a quel punto tireremo le somme”. E a quel punto che l’ex sindaco avrebbe dovuto capire come il suo regno fosse molto transitorio e tenuto in vita solo da fattori esterni. Gli stessi alleati ‘stagionali’ non hanno mai dato la sensazione di volerlo sostenere fino in fondo. Pd e Forza Italia si sono ben guardati dal difendere il primo cittadino dagli attacchi veementi dell’opposizione di destra. Un elemento che avrebbe dovuto indurre Coletta ad una riflessione più profonda. Il ruolo politico di Coletta in Comune era del tutto provvisorio. Era stato scelto come ‘traghettatore’ di una nave in tempesta. Ma era chiaro a molti che prima o poi la sua funzione si sarebbe esaurita. Sarebbe stato sufficiente ‘un’incidente’ per rimetterlo fortemente in discussione. E a luglio c’è stata la concomitanza di due eventi: la sentenza del Tar ed il ritorno al voto in 22 sezioni del Comune e soprattutto la fine del governo Draghi. Elemento quest’ultimo decisivo per far accelerare il processo elettorale che ha provocato l’innalzamento del livello di scontro fra opposti schieramenti. Da quel momento è apparso chiaro che Fazzone sarebbe stato costretto a ricambiare schema, ricompattandosi con gli alleati di centrodestra.

FAZZONE RESTA AL COPASIR

Come sempre il senatore riesce sempre a cadere in piedi. Anche sul piano nazionale ha mantenuto le posizioni. Non solo attraverso la rielezione al Senato, ma anche con il mantenimento di un ruolo di primo piano in una fase particolarmente ‘calda’ sul piano internazionale come quella attuale. La fine della legislatura, il prossimo 12 ottobre, segnerà anche la fine del Copasir, che in questi quattro anni e mezzo ha svolto indagini su temi cruciali come il 5G, gli asset strategici nazionali nei settori bancario e assicurativo e il conflitto in Ucraina, solo per citarne tre. Il giorno entrambe le Camere si riuniranno con la costituzione dell’Ufficio provvisorio di presidenza, della Giunta delle elezioni provvisoria e la proclamazione dei deputati subentranti e infine l’elezione dei presidenti dei due rami del parlamento (che avrà luogo con scrutinio segreto) Tra gli emendamenti al decreto-legge Aiuti bis approvati vi è anche quello per il cosiddetto Copasir provvisorio, da istituirsi a inizio legislatura per restare in carica fino ai venti giorni successivi alla votazione della fiducia al nuovo governo, termine entro il quale dovrà insediarsi quello definitivo, al fine di garantire la continuità del lavoro del Comitato che esercita il controllo parlamentare sull’operato dei servizi segreti italiani. La legge prevede che a far parte dell’organismo provvisorio siano chiamati i componenti del Comitato della precedente legislatura che siano stati rieletti in una delle Camere. Qualora il loro numero sia inferiore a sei o non sia rispettata la consistenza dei gruppi parlamentari, i presidenti di Senato e Camera dovranno integrare la composizione fino a un massimo di otto membri, tenendo conto della consistenza dei gruppi parlamentari e garantendo, ove possibile, la parità tra deputati e senatori. A presiedere il Comitato provvisorio saranno chiamati, nell’ordine e se rieletti, il presidente e il vicepresidente del Copasir della precedente legislatura o, in loro assenza, il componente più anziano di età. Dopo le dimissioni di Elio Vito (Forza Italia), il Copasir è rimasto con nove membri. Soltanto quattro dei quali sono stati rieletti. Si tratta del presidente Urso, che dunque dovrebbe conservare la carica di presidente, del segretario Enrico Borghi (Partito democratico, che passerà dalla Camera al Senato), Francesco Castiello (Movimento 5 Stelle) e proprio il senatore Claudio Fazzone, confermatosi ancora una volta un fuoriclasse (anche) dei palazzi della politica romana. 

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