informazione pubblicitaria

CONDIVIDI

Dal Papeete al Papocchio. Da più di due anni Salvini non ne azzecca una. E in Polonia rimedia una figuraccia colossale

Alberto Fraja
Matteo Salvini è come il mitologico Cimabue di una pubblicità degli anni ’70. Fa’ una cosa e ne sbaglia due. Anzi duecento. E’ da ventiquattro mesi che non ne azzecca una
Marzo 8, 2022
salvini-contestato-polonia-sindaco-papeete-papocchio
Salvini contestato in Polonia: Sindaco polacco gli mostra t-shirt con Putin

Matteo Salvini è come il mitologico Cimabue di una pubblicità degli anni ’70. Fa’ una cosa e ne sbaglia due. Anzi duecento. E’ da ventiquattro mesi che non ne azzecca una. Un fottìo di cappellate che gli sono costate l’erosione di un monte consensi mai più visto dai tempi della poco rimpianta Balena Bianca. Alle elezioni europee del 25 maggio dell’anno 2019 ab Incarnatione Domini nostri Iesu Christi, Salvini era al 34,33% e in costante ascesa di suffragi. Ieri La7 ha diffuso le attuali intenzioni di voto dei nostri connazionali attribuendo alla Lega un non confortante 17%. Fratelli d’Italia ha il 21,5, il Partito Democratico il 21,2.

Facendo il classico conto della serva, in meno di tre anni Salvini ha dilapidato la metà del proprio patrimonio elettorale. Vediamo perché. In principio fu il governo con i Cinque Stelle. La politica migratoria del Salvini ministro degli Interni piacque agli italiani che lo proiettarono allo zenit del gradimento. Peccato che quella alleanza innaturale partorì due obbrobri: il reddito di cittadinanza e la riforma del diritto penale. Seguì l’estate del Papeete con l’annuncio in costume della crisi di governo alla consolle. Il successo, oltre al mojito del più famoso e modaiolo stabilimento balneare della Romagna, aveva probabilmente dato alla testa del Capitano.

Che cercò di capitalizzare il tesoretto mandando all’aria l’esecutivo con Di Maio. L’8 agosto tuonava: «Andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c’è più una maggioranza, come evidente dal voto sulla Tav, e restituiamo velocemente la parola agli elettori». La strategia si rivelò fallimentare. Constatato che Mattarella non avrebbe sciolto le camere neanche se minacciato di tortura, Matteo cercò di fare un passo indietro cercando di riattaccare la spina con Di Maio. Nello spazio di una settimana, presentò una mozione di sfiducia al governo di cui faceva parte, e al quale nel frattempo chiedeva “compattezza”, per poi ritirarla giusto un minuto dopo avere dichiarato orgogliosamente in aula: “Rifarei tutto quello che ho fatto”. Lasciando così i suoi stessi sostenitori nel dubbio se intendesse dire che avrebbe ripresentato la mozione di sfiducia o che l’avrebbe ri-ritirata, o che magari avrebbe orgogliosamente rifatto entrambe le cose.

Gli andò male anche questa volta. Quel furbacchione di Renzi gli ruppe le uova nel paniere propiziando la nascita del governo Grillini-Pd. Andando random, si arriva alle amministrative del 2021: un fallimento (quasi) totale. Colpa della scelta di candidati impresentabili. Quello alla carica di sindaco di Milano in primis. Milano, la città leghista per eccellenza. Il capoluogo della Lombardia, bastione inespugnabile governato da vent’anni (anche) dalla Lega di cui il governatore Fontana è espressione. A suscitare più di qualche perplessità nell’elettorato di casa è anche il furbesco atteggiamento di lotta e di governo assunto dal Carroccio nei riguardi dell’esecutivo Draghi di cui pure i leghisti sono componente autorevole.

L’immagine più icastica di tale cerchiobottismo è rappresentata dalle posizioni sul vaccino anti Covid. A tale proposito vale mille volte di più rispetto alla più raffinata delle analisi politologiche quanto scritto, lo scorso 6 gennaio, da un militante di lungo corso della Lega come Toni Da Re, iscritto alla Lega Nord-Liga Veneta dal 1982 ed ex sindaco di Vittorio Veneto.

“L’ambiguità del mio partito e del mio segretario sui vaccini mi sta mettendo a disagio da tempo. È sempre stata ingiustificabile, ora è diventata insostenibile. Insistono, senza rendersi conto che così facendo la Lega romana si mette contro la Lega dei territori. Con questo atteggiamento ostacolano i nostri governatori, Zaia, Fontana e Fedriga, i nostri tanti sindaci, tutti gli amministratori leghisti che da due anni si battono per sconfiggere la pandemia. Mettono i bastoni tra le ruote agli imprenditori che tra mille difficoltà causate dai contagi e dalle quarantene si dannano l’anima per restare aperti e continuare a lavorare. Ci rendiamo conto che il vaccino è l’unica arma che abbiamo contro il virus? Forse qualcuno in Parlamento non ha l’esatta percezione di quello che patiscono gli amministratori sul territorio”.

E siamo all’ultima castronata in ordine di tempo. La visita di Salvini in Polonia “in missione di pace”. Una visita inopportuna considerato che, nei giorni scorsi, ambienti diplomatici avevano fatto sapere al Capitano che sarebbe stato preferibile per lui non esporsi troppo viste le posizioni filo-Putin assunte negli scorsi anni. Ebbene, ad attendere Matteo Salvini alla stazione di Przemysl, cittadina che si trova a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina, non c’era la fanfara ma alcuni connazionali che lo hanno riempito di insulti. Ma anche il benvenuto delle istituzioni non è stato da meno. Il sindaco della città, Wojciech Bakun, ha infatti mostrato una maglietta con il volto di Putin e a Salvini ha detto: “Io non la ricevo, venga con me al confine a condannarlo”. “Siamo qui per aiutare i rifugiati”, ha provato a controbattere il leghista. Dal Papeete al Papocchio.

-->
Maggio 16, 2024

Non solo Cassino e Veroli tra le sfide più importanti alle comunali dell’8 e 9 giugno prossimi. Da altre realtà

Maggio 15, 2024

Non soltanto non si è nascosto, ma ha dato sostanza e prospettiva ad un esperimento amministrativo destinato a fare scuola.

Maggio 14, 2024

Leader politici, esperti e addetti ai lavori sono concordi nel ritenere che stavolta la possibilità che alle europee voti meno

Maggio 12, 2024

Il lungo conto alla rovescia è terminato ieri con la presentazione delle liste. Il solito diluvio di numeri è… un

Maggio 8, 2024

La sanità pubblica come “asset” irrinunciabile e il Consorzio industriale come fulcro baricentrico per una visione di sviluppo basata sulle