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Mamma, ho perso l’opposizione: cercasi alternativa disperatamente

Massimo Pizzuti
Febbraio 9, 2024
D'Amato e Pizzutelli

C’è un filo rosso (è proprio il caso di dire) che lega la situazione politica di enti diversi: la mancanza delle opposizioni. Anzi dell’opposizione, scomparsa per assoluta assenza di alternative politiche.
E’ passato un anno dalla vittoria del centrodestra guidato da Francesco Rocca alla Regione Lazio. Il Campo largo, voluto da Nicola Zingaretti, si è subito dissolto e il centrosinistra fatica a riorganizzarsi. Del Movimento Cinque Stelle si sono perse le tracce, Alessio D’Amato ha aderito ad Azione ricavandosi un suo spazio (piccolissimo e ininfluente). Daniele Leodori è impegnato anche come segretario del Pd del Lazio, ma è l’unico immune da quella “nostalgia canaglia” (per i dieci anni di governo) che influenza giudizi e iniziative di tutti gli altri.
Invece magari un’opposizione organizzata e  “sul pezzo” servirebbe ad incalzare la giunta Rocca su temi nei quali si registra qualche ritardo di troppo. Sul Piano rifiuti per esempio. Sulla sanità: servono medici e infermieri innanzitutto. Invece niente, il centrosinistra e i Cinque Stelle limitano il loro ruolo di minoranze alla produzione di comunicati stampa in quantità industriale.
Alla Provincia l’opposizione è stata abolita per legge nel 2014, con la riforma Del Rio. Però, scherzi a parte, nessun partito prova a mettersi fuori dal recinto bipartisan costruito prima da Antonio Pompeo e poi da Luca Di Stefano. Con conseguenze paradossali: c’è una situazione di diffuso nervosismo per i ritardi (ormai abbiamo superato il mese) nell’assegnazione di deleghe ai consiglieri. Deleghe che, per onestà intellettuale, contano come il due di spada a briscola, quando comanda… denari. Contenti loro.
A Ferentino Piergianni Fiorletta dorme tra quattro cuscini (di piume). Come se non bastasse l’ampia e trasversale maggioranza bipartisan, come fa Antonio Pompeo a mettersi di traverso in modo forte se il suo stesso partito (il Pd) sostiene Fiorletta? Misteri di una politica 4.0 che in Ciociaria ha prodotto e produce situazioni del genere. Per restare a Ferentino sarebbe interessante sapere che fine ha fatto Angelica Schietroma, dopo una campagna elettorale indubbiamente interessante.
Ad Anagni, dopo l’intesa con Alessandro Cardinali, il sindaco Daniele Natalia potrebbe perfino fare a meno di convocare la giunta. Ad Alatri Maurizio Cianfrocca in teoria potrebbe fare i conti con più di qualche problema all’interno della maggioranza, ma l’opposizione non batte un colpo mai.
A Ceccano Roberto Caligiore è ormai abituato a fare tutto da solo (con l’appoggio del quasi-monocolore Fratelli d’Italia capeggiato da Riccardo Del Brocco) all’interno della maggioranza. Se la canta e se la suona? E’ vero. Si fa fatica a ricordare il periodo nel quale Ceccano veniva chiamata scherzosamente Cuba per lo strapotere del Pci-Pds-Ds-Pd. Chiedere a Maurizio Cerroni se non era così.
A Cassino e a Veroli si vota i prossimi 8 e 9 giugno. In entrambi i casi all’opposizione c’è il centrodestra, che sta faticando da matti per provare a mettere insieme una coalizione alternativa credibile e soprattutto unita. Ancora più complicata l’individuazione del candidato sindaco. Perché tutto questo? Per l’incapacità di porsi il problema per tempo cercando di ricostruire alleanze andate in frantumi.
Al Comune di Frosinone (il capoluogo) il sindaco Riccardo Mastrangeli è preoccupato delle interrogazioni che potrebbero presentare Anselmo Pizzutelli (eletto nella sua lista civica) e Giovanni Bortone (che fa parte della Lega). Spesso deve porsi il problema delle reazioni di Maurizio Scaccia (Forza Italia) o Sergio Crescenzi (Fratelli d’Italia). Mai però Mastrangeli è andato ad una seduta di consiglio comunale con l’incognita rappresentata da una possibile azione politica del centrosinistra. Il Partito Democratico non punge, la Lista Marzi è intermittente, la Lista Marini ha vocazioni governative, il Polo Civico sembra un corpo estraneo nei banchi della minoranza, i Socialisti da anni proseguono per conto proprio.
Se a livello nazionale e regionale il centrosinistra deve obiettivamente fare i conti con la perdita di un potere politico forte e ramificato nelle postazioni di governo, sul piano locale è diverso. Intanto i protagonisti sono sempre gli stessi e un ricambio (non necessariamente generazionale) non c’è. In secondo luogo le alleanze tra partiti scattano solo nella fase elettorale. Successivamente prevalgono antipatie, invidie, provincialismi ma pure superficialità e arrendevolezza.
Chi vince governa, chi perde rosica (e spesso… scompare).

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