“Sui campi della California” potrebbe essere un telefilm, un vivace documentario o un libro visionario di Joyce Carol Oates. In realtà sui campi della California, nella contea di Riverside, a Indian Wells, ogni anno in marzo si svolge il primo mille della stagione. E ogni anno dà risposte importanti. Questo Indian Wells 2024, caratterizzato dall’invasione delle api all’alba di un quarto di finale che si annunciava equilibrato e che tale non è stato, ha fatto registrare il bis di Carlitos Alcaraz, da Murcia con furore. Carlitos il talento errante, la potenza e l’estro in connubio contro le leggi di una fisica tennistica elucubrata in fretta, Carlitos dalle fibre potenti e dal sorriso stile cartoons ce l’ha fatta.
Stavolta Jannik Sinner, imbattuto in stagione dopo la cavalcata trionfale nella terra dei canguri e il bis olandese sulle rive del Nieuwe Maas, ha conosciuto d’improvviso la fatica e gli incubi del passato si sono affacciati sotto forma di gratuiti di dritto. Il tutto dopo un primo set di semi in cui sembrava avesse giocato con il bazooka. E di solito se un campione con il bazooka incontra un campione con la racchetta, il campione con la racchetta è un uomo (sportivamente) morto. C’è però che Carlitos, incassati i colpi di bazooka, ha preso a muoversi come un ballerino di flamengo, finché l’altro non ha abbassato fatalmente i ritmi di un primo set da guerre stellari. E al terzo, condizionato da un fastidio al polso e da un lieve acciacco al polpaccio destro, Jannik faccia pulita, 22 anni e saggezza da vecchio di montagna, ha ammainato bandiera. Lui dalle sconfitte trae insegnamenti importanti, le trasforma in trampolini di lancio per la grandezza futura, fermo restando che già la presente è ragguardevole e si traduce in primo posto nella Race, con corposo vantaggio sugli inseguitori.
Tra i due litiganti e futuri dominatori del tennis non ha goduto il terzo, però ci ha provato. Daniil Medvedev è riuscito a sostenere la parte del “cattivo” fino a metà primo set di una finale raggiunta senza incontrare tennisti che potessero realmente metterne in pericolo la qualificazione. Tre a zero per lui contro Alcaraz ai primi singulti dell’ultimo atto, spettatori con il fiato sospeso e un interrogativo sul cuore: vuoi vedere che lo sghembo mette nel sacco il giovane iberico, con i suoi angoli da architettura sacra e le sue impugnature impossibili? Niente paura, arrivano i nostri del film girato in terra di Spagna. E il russo soccombe al termine di un primo set comunque estremamente equilibrato, tiebreak compreso.
Vista la fatica di Sisifo del primo parziale, Medvedev che non è figlio di Eolo e non governa i venti, raccoglie la delusione in un secondo set asfittico: arranca, assiste allo show dell’altro e di tanto in tanto tira fuori la giocata per dire ci sono, a Carlitos, al pubblico che vuole la partita, al deserto che strizza l’occhio a Tuscon e Palm Springs, le sedi che furono.
Il mille si è chiuso, ma ora Alcaraz vuole il Sounshine Double, Sinner la rivincita, Medvedev il suo sorriso beffardo. A Nole è bastato prenderle da Luca Nardi, per lui niente Miami, ma allenamenti in vista della stagione sul rosso. La nuova generazione affila le armi: Mensik, Fonseca, Fills, Van Asshe, Shelton vogliono scoprire se è possibile guardare più in là del deserto. E le api? Chissà dove son finite, le api..