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Una provincia di falliti, la crisi inesorabile del tessuto economico pontino

Marco Battistini
Se guardiamo la serie storica degli ultimi 10 anni, il picco massimo delle “chiusure” è stato raggiunto nel biennio 2014-2015, ovvero 1,5/2 anni dopo la crisi del debito sovrano che ha colpito pesantemente il nostro Paese.
Giugno 28, 2022

La provincia pontina è tra le prime del nostro Paese per numero di fallimenti. Latina torna nuovamente sotto i riflettori dei media nazionali ma, come è spesso accaduto negli anni lo fa ancora una volta a causa di un triste primato. Secondo uno studio della Cgia di Mestre (“Associazione Artigiani e Commercianti e Piccole Imprese”), il capoluogo pontino si trova al primo posto della classifica per fallimento delle imprese, seguita da Ragusa, Sondrio, Trapani e Siracusa
Commercio ed edilizia i settori al momento più “fragili”.
Ancorché il numero dei fallimenti registrato negli ultimi due anni non sia particolarmente elevato, il rischio che, dal prossimo autunno, torni ad aumentare in misura preoccupante è alquanto probabile.
Tra il deterioramento del quadro economico generale ascrivibile al caro energia/carburante e all’impennata dell’inflazione, l’impossibilità di cedere i crediti acquisiti con il superbonus 110 per cento, che ammontano a circa 4 miliardi di euro e i mancati pagamenti della Pubblica Amministrazione (PA) nei confronti dei propri fornitori che secondo l’Eurostat sono almeno 55,6 miliardi di euro molte attività commerciali e produttive rischiano  di dover portare i libri in tribunale.
Con una specificità tutta italiana; per molte di queste imprese la chiusura definitiva non sarà causata dall’impossibilità di pagare i propri debiti, ma per crediti inesigibili, ovvero per insolvenze in grandissima parte imputabili alle inadempienze della nostra PA. 

UN TREND COMUNQUE IN DISCESA

Se guardiamo la serie storica degli ultimi 10 anni, il picco massimo delle “chiusure” è stato raggiunto nel biennio 2014-2015, ovvero 1,5/2 anni dopo la crisi del debito sovrano che ha colpito pesantemente il nostro Paese. Pertanto, come in tutte le recessioni, gli effetti si esplicitano successivamente. Cosicché, dopo le difficoltà causate dal Covid nel biennio 2020-2021 e a seguito degli effetti negativi riconducibili alla guerra in Ucraina scoppiata verso la fine di febbraio, a partire dal prossimo autunno il numero dei fallimenti potrebbe tornare a crescere e subire una brusca impennata nel corso del 2023.
Negli ultimi 10 anni, comunque, il numero massimo di fallimenti si è registrato nel 2014 (14.735 casi). Dopodiché, c’è stata una progressiva riduzione che si è arrestata nel 2020 (7.160 casi). Questo dato è stato sicuramente condizionato dalla particolarità di quell’anno: a causa del lockdown, infatti, ricordiamo che anche i tribunali fallimentari sono stati chiusi per molti mesi, influenzando negativamente la produttività degli uffici, anche in termini di sentenze. Nel 2021, infine, il dato ha iniziato a risalire e alla fine dell’anno si è attestato a 8.498 unità. 

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