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L’ultima gaffe di Coletta: la firma per l’appello pro-Draghi ‘a sua insaputa’. Calandrini fa esplodere il caso che diventa nazionale. Il partito dei sindaci alla deriva

Marco Battistini
Nel giro di pochi minuti è arrivato il chiarimento di Damiano Coletta che ha smentito di aver sottoscritto la petizione, scaricando su altri la responsabilità del fatto.
Luglio 19, 2022
Nicola Calandrini vs Damiano Coletta

Coletta firma l’appello a Draghi a sua insaputa. L’ultimo caso sollevato da Fratelli d’Italia mette in cattiva luce il sindaco decaduto. A evidenziare l’ultima gaffe di Coletta è stato il senatore Nicola Calandrini, che nel tardo pomeriggio di ieri ha diffuso una dura nota contro l’ex sindaco. “Nell’elenco aggiornato dei mille sindaci che hanno firmato l’appello al presidente Mario Draghi affinché resti alla guida del paese come premier, figura il nome dell’ex sindaco di Latina Damiano Coletta -ha rilevato il leader pontino di FdI- si tratta di un abuso gravissimo della sua posizione visto che Coletta è decaduto l’8 luglio a seguito di una sentenza del Tar che ha annullato la proclamazione degli eletti nel Comune di Latina per irregolarità durante le elezioni amministrative, in 22 sezioni su 116. Inoltre, da lunedì 11 luglio a Latina le funzioni di sindaco sono state assunte dal Commissario Prefettizio Carmine Valente.

Cosa ci fa, dunque, la firma di Damiano Coletta come sindaco di Latina sulla petizione a sostegno di Mario Draghi? Questo conferma la posizione già espressa ieri da Giorgia Meloni: i primi cittadini (anche ex primi cittadini, a questo punto), stanno abusando del loro ruolo istituzionale e si stanno atteggiando a segretari di partito”.

LA REPLICA DI COLETTA

Nel giro di pochi minuti è arrivato il chiarimento di Damiano Coletta che ha smentito di aver sottoscritto la petizione, scaricando su altri la responsabilità del fatto. “Ma quale abuso? Smentisco categoricamente – ha dichiarato Coletta poco dopo le 19 di ieri – non ho aderito, ovviamente a quella petizione, essendo decaduto. Probabilmente sono stato inserito in automatico, ho già detto di togliermi dall’elenco. Facendo parte di quel gruppo di sindaci, evidentemente è stata data per scontata la mia adesione e tra l’altro non mi pare questo gravissimo abuso”.
Ma le affermazioni del sindaco decaduto hanno provocato l’ulteriore reazione degli esponenti nazionali del partito di Giorgia Meloni. In particolare Andrea Delmastro ha denunciato la ‘scorrettezza’ avvenuta in barba alle istituzioni: “Damiano Coletta, il sindaco di Latina decaduto, compare fra le firme dell’appello dei sindaci per Draghi promosso dalla sinistra. L’interessato smentisce di aver mai firmato! Nel suo estremo e scorretto tentativo di tenere imbalsamato Draghi alla presidenza del Consiglio, la sinistra è disposta a contraffare firme di sindaci decaduti. Siamo al piccolo cabotaggio, alle truffe senza ingegno che rappresentano bene la moralità di chi ancora ieri squittiva contro Giorgia Meloni l’epiteto di ‘analfabeta istituzionale’. E loro cosa sono? Truffatori istituzionali? prestigiatori istituzionali in salsa matriciana? Spudorati, come sempre, anche questa volta debbono andare a nascondersi per l’utilizzo volgare, macchiettistico, truffaldino, indegno delle istituzioni”.

CALANDRINI E L’OMBRA SULLA FIRMA ‘INCONSAPEVOLE’ DI COLETTA

Le dichiarazioni di Coletta sulla firma dell’appello pro Draghi, avvenuta ‘a sua insaputa’ non potevano ovviamente sfuggire a Calandrini, che nella tarda serata è intervenuto nuovamente per sottolineare la gravità dell’accaduto. “Apprendo che l’ex sindaco di Latina Damiano Coletta ha smentito di aver firmato la petizione dei ‘Sindaci per Draghi‘ -ha rilevato ancora Calandrini– avrebbe firmato a sua insaputa, sarebbe stato inserito in automatico nell’elenco dei sostenitori del premier in quanto facente parte di un non meglio precisato gruppo di sindaci. La risposta di Coletta lascia doppiamente basiti. Intanto, perchè getta una grave ombra su questi fantomatici 1300 sindaci, perchè, dalle parole di Coletta, dobbiamo dedurre che i nominativi siano stati inseriti senza neppure il consenso dei diretti interessati”. L’esponente di Fratelli d’Italia, capogruppo del partito in commissione Bilancio del Senato ha quindi rimarcato la mancanza di senso istituzionale dimostrato dal sindaco decaduto.
“Questo inficia la portata del documento e la sua genuinità e dimostra che la sinistra le sta tentando veramente tutte pur di non tornare al voto, con iniziative spudorate e senza vergogna -ha proseguito Calandrini– ma resto ancora più basito nel leggere che per Coletta non si tratterebbe di un gravissimo abuso, il che dimostra che non ha un minimo di nozioni ne’ di rispetto per il funzionamento delle istituzioni. Giova spiegare a Coletta che si e’ titolati a rappresentare una città finche’ si e’ sindaco in carica e lui non lo e’ più, in quanto decaduto a seguito di una sentenza del Tar, per irregolarità registrate durante le elezioni. Dunque non importa come ci e’ finita la sua firma sulla petizione pro-Draghi, quel che e’ certo e’ che non ci doveva stare perchè non e’ più lui a guidare la città di Latina, almeno finche’ il verdetto del Consiglio di Stato o quello degli elettori non lo riabiliteranno, ammesso che ciò accada”.Ad ogni modo la vicenda della sottoscrizione da parte di Coletta dell’appello pro-Draghi, avvenuta a sua insaputa, è adesso al centro delle attenzioni dei vertici nazionali di FdI. Francesco Lollobrigida, capogruppo del partito a Montecitorio ha promesso battaglia: “Alla luce delle dichiarazioni dell’ex sindaco di Latina, che ha disconosciuto la firma che risultava nell’elenco dei primi cittadini sottoscrittori, e alla luce anche della netta dichiarazione del sindaco di Palermo di non aver mai firmato quel documento come era stato diffuso dalle agenzie di stampa, ci chiediamo quante delle firme dichiarate siano realmente state apposte… inoltre ricordiamo che i sindaci in Italia sono circa 8000, dunque i poco più di 1000 firmatari corrispondono a una minoranza nemmeno troppo corposa…”. Insomma le firme ‘inconsapevoli’ dell’appello pro-Draghi sarebbero più di una. Il partito dei sindaci che vorrebbe rappresentare l’avamposto della legalità e della trasparenza rischia una brutta figura sul piano istituzionale, forse senza precedenti nella storia repubblicana. Un’altra pagina triste per la nostra democrazia.

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