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L’atroce assassinio dell’allevatore Armando Capirchio

Redazione
Ottobre 19, 2021

Il 24 ottobre 2017 scompare improvvisamente Armando Capirchio, allevatore di 59 anni residente a Vallecorsa (provincia di Frosinone) dopo che, come tutte le mattine, era uscito di casa di buon ora per occuparsi degli animali. Si sospetta il peggio quando alcune ore dopo la sua automobile, una Fiat Punto, viene ritrovata aperta e con i documenti di identità all’interno. 
Il figlio lancia l’allarme e gli inquirenti si mettono immediatamente sulle sue tracce.

Indagato Michele Cialei


Dopo giorni infiniti di ricerche il 26 novembre 2017 Capirchio non è stato ancora rintracciato ma viene indagato il pastore Michele Cialei di 61 anni residente a Vallecorsa per la scomparsa, l’omicidio e l’occultamento di cadavere. Tra i due non correva buon sangue per via dello sconfinamento di alcuni cavalli sull’appezzamento di terreno di Cialei e per pregresse liti. L’indagato, secondo gli inquirenti, quella mattina era uscito di casa armato di fucile, sacchi e guanti.
La procura dispone il sequestro dell’abitazione della casa materna di Cialei, dove viveva.

L’arresto

Dicembre 2017: dopo accurate indagini e comparazione di DNA, un mese dopo viene arrestato Cialei, accusato di omicidio premeditato ed occultamento di cadavere. 
Ad incastrare l’uomo le tracce ematiche appartenute ad Armando Capirchio, ritrovate dagli inquirenti non soltanto nel bagagliaio della vettura, ma anche sugli indumenti che indossava il giorno della scomparsa dell’allevatore, lungo il sentiero montano che collega Vallecorsa a Lenola, su alcune pietre e su un paio di guanti trovati nell’area montuosa durante i numerosi sopralluoghi. In quelle tracce ematiche oltre al sangue di Capirchio c’era anche quello di Cialei quindi; secondo gli investigatori quest’ultimo ha ucciso il pastore per i ricorrenti alterchi derivanti dallo sconfinamento del pascolo. 

Il ritrovamento del corpo

Siamo a marzo 2017, le ricerche dei carabinieri coordinate dal colonnello Fabio Cagnazzo, vigili del fuoco, cinofili e topografi si spostano e arrivano a Lenola, in località Ambrifi dove un parente di Capirchio aveva un appezzamento di terreno. Giusto intuito perchè proprio sui monti di Lenola viene trovato il corpo di Capirchio. Un corpo fatto a pezzi, inserito in dei sacchi usati per il mangime degli animali e gettato nella gola carsica. Per depistare gli investigatori, insieme ai sacchi contenenti il cadavere smembrato, l’assassino ne aveva gettati altri due contenenti animali morti. Michele Cialei si avvale della facoltà di non rispondere.
Dall’autopsia eseguita dal professor Saverio Potenza, consulente della Procura di Frosinone, si evince che l’uomo è stato colpito da un colpo di fucile, poi lapidato e poi sezionato con uno strumento usato per smembrare gli animali.

Il ritrovamento del corpo di Armando Capirchio

Indagato il figlio Terenzio


Gli inquirenti stringono il cerchio anche attorno a Terenzio Cialei, il figlio 20enne di Michele; questo è emerso dal ritrovamento in più punti di un DNA diverso da quello di Cialei, non solo all’interno della vettura dell’arrestato, ma anche sui suoi indumenti e sul luogo dove è avvenuta la presunta colluttazione con l’allevatore scomparso. Il ragazzo inoltre aveva dichiarato mesi prima che il giorno della scomparsa del 59enne lui si trovava dal barbiere. Ma il lunedì i barbieri sono chiusi. Dunque il giovane aveva mentito. Da qui la convinzione che Terenzio Cialei sapesse molto più di quello che aveva dichiarato.

La confessione


Dopo un anno di reclusione, a marzo 2019, Michele Cialei crolla e confessa al magistrato di essere stato l’autore di quel delitto, sfociato a causa dell’ennesima lite. A detta del pastore si sarebbe trattato di una colluttazione poi degenerata. L’uomo ha sparato a Capirchio con un fucile per poi finirlo a colpi di pietra; in un secondo momento lo ha trasportato sulle montagne di Lenola, (sperando che nessuno lo trovasse) fatto a pezzi e gettato nella gola. Il figlio Terenzio viene condannato a due anni e sei mesi con sospensione della pena, per il reato di vilipendio ed occultamento di cadavere, anche se il padre non ha mai fatto il suo nome. 

La richiesta dell’ergastolo


In primo grado a Cialei viene richiesto dai legali della controparte l’ergastolo, a causa dell’efferatezza e gravità della vicenda, nonché la premeditazione per la pianificazione dell’omicidio e poi per esser uscito di casa con il fucile la mattina stessa che si è compiuto il fatto. Contestata anche l’aggravante della crudeltà per lo scempio sul cadavere, sezionato e portato in un altro luogo. I legali dell’uomo sono riusciti ad evitarlo grazie all’opzione del rito abbreviato ma vengono negate le circostanze attenuanti generiche perciò condannato a 30 anni di reclusione. 

La pena dimezzata


Febbraio 2021: L’avvocato Giampiero Vellucci difensore di Cialei, presenta una consulenza tecnica tesa a dimostrare che l’efferatezza del fatto era avvenuta dopo il delitto, quando Capirchio era già morto. I giudici hanno tenuto conto anche del fatto che, qualche anno prima, era stato lo stesso Capirchio ad aggredire fisicamente Cialei con un’accetta, costringendo il pastore al ricovero in ospedale.
La Corte d’Assise D’Appello di Roma ha accolto la richiesta dimezzando la pena a 17 anni di carcere.

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