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Anno zero per il ciclismo italiano: cercasi campioni, disperatamente

Roberto Mercaldo
Dopo decenni di successi, ora non ci sono ciclisti di spessore né per le classiche, né per i grandi Giri
Aprile 26, 2023

Cercasi campioni, disperatamente. Sebbene l’annuncio non figuri in alcun quotidiano e nemmeno abbia ispirato qualche regista della nouvelle vague, la sostanza del ciclismo azzurro può ben riassumersi in questo appello.
Abituati ad essere al centro del mondo “due ruote”, ci domandiamo perplessi cosa stia accadendo al nostro movimento.
La base non manca, perché la passione per il ciclismo in Italia è ancora ben salda e le competizioni giovanili sono ancora floride in termini di partecipazione e di entusiasmo.

Sconfinato poi è il panorama amatoriale, con tantissimi praticanti che non hanno velleità di imitare Moser o Pantani, ma che sulla bici passano molte ore della loro giornata.
Quel che però d’improvviso è venuto a mancare sono proprio i punti di riferimento, i grandi campioni.
In passato ci sono stati momenti in cui avevamo straordinari interpreti delle gare di un giorno (leggi Moser, Saronni e Argentin) che magari erano un po’ meno autorevoli nei grandi Giri, pur essendo riusciti ad inserirli nel nutritissimo palmares.
Abbiamo anche avuto la situazione opposta, con Pantani e poi Nibali specialisti delle gare da tre settimane, ma meno performanti nelle classiche.
Mai però avevamo vissuto un momento così complesso.
Oggi il ciclismo azzurro ha buoni corridori, ma non esprime alcuna eccellenza, se si eccettua Filippo Ganna nelle prove contro il tempo.

SLOVENI, BELGI E OLANDESI UNA SPANNA PIÙ SU

A comandare il ciclismo dei nostri giorni ci sono scuole di enorme tradizione, come il Belgio, la Francia e l’Olanda ed altre che irrompono con una forza sconosciuta, come la Slovenia di Pogacar e Roglic o la Colombia dello sfortunatissimo Bernal e di Quintana.
Nei “grandi giri” è impossibile pensare che un nostro corridore possa competere per uno dei primissimi posti.
L’ultimo acuto al Giro d’Italia è stato di Damiano Caruso, secondo nell’edizione del 2021, dietro Bernal. Prima e dopo il nulla, e il timore è che questa sia diventata la regola, col bravo ragusano che può rappresentare la sola eccezione.
Nelle gare di un giorno abbiamo Filippo Ganna, secondo a Sanremo e quinto alla Parigi Roubaix, che sta cercando di trasformarsi da campionissimo delle crono e delle prove su pista in grande protagonista delle classiche.

Le sue caratteristiche di “gigante” lo rendono un formidabile passista, ma quando la strada s’impenna il nostro Pippo deve pagar dazio, inevitabilmente.
Si attende che Giulio Ciccone e Andrea Bagioli compiano l’auspicato salto di qualità e divengano competitivi per la classifica generale, ma per ora sembra utopistico immaginarli in lotta per una maglia rosa o gialla.
I fenomeni delle classiche sono Van Aert, Van der Poel e Evenepoel, quelli delle corse a tappe Pogacar, Vingegaard e Roglic. Subito dietro di loro tanti campioni, ma nessuno in rappresentanza del tricolore.
Tra pochi giorni partirà la corsa rosa e i tanti appassionati dello “Stivale” saranno costretti ad adottare campioni oltre confine per la lotta alla maglia simbolo del primato.
Eravamo abituati bene, molto bene. Ora, sportivamente, applaudiamo gli altri, augurandoci naturalmente che un nuovo Pantani torni ad infiammare la passione sopita sulle grandi salite delle Dolomiti. Anche in questa edizione solo Caruso può forse lottare con Roglic, Evenepoel, Almeida, Geraint Thomas e gli altri favoriti.
Intanto, nelle classiche di Primavera abbiamo chiuso con zero successi. E fa male.

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