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Zingaretti, Smeriglio, D’Amato: l’eclissi di un sistema di potere

Massimo Pizzuti
Gennaio 28, 2024
Smeriglio, Zingaretti e D’Amato

Nei corridoi della Regione qualcuno li chiamava “I Fantastici 4”. Per altri erano invece i “quattro amici al bar” cantati da Gino Paoli, quelli che volevano cambiare il mondo. Per anni sono stati i politici più potenti e influenti del Lazio: non particolarmente amici (non tutti), ma animati dalle stesse determinazioni e ambizioni. Nicola Zingaretti era il presidente della Regione, l’uomo capace di portare il Pd alla vittoria lo stesso giorno (4 marzo 2018) del tracollo di Matteo Renzi a livello nazionale. Massimiliano Smeriglio era l’autorevolissimo vicepresidente della prima ora, l’ideologo di Piazza Grande. Daniele Leodori presidente dell’aula prima e “vice” dopo: sempre lontano dai riflettori, ma il più abile di tutti sul piano politico. Infine Alessio D’Amato, affermatosi come assessore della sanità durante l’emergenza legata alla pandemia generata dal Covid. Sembrava impossibile qualche anno fa pensare che quel sodalizio potesse terminare.

LA SITUAZIONE OGGI

Appena qualche ora fa Massimiliano Smeriglio, eletto all’europarlamento da indipendente nelle file del Pd, ha annunciato l’addio al gruppo del partito a Bruxelles. Parlando di “scelta sofferta” ma inevitabile, perché “non mi ritrovo in una direzione politica chiusa e incerta”. “Non ha senso – ha concluso – se intorno si percepisce indifferenza o aperta ostilità”. In passato Smeriglio è stato vicino a Rifondazione Comunista e a Sinistra Ecologia e Libertà. Nel Pd sicuramente non sarebbe stato ricandidato alle europee. Vedremo nei prossimi mesi quali saranno le evoluzioni. Quanto a Nicola Zingaretti, è un deputato “semplice” del partito. Dopo aver lasciato anzitempo la segreteria nazionale e la presidenza della Regione. Ci si aspettava qualcosa in più, ma a Montecitorio ha lasciato pochissime tracce. Almeno fino a questo momento. E’ alla guida della Fondazione Demo (ce lo ha voluto Elly Schlein), ma anche in questo caso non si sono registrati particolari iniziative. Zingaretti è stato uno dei sostenitori della Schlein alle primarie, poi però l’entusiasmo si è raffreddato. Vorrebbe candidarsi alle europee: una sorta di ritorno alle origini. Ma si tratta di capire se ci saranno gli spazi eleggibili. Inoltre un Partito Democratico sotto il 20% perderebbe diversi seggi a Strasburgo. Una parabola costantemente in discesa quella dell’ex Governatore del Lazio.

Alessio D’Amato ha sì ottenuto la candidatura alla presidenza, ma in un contesto da Vietnam: Campo Largo con il Movimento Cinque Stelle in frantumi, lacerazione evidente nel Partito Democratico. Nulla ha potuto contro il “ciclone” Francesco Rocca. Alla fine ha lasciato il Pd, aderendo ad Azione di Carlo Calenda. Oggi in consiglio regionale non è neppure il capo dell’opposizione. Una storia, quella della candidatura alla presidenza, nata male e finita peggio.

L’unico ad aver mantenuto ruoli di spicco e di estrema influenza nel partito è Daniele Leodori: eletto segretario nel Lazio, è lui a dare le carte alla Regione. Di estrazione democristiana “di origine controllata”, Daniele Leodori è abile, preparato, scaltro, competente. Sa muoversi come nessun altro nei labirinti normativi e interpretativi della Pisana. Fiuta le trappole, le disinnesca e lascia che ad inciampare siano gli altri. Inoltre, particolare non trascurabile, è l’unico ad aver dimostrato costantemente di avere un consenso vero, profondo, radicato: le preferenze. Oltre che i voti naturalmente. Ha sostenuto Elly Schlein quando nessuno era disposto a scommettere su di lei. Soprattutto nel Lazio però il Pd ha bisogno di tenere unite le diverse anime. Daniele Leodori lo sa e lo fa. Quotidianamente.

GLI ALTRI PARTITI IN CIOCIARIA

Ma perché in provincia di Frosinone non si esce dal binomio centrodestra-Pd? Molti pongono questa domanda. La risposta è che gli altri partiti sono irrilevanti, non incidono. Italia Viva ha provato a fidarsi alle provinciali con un listone di centrosinistra, servito però soltanto a far eleggere 5 consiglieri del Pd. Adamo Pantano ha protestato, ma è finita lì. Di Italia Viva  è Germano Caperna, che a Veroli potrebbe essere il candidato sindaco più forte per il centrosinistra. Perché Italia Viva non batte i pugni sul tavolo? Azione si muove a intermittenza e la linea del segretario Antonello Antonellis è troppo appiattita sul Partito Democratico. L’uomo più rappresentativo è sicuramente il sindaco di Isola del Liri Massimiliano Quadrini. Il quale però dovrà vedersela con Antonella Di Pucchio, consigliere provinciale del Pd. Perché Azione non “pretende” che i Dem si comportino da alleati fino in fondo senza la solita logica dei “due forni”. Il Movimento Cinque Stelle si vede soltanto alle elezioni nazionali ed europee. Per il resto sul territorio non esiste. Il Psi di Gian Franco Schietroma non ha più le percentuali di un tempo in Ciociaria. Al Comune di Frosinone può far perdere il centrosinistra, ma sono lontani i tempi nei quali erano i Socialisti a sedersi a capotavola.

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