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Tra qualche luce e le ombre degli ultimi anni (i debiti e il crollo degli iscritti) l’Universita di Cassino guarda al futuro. Con qualche certezza in più

Tarcisio Di Pontecorvo
Ancora sei anni di sacrifici finanziari ma anche iniziative per incrementare corsi di laurea, dotarsi di attrezzature scientifiche, dismettere immobili, ma spingere sulla crescita degli iscritti e sull’internazionalizzazione: il percorso dell’Università di Cassino resta in salita ma con qualche arrampicata in meno rispetto al recente passato
Ottobre 25, 2023
L'Università di Cassino e del Lazio Meridionale

Il prorettore alla didattica, professor Giovanni Betta, lo aveva ricordato ad inizio luglio, mentre il rettore Dell’Isola ed i vertici Unicas presentavano il piano strategico 2023-2025: l’ateneo – sottolineò in quella sede – deve ancora fare i conti con il maxi debito. Eppure correva l’anno 2019 quando i cantori più intonati e ossequiosi titolavano: “Unicas, addio maxi debito: l’università ha superato la crisi”. Evidentemente è stata messa in giro un’informazione non del tutto corrispondente ai dati di fatto o si dava semplicemente per scontato che il risanamento era appena avviato e che, bene che vada, si potrà parlare di superamento del tunnel solo nel 2029. 
In ogni caso che la situazione sia oggi più tranquilla, perché incardinata su binari precisi di rientro dall’esposizione finanziaria, è una realtà ed il professor Dell’Isola può legittimamente affermare 
che ormai, più che all’emergenza dei conti, si può dedicare a tamponare la sensibile e costante diminuzione di iscritti.  
Un “crollo”  se si pensa che, agli inizi degli anni duemila, si viaggiava sulla  quota dei 15mila iscritti.  Ma i numeri sono successivamente calati sensibilmente e costantemente  fino ai 7633 dell’anno accademico 2016/2107, ai 7358 del 2017/2018,ai 7400 del 2018/2019, per giungere ai 7210 del 2019/2020,  quindi 7214 nell’a.a. 2020/2021, per poi tornare lievemente a  crescere coi 7373 iscritti del 2021/2022. Insomma scendere  ulteriormente non si può e non si deve, visto che i livelli ai quali si stanno stabilizzando gli studenti sono paragonabili a quelli di un liceo di una grande città.  

Tornando al “bucone” da 44 milioni di euro (35 dei quali per partite dovute all’Inps e 9 milioni di interessi e sanzioni: cifra complessivamente comparabile alle entrate correnti dell’ateneo nell’arco di un anno) va ricordato che era relativo ai contributi incredibilmente non versati ai dipendenti nel periodo 2011-2014 (sotto la gestione Attaianese).  

Ma all’esplosione del caso, il rettore del tempo Betta, in realtà, si ritrovò con la classica tegola cadutagli in testa e cercò di porre rimedio al dissesto finanziario incombente tagliando il personale, con molte dolorose partenze di qualificati ed ottimi docenti per altri atenei. 
La spesa per i dipendenti, docenti e non, passò quindi da 34,3 milioni del 2016 a 33,3 del 2017 e poi a 32,1 nel 2018 per effetto del blocco del turnover. Nel concreto in quei tre anni il personale venne ridotto da 592 unità del 2016 a 543 del 2018; i docenti furono drasticamente colpiti: da 304 passarono a 269 unità con un calo dell’11,5% (livello 
che si è sostanzialmente conservato fino ad oggi: i docenti Unicas in servizio sono 275). Complessivamente la spesa del personale scese dal 
93,23% del 2017 all’80,48% del 2018-19. 

L’ateneo cassinate sfiorò il commissariamento se non fosse stata l’azione combinata di anticipazioni finanziarie del Miur (oltre 22 milioni di euro) e l’ok al piano di rientro della Cassa Depositi e Prestiti che concesse un mutuo. 
Arrivò quindi il Piano di Risanamento 2020-2029, predisposto per individuare le azioni e gli interventi per ristabilire una equilibrata gestione economica e finanziaria dell’Ateneo. 
Il bilancio previsionale dell’anno corrente indica che 2.100.000 euro costituiranno la rata che il MUR tratterrà nel corso del 2023 (rispetto al 1 milione e 400.000 euro del 2022) in virtù dell’anticipazione ottenuta a suo tempo per far fronte al maxi debito: 
il ministero erogò per la precisione 22 milioni e 600.000 euro.  

La quota di Ffo (il Fondo di finanziamento ordinario del Miur) per l’anno in corso destinata all’ateneo cassinate sarà quindi di 33.941.797 milioni di euro, rispetto ai 36.041.797 ai quali avrebbe avuto diritto 
senza restituzione della quota di anticipazione. Tasse e contributi universitari al netto dei rimborsi ammonteranno a 14 milioni e 290.000 euro, per un totale di entrate stimato in 48 milioni e 231.797 euro. 
Su questa cifra la spesa per il personale si è ridotta rispetto ai momenti critici ed oggi viaggia attorno al 73% (ben sotto la soglia ritenuta d’allarme dell’80%). 
Uno spiraglio è costituito anche dal Pnrr. “La partecipazione al Pnrr ha portato l’ateneo di Cassino ad essere protagonista in molti progetti, tra i tanti quello del Centro di Ricerca Nazionale sulla Mobilità Sostenibile”, ha ricordato il rettore Dell’Isola. 
Gli investimenti complessivi da effettuare in attrezzature scientifiche sono programmati per metà nel corso dell’anno corrente e per metà nel 2024: riguardano interventi realizzati per 1 milione e 269.449 euro con risorse proprie dell’Ateneo e per euro 420.797 con risorse dei progetti finanziati a valere sul PNRR. Ci saranno gli interventi per la realizzazione del laboratorio di Eccellenza a valere sulle risorse del Dipartimento di Eccellenza. 
Va anche evidenziato come per il 2025 siano state previste le cessioni dei fabbricati di Via Zamosch palazzina B e C e del fabbricato di New Work, generando proventi straordinari per un importo complessivo di 3 milioni e 890.000 euro. 
Uno sguardo infine al piano strategico che orienta lo sviluppo triennale dell’Ateneo: i principi sono stati rapportati alle missioni istituzionali di Didattica, Ricerca, Terza Missione e all’area della Governance, dei Servizi e delle Infrastrutture e sono stati trasposti in 16 obiettivi da raggiungere attraverso una serie di azioni, specificando indicatori di monitoraggio, tempi di realizzazione, responsabili e referenti di governance e gestionali. 
Il rafforzamento della dimensione internazionale, il consolidamento dello stretto rapporto territoriale e la caratteristica inclusiva dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale sono al centro del piano che punta a far crescere gli iscritti grazie a nuovi corsi di laurea: dal prossimo anno accademico ci sarà l’attivazione di un nuovo percorso formativo, abilitante all’insegnamento, ovvero quello Scienze della Formazione primaria con 120 posti disponibili per i quali è stato effettuato il test d’ingresso lo scorso settembre; il tutto è inserito in Scienze dell’Educazione e della Formazione. 
In conclusione, per il Lazio meridionale e per vaste aree di regioni confinanti, Unicas deve tornare a rappresentare un modello di sviluppo sociale fondato sull’innovazione (la nascita del polo per le batterie al litio all’ex Cosilam grazie al trasferimento industriale operato dal Dipartimento di Ingegneria Elettrica è solo un esempio). Il progressivo superamento della crisi finanziaria deve quindi portare al potenziamento della didattica per rispondere alle necessità autentiche del mondo del lavoro; la ricerca deve restare asse fondamentale per elaborare soluzioni, tecnologie e innovazione; non da ultimo l’ateneo deve rispondere ai bisogni del territorio che vive una fase di transizione legata alla progressiva perdita di peso dell’automotive ed alla mancanza di modelli alternativi in grado di sostenere una porzione altrettanto vasta dell’economia locale. Una scommessa decisiva per tutti che andrebbe studiata e programmata in connessione con quello stesso territorio che appare sempre di più una landa desolata, senza idee e iniziative di crescita, concentrata più sulle sagre e sugli interventi a scopo elettorale che sulla visione e sul futuro delle nuove generazioni. Ecco perché, rispetto alla politica ed alle istituzioni locali, Unicas continua a decidere ed operare in una potenzialmente splendida ma drammatica solitudine. 

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