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A Toronto Sinner si prende il primo mille demolendo De Minaur e tutte le paure: ora è numero sei del mondo

Roberto Mercaldo
Un servizio ancora “ballerino” tiene in partita l’australiano nel primo set, ma il secondo è un monologo dell’altoatesino
Agosto 14, 2023
Jannik Sinner al torneo ATP di Montpellier (foto: Sylvain THOMAS / AFP)

Toronto è nata dove c’era il letto di un lago. Toronto è un ibrido di stili architettonici difformi, un inno alla promiscuità del tempo, che affratella edifici modernisti a costruzioni georgiane o vittoriane. Toronto è vezzosa o malinconica, dipende da quale anfratto di pensiero ti avvolge l’anima quando respiri l’aria un po’ umida del mattino.
Jannik, professione tennista, passato da sciatore e carattere forgiato nelle cime dolomitiche, così bravo nel tennis da vedersi portar via i propri quindici anni, e con essi l’adolescenza senza doveri e senza rimorsi, sa di avere un appuntamento con la storia. 
Gli dicono che è bravo, bravissimo, ma che non ha ancora vinto un mille. Glielo ripetono ossessivamente, non già quelli del suo team o chi gli vuol bene, ma quelli del bicchiere mezzo vuoto, che sono tanti, maledettamente tanti e maledettamente uguali.

Nel turno d’ingresso il by, poi Matteo, compagno di Davis e compagno di un viaggio dorato fatto anche di burroni e di paure. Gli addominali di Murray gli risparmiano gli ottavi, ma Monfils ha un cuore da guerriero nel suo corpo elastico e fatato. E così il quarto è una battaglia, perché quando la prima non entra Gael fa il possibile per rovinargli la festa. Jannik Sinner vola più alto delle fiondate improvvise del francese. Sorride, dopo tre set che sembrano la funzione analitica di Riemann.

LA BATTAGLIA CON TOMMY PAUL

La semi con Tommy Paul, faccia da telefilm poliziesco, braccio potente e ispirato, pronto a masticare il mondo se solo non ci fosse quel ciuffo rosso dall’altra parte della rete.
Sembrano due pugili a centro ring che hanno scordato la guardia e il jab: solo diretti in pieno mento. C’è uno scambio da 46 colpi nel settimo gioco del secondo set.
Jannik Sinner lo vince e poi resta immobile, a respirare l’argilla di quel lago che non c’è più, ad ascoltare il battito del cuore, ora che è vicino al traguardo.
Paul non si arrende, controbrekka e rimanda la fine. Al decimo gioco Jannik pensa ai suoi monti, lasciati in fretta per la scuola di Bordighera e pensa che stavolta nessuno deve portargli via il sogno. Un attimo e ogni paura svanisce. Sul tabellone c’è un 6/4 6/4, nella testa una ridda di cose belle e difficili, e vagoni di un treno, e attimi d’eterno.

LA FINALE CONTRO DE MINAUR

È l’ultimo atto, e di là c’è De Minaur, compagno di doppio di questo Open canadese che profuma di gloria, di polvere e delle case eleganti di Rosedale.
L’ha sempre battuto, Jannik, quel piccoletto fantasioso, che non ha la potenza dei suoi colpi, ma ha saputo imbrigliare Fritz e poi Medvedev, il russo sghembo dal sorriso triste.
L’ha sempre battuto e questa, a conti fatti, ora è solo un’insidia in più. Su Toronto qualche nuvola scura, ma si parte in orario: Jannik Sinner, ex sciatore e ragazzo dal cuore puro, Alex De Minaur, sguardo furbo e un muoversi frenetico che sa di energia.
Subito 2/0 per Jannik, ma un servizio capriccioso decide di complicare i piani e il furetto australiano sa come approfittarne. Va avanti ancora Sinner, 4/2, ma anche il settimo gioco è un inciampo. Al decimo però l’equilibrio è rotto per sempre: 6/4, manca un set al primo mille. 
Chissà quanti pensieri sotto quel capellino che copre un ciuffo rosso. Chissà dove sono adesso i pomeriggi di Bordighera, il torneo di Bergamo, e la vittoria con Johnson a Roma di quel ragazzino esile come una speranza di maggio. Forse sono in un angolo dove il tempo non corrode, o magari in quei dritti devastanti che inducono alla resa il folletto d’Oceania. 
Il trionfo ha un sapore strano. È fantasmagorico, volatile, capriccioso e brillante, anche se le stelle ancora non si vedono, nel cielo nuvoloso di Toronto.
Jannik Sinner ora ha il suo mille, ma questa non è una fine. La vera storia comincia adesso.

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