Ci saranno quelli che… io l’avevo detto. Non credetegli, perché stavolta non l’aveva detto nessuno.
Sarebbe stato un po’ blasfemo persino pensarlo, nell’anno della A2. Eh sì, l’avevano chiamata così perché il blasone delle contendenti, la loro storia, i loro organici sontuosi, sembravano quasi offesi dalla lettera B.
Non già vaso di coccio, il Frosinone di patron Stirpe, del saggio Angelozzi e dell’arrembante Fabio Grosso; ma nemmeno in primissima fila quando sotto il cielo di luglio i proclami riscaldavano più del sole. Taluni avevano pescato nel… Mare del Nord, altri si erano affidati a giocatori leggenda, altri ancora avevano sbandierato ai quattro venti la loro indiscutibile competitività.

In punta di piedi, senza annunci mirabolanti, il Frosinone lo aveva appena sussurrato quel “ci siAmo Anche noi”. Sfuggito ai più, affidato a una bottiglia tra le onde dell’Oceano, quel sussurro è diventato un grido. Col passare delle giornate, la rutilante serie A2 ha proposto un intrigante dilemma: e se l’aspirante regina avesse la maglia giallazzurra? Un po’ scettici, in tanti hanno provato a derubricare le prime imprese firmate Caso e Lucioni a exploit di giornata. “È una gloria che poggia su basi friabili e non reggerà al lungo inverno” decretavano, enunciando i come e i perché del transitorio.
Daniel Boloca, Luca Ravanelli e gli altri canarini non hanno affidato il loro pensiero rivoluzionario a parole forbite o a “controproclami”. Fedeli alla politica dei piccoli passi, hanno deputato a quel rettangolo di gioco le risposte, fatte di dribbling, di corse proficue, di vittorie sempre più importanti e sempre meno sorprendenti.

FROSINONE, LA PACIFICA RIVOLUZIONE DELL’ESERCITO GIALLAZZURRO
Nel girone ascendente l’interlocutore più autorevole del club ciociaro sembrava la Reggina di Pippo Inzaghi e dell’ex Canotto. Proprio quel 3/0 a Reggio Calabria segnò però la svolta, lasciando al sempre più autoritario Frosinone le insegne del comando e ai calabresi interrogativi che sarebbero rimasti irrisolti.
Avvio del girone di ritorno a spron battuto e vantaggio che si dilata sino ad assumere proporzioni davvero difficili da spiegare. Chi doveva essere in alta quota si ritrova a guardare ammirato e col naso all’insù quel canarino che vola come un’aquila.
Entra in campo un nuovo esercito, pericoloso e infido: vi si arruolano quelli del San Tommaso fan club o se preferite gli irriducibili pessimisti, quelli che ad ogni passo vedono una buca, una tegola che sporge, un sasso malevolo e spigoloso.
Basta un pareggio per esaltarli, figurarsi un ko casalingo. Buttando in un cestino la logica e persino il calcolo delle probabilità, profetizzano tonfi e ricordano qualche giorno infausto, leggi Foggia o prima ancora Carpi. Siamo al completo, c’è una variegata umanità frenetica a contrapporsi a loro, ma gli eroi del terzo millennio, che hanno maglietta e pantaloncini, non temono nemmeno le cassandre e continuano a far quello che fin dall’avvio hanno mostrato di saper fare.

ANCORA LA REGGINA NELLA GARA DELLA STORIA
Un girone dopo, riecco la Reggina. Il prologo si è svolto a 350 km, e qualche ora prima. Al San Nicola il Cittadella, ancora a caccia della permanenza, ha imposto il pari ai galletti e allora anche madama Matematica si è rassegnata all’idea che stavolta una vittoria del Frosinone vale… tutto.
Lo stadio è pieno quando al fischio d’inizio manca mezz’ora. Pochi minuti dopo, i capitani depongono fiori dove l’ingegner Curzio Stirpe era solito guardare la sua squadra del cuore. Ora la guarda dal Cielo, con identico amore, perché l’amore c’è sempre, oltre il tempo e lo spazio.
Alle 20,31 si parte. C’è solo da vincere una partita, per Mazzitelli e gli altri è la cosa più semplice, almeno lo è di solito, quando c’è meno pressione.
Stavolta il pallone nei primi minuti sembra un macigno o forse un oggetto strano. La Reggina, senza il peso della gloria a mordere caviglie, polmoni e pensieri, gioca a memoria.
E gioca meglio. Qualcuno sommessamente si chiede cosa stia accadendo e perché il Frosinone non sia bello, brioso e dirompente come al solito. Signori, è la gloria, che ha sembianze accattivanti ma anche abbaglianti. È lì che saltella, più fastidiosa di quella pioggia che ha inzuppato lo Stirpe come un bambino dispettoso.

E allora, cosa le diciamo alla gloria? Gennaro Borrelli, numero 90, ha una sua ricetta per scacciare… la paura. E a quella palla medicinale che pesa di colpo un quintale, assesta una capocciata che è un dipinto di Van Gogh.
E allora è una “notte stellata” anche senza le stelle, perché, come dicono i radiocronisti bravi, Colombi è battuto.
Un canarino che batte… Colombi non è cosa di tutti i giorni, ma ormai è iniziata la notte delle meraviglie.
IL RIGORE DI INSIGNE, IL SIGILLO DI CASO, LA GIOIA
Prima del riposo la vittoria si poggia sul Frosinone con le sue ali leggere.
Non così leggero in verità è Cionek, vessillifero atipico, che prende a sberle Caso in area. Il Var lo dice a Prontera, Robertino Insigne va sul dischetto e fa il 2/0.
Dopo un intervallo che ci giurano esser durato i 15 minuti d’ordinanza, ma a noi è parso lungo come un giorno senza sole, si riprende. La Reggina decimata ha l’impudenza di far gol e qualche brivido corre tra l’anima e la tribuna, come un pensiero inopportuno, una mosca fastidiosa.
Ci pensa Giuseppe Caso, il 10, l’artista che corre come Speedy Gonzalez. Dribbla, calcia e valica le colonne del sogno. La Nord è impazzita di gioia.

Qualcuno finalmente sorride libero, qualcun altro piange di gioia, tutti si domandano quanto manchi ancora e perché mai i minuti siano diventati infiniti. Turati, portiere tifoso, fa in tempo a ritagliarsi un’altra fetta di gloria.
Prontera non ha pietà della gioia primigenia ed applica il regolamento come un impiegato del catasto. Chi si tormenta le dita, chi guarda altrove, chi pronuncia frasi senza senso per stemperare la tensione…
Poi i tre fischi ci portano dritti dritti negli almanacchi.
Il Frosinone ha vinto, in un primo maggio piovoso, glorioso e un po’ magico. E inizia quella gioia incontaminata che sa essere più grande del sole, del vento e dell’illusione.
PrenditelA tutta, Frosinone!