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Stano raddoppia e dopo quello olimpico si prende l’oro mondiale

Roberto Mercaldo
Arriva dalla 35 km di marcia il podio più alto per un azzurro ad Eugene
Luglio 25, 2022
Massimo Stano

I 5 ori di Tokio non potevano essere considerati termine di paragone attendibile. Irripetibile è il solo aggettivo idoneo rispetto a un’impresa titanica, che si è concretizzata per l’incastro perfetto di tutti i tasselli al momento giusto. Il movimento italiano, che è in costante crescita, oggi può valere due o tre ori olimpici e mondiali in edizioni “normali”. Stavolta ne è arrivato uno, ed in extremis, perché i tasselli non hanno voluto saperne d’incastrarsi, anzi hanno attuato una danza dispettosa e irriverente verso il lavoro svolto dai nostri ragazzi. L’uomo che ha salvato la baracca si chiama Massimo Stano, è un esponente illustre del movimento della fatica, quello che negli anni e attraverso varie generazioni ha regalato alla maglia azzurra le storie più belle. Il marciatore pugliese non ha scelto la strada più breve, quella della 20 Km, ma ha voluto misurarsi con l’ibrida distanza dei 35, che quest’anno nella rassegna mondiale ha sostituito la tradizionale 50. Perfetto dosaggio delle energie, nessuna concessione al ritmo folle di Matsunaga, fuggitivo della prima ora, e un crescendo straordinario negli ultimi 5 km, con chiusura a 2h23’ e rotti, ben al di sotto delle 2h26’ dell’obiettivo iniziale. Podio completato da Kawano ( primatista mondiale stagionale) e Kalstrom, per una gara che espresso un verdetto fedele rispetto ai valori in campo. Grazie a Massimo Stano, l’Italia è tornata a vincere un oro mondiale dopo un lungo digiuno e si è sistemata in una dignitosa posizione nel medagliere, che contempla per noi anche il meraviglioso bronzo della “duemetrista” Elena Vallortigara. Ben tre quarti posti per la nostra spedizione: ha iniziato Sara Fantini nel lancio del martello, ha proseguito l’olimpionico di Tokio Jimbo Tamberi nell’alto e ha chiuso il cerchio Andrea Dallavalle nel triplo, con il rammarico legato ai soli 6 centimetri che gli hanno negato la conquista del bronzo. Proprio dal triplo è arrivata la prestazione più convincente a livello di squadra, perché al quarto posto di Dallavalle si è aggiunto il quinto di Ihemeje, anch’egli atterrato al di là dei 17 metri. Qualche piccola e anche un po’ meno piccola delusione dobbiamo registrarle. Larissa Iapichino, Elena Bellò e Gaia Sabatini, dalle quali non si attendevano medaglie, ma un posto in finale si, hanno fatto meno bene del previsto e la finale non l’hanno centrata. Nick Ponzio, pesista non distante dalla prospettiva medaglia, non è andato al di là di un dignitoso nono posto, mentre la 4X100, orfana di Jacobs, non ha ottenuto nemmeno la finale, che pur in assenza del campione olimpico, doveva essere centrata con un certo margine. In prospettiva Europei di Monaco ci sono però davvero tante ragioni per sorridere. Con un Marcell Jacobs in più, e con la possibilità di una crescita di condizione per i quattrocentisti, per lo stesso Tamberi e per le mezzofondiste, da Monaco potrebbe arrivare un buon bottino di medaglie. Basti pensare che Tortu, escluso per 3 millesimi dalla finale dei 200, è risultato comunque il primo degli europei. Rileggere in chiave continentale le gare della rassegna iridata conforta, stimola e ingigantisce l’attesa per la rassegna tedesca. I “mostri” centroamericani nella velocità e quelli del Nord Africa nelle gare di resistenza monopolizzano il podio, ma a Monaco ovviamente non ci saranno. E l’Italia potrà recitare da protagonista assoluta.

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