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Le altre guerre: non si combatte solo in Ucraina, siamo immersi nei conflitti. Altro che “fine della storia”

Alberto Fraja
Siamo immersi nei conflitti, una trentina in tutto il mondo. Ne sono indenni, almeno per ora, solo America e Oceania. Per il resto è un continuo scannarsi.
Marzo 14, 2022
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Siria

Per un momento non parliamo di guerra in Ucraina. Cerchiamo di distrarci e distenderci parlando d’altro. Di guerre per esempio. Di quelle che attualmente incendiano altri lembi dell’orbe terracqueo. Siamo immersi nei conflitti. Ne sono indenni, almeno per ora, solo America e Oceania. Per il resto è un continuo scannarsi. Sono trenta gli scontri bellici in corso. Una smentita clamorosa di quella “fine della storia” di cui andava farneticando anni fa il politologo Francis Fukuyama. Vediamone qualcuna.

Nel Sahel, la più estesa area geografica geografica oggi interessata da operazioni militari (Burkina Faso, Niger, Ciad e Sudan) è da dieci anni che milizie improvvisate, gruppi jihadisti, truppe governative e reparti speciali della Nato soprattutto francesi si sparano addosso. Le cause? Il riscaldamento globale che sta mettendo in ginocchio le fragili economie di quei paesi; il perdurare di lotte intertribali; la penetrazione di elementi legati alla jihad islamica che hanno trovato in queste regioni la possibilità di creare basi d’operazione e per fare proseliti.

Libia. Molte vie di comunicazioni terrestri utilizzate per i traffici illeciti che partono dal Sahel finiscono in Libia. Il paese è tornato a dividersi nelle due storiche entità geografico-politiche: la Cirenaica che fin dall’età antica guarda a est, verso Egitto e Mediterraneo orientale e la Tripolitania, legata invece alla Tunisia e all’Occidente. La guerra tra le due fazioni ha attraversato la sua fase più violenta nel 2019 ma i combattimenti tra le due parti in lotta continuano. Alimentati soprattutto dalla presenza in loco di oltre 20 mila mercenari.

Etiopia. Qui a darsele di santa ragione sono le forze governative e i ribelli della regione del Tigrai che nel novembre scorso erano riusciti ad avanzare fino a meno di 150 chilometri dalla capitale Addis Abeba primi di venire bastonati dalla controffensiva governativa. Da quelle parti si combatte soprattutto per questioni etniche anche se sul conflitto incombe l’ombra della grande diga sul Nilo azzurro in via di completamento dopo dieci anni di lavoro che costituisce un potenziale conflitto con l’Egitto.
Somalia. Nella ex colonia italiana non si riesce ad uscire da una guerra civile che dura ormai da trent’anni e che ha causato almeno 300 mila vittime e più di un milione di profughi.

Yemen. Da queste parti una guerra sanguinosa si trascina da quasi 8 anni. Essa è causa diretta di quella che le Nazioni Unite giudicano come la peggiore crisi in atto, con 24 milioni di persone in pericolo, bisognose di assistenza umanitaria urgente. Perché si scannano? Per motivi religiosi che si intrecciano a obiettivi strategici.

Siria. Voi pensavate che la guerra civile, iniziata nel marzo del 2011, fosse finita. Invece no. Continua. Imperterrita. L’intervento russo, nel settembre del 2015, ha indirizzato le operazioni belliche verso una conclusione favorevole al regime del presidente Assad che godeva già del sostegno dell’Iran e delle milizie sciite di Hezbollah. Oggi il governo di Damasco controlla circa due terzi del territorio. Sfuggono ancora l’intera regione sulla sinistra dell’Eufrate e l’estremo lembo nord-occidentale del paese ancora nelle mani di gruppi ribelli protetti dalla Turchia. Lo stato islamico sta riguadagnando terreno.

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