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Gli 80 anni di una leggenda: buon compleanno Dino Zoff  

Roberto Mercaldo
Negli anni il taciturno eroe di Mariano del Friuli ha calamitato le simpatie e la stima di tutti gli sportivi per la correttezza e la lealtà con le quali ha interpretato il suo ruolo
Marzo 1, 2022
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Il grande Dino Zoff

“Gli eroi son tutti giovani e belli”, recita una celeberrima canzone di Francesco Guccini. Ieri Dino Zoff, eroe in maglietta e pantaloncini che nel 1982 sollevò la Coppa del Mondo da capitano azzurro, ha compiuto 80 anni. E non c’è dubbio che sia ancora giovane e bello, perché persino il tempo è garbato quando si poggia su una leggenda.

Il taciturno eroe di Mariano del Friuli ha calamitato le simpatie e la stima di tutti gli sportivi per la correttezza e la lealtà con le quali ha interpretato il suo ruolo. Guardiano dei pali con licenza di stupire, fu in campo l’esemplificazione di come si potessero rendere semplici anche le parate più difficili. Proverbiale il suo senso della posizione, che lo portava ad anticipare le intenzioni dei “bomber” incrociati nel corso di una lunghissima carriera. Ed erano attaccanti forti e imprevedibili, come Riva, Pulici, Boninsegna, Savoldi, Rummenigge, Krankl.

Per stilare una lista completa dei cannonieri ipnotizzati da quell’uomo di ghiaccio occorrerebbero due pagine, ma nell’immaginario collettivo il suo duello con Maradona prima e Zico poi, in quel mundial delle meraviglie, resta l’ideale copertina. E sempre in quella rassegna, che lui giocò a 40 anni suonati, avvenne la parata più celebre delle decine di migliaia di parate del signor Dino. E’ stato appena annullato un gol ad Antognoni, perché non c’è il Var e nessuno può cancellare l’errore di Chan Tam-Sun,  guardalinee di destra del signor Klein, arbitro del match.

Si resta 3-2, contro il Brasile delle stelle che lancia l’ultimo assalto per il pari che varrebbe la qualificazione alla semifinale. E’ l’89’ quando Oscar batte sul tempo i difensori azzurri e colpisce di testa con potenza e precisione: Dino Zoff non può sfruttare il suo “piazzamento”, deve affidarsi a uno scatto felino, che non è la specialità della casa, ma è il solo modo di dire no a quella zuccata impertinente. Va giù in un attimo, chiedendo alla forza di gravità un’eccezione alla regola, va giù sulla sua sinistra e abbranca il pallone che è già arrivato all’altezza della linea bianca. Lo inchioda lì. Nessuno lo sa, ma è in quel momento che l’Italia vince il mondiale. Contro la Polonia e la Germania non ci sarà più da soffrire, il friulano di ferro darà il suo contributo senza dover fare gli straordinari, mentre Rossi la butterà  dentro come fosse in un torneo rionale e Tardelli urlerà al mondo una gioia rabbiosa. Dino Zoff, campione d’Europa nel 1968 grazie al 2-0 contro la Jugoslavia, è ora anche campione del mondo, a coronamento di una carriera inimitabile. 

Gli mancherà soltanto la Coppa dei Campioni, perché la parabola maligna di Magath sorprenderà lui e la Juve degli assi, ma pure in quella serata amara saprà rendere onore all’Amburgo e accettare il verdetto del campo, perché per Dino, prima ancora delle vittorie, viene il rispetto degli avversari e di quel che la bizzosa dea del calcio ha deciso.

Dal 1966 al 1983 è praticamente sempre presente, perché gli infortuni gli sembrano una complicazione inutile e un’eccezione alla regola della sobrietà. Record di presenze, record di imbattibilità in campionato, interrotto da Gianni Rivera, e record di imbattibilità in azzurro, spezzato da un carneade haitiano di nome Sanon, ai mondiali del ’74, quelli della grande delusione.

Un uomo semplice, perbene, inseguito dai record e da qualità non comuni, che non ne minano le radici né stravolgono il suo modo pacato di guardare all’esistenza. 

Anche da allenatore e da presidente di club Dino Zoff, l’uomo che rese semplice il ruolo di portiere, taglia traguardi non comuni e aggiunge trofei al suo ricchissimo palmarés da calciatore. E anche in queste vesti si guadagna il rispetto non solo dei suoi calciatori, ma dell’intero mondo del calcio, un mondo frammentato per eccellenza e reso torbido dal tifo, quel tifo che acceca, ma che non può non riconoscere la grandezza di certi personaggi. Zoff non è solo del Mantova, del Napoli e poi, più a lungo, della Juventus. Zoff, come la Gioconda o il Mosé è di tutti, un patrimonio della nostra cultura e della nostra storia. E tutti gli facciamo gli auguri per questo ennesimo traguardo, celebrato come gli altri, con un timido sorriso. Tanti auguri, uomo perbene, tanti auguri fenomeno, tanti auguri Dino Zoff.

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