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Le alleanze impossibili e l’incubo Regione del Pd

Licandro Licantropo
Nel Lazio, soprattutto a livello di Regione, il Pd ha una classe dirigente che governa da dieci anni e che fatica a immaginarsi all’opposizione. Daniele Leodori resta il favorito per la candidatura alla presidenza, ma senza il Campo largo è il primo a sapere che dovrà confidare in un miracolo.
Ottobre 5, 2022
Nicola Zingaretti

Dal piano “b” (di salvataggio) all’incubo è stato un attimo. Il Pd pensava che aver separato i destini delle politiche e delle regionali potesse servire a “difendere” il Lazio, ma adesso il castello di carta delle speranze si sta sgretolando. Al Nazareno si parla solo della data delle dimissioni di Nicola Zingaretti: dal momento della proclamazione ufficiale come deputato, avrà due mesi di tempo per lasciare il posto da Governatore e nei successivi novanta giorni bisognerà tornare alle urne. Si prova a tirarla il più a lungo possibile: a febbraio, forse perfino a marzo. Ma in ogni caso il Pd non avrà un nuovo segretario per quella data, perché i riti congressuali sono lunghissimi. Nel frattempo cosa fare?

LA FREDDEZZA DEI CINQUE STELLE

Non c’è alcuna certezza che nel Lazio Pd e Movimento Cinque Stelle procedano insieme riesumando il Campo largo. L’unica che lascia una porticina socchiusa (ma non aperta) è l’assessore Roberta Lombardi: “E’ ancora troppo presto per dire se ci sarà o no l’intesa, che comunque deve partire dal basso”. Mentre Michele Gubitosa, uno dei vicepresidenti dei Cinque Stelle, è categorico ed esclude “alleanze con il Pd”. Inoltre dall’entourage di Giuseppe Conte filtra una frase emblematica: “Le possibilità di un accordo sono ridotte al lumicino”. Il Partito Democratico annaspa e sta cercando di far annoverare le trattative politiche per il Lazio fra gli argomenti di carattere territoriale. Il Movimento Cinque Stelle invece guarda al piano nazionale. Le posizioni di Roberta Lombardi e Valentina Corrado sono minoritarie. Non faranno la differenza.

LE MANOVRE DI CALENDA E RENZI

Al Nazareno hanno capito che non sarà questo il momento del litigio tra Carlo Calenda e Matteo Renzi. Inoltre l’ex rottamatore ha una strategia precisa: mandare a sbattere il Pd nel Lazio per aprire uno spazio politico nel quale infilarsi. Il Terzo Polo continua ripetere due concetti. Il primo: “Il Pd deve scegliere tra noi e i Cinque Stelle, perché noi non possiamo certo allearci con i grillini. O noi o loro”. Il secondo: “Il nostro no al Movimento Cinque Stelle è irremovibile”. Questo doppio ragionamento guarda pure al sistema elettorale che c’è nel Lazio: turno unico, senza ballottaggio. Significa che in assenza di una contemporanea alleanza con Cinque Stelle e Terzo Polo il Partito Democratico è condannato alla sconfitta. Bisogna ricordare due fatti: nel 2018 Zingaretti vinse ma non ottenne la maggioranza dei consiglieri, mentre alle elezioni comunali romane comunque al primo turno avrebbe vinto Enrico Michetti (centrodestra). Se non ci fosse stato il ballottaggio. Allo stato attuale non esistono le condizioni affinché possa esserci una riedizione del Campo largo. Sia i Cinque Stelle che il Terzo Polo sono intenzionati ad andare per conto proprio nel Lazio.Le recenti politiche hanno dimostrato che il Movimento, andando da solo, ha ritrovato smalto. Quanto al Terzo Polo, ottieni consensi quando “pesa” la sua specificità presentandosi “contro” il Partito Democratico.

CLASSE DIRIGENTE PREOCCUPATA

Nel Lazio, soprattutto a livello di Regione, il Pd ha una classe dirigente che governa da dieci anni e che fatica a immaginarsi all’opposizione. Il vicepresidente e assessore al bilancio Daniele Leodori resta il favorito per la candidatura alla presidenza, ma senza il Campo largo è il primo a sapere che dovrà confidare in un miracolo. Fra l’altro sul dialogo tra Pd e Cinque Stelle pesa il macigno della volontà del sindaco di Roma Roberto Gualtieri di voler realizzare un termovalorizzatore a servizio di Roma. Anche l’assessore Alessio D’Amato ha ormai una vocazione politica governativa. Il presidente Nicola Zingaretti ha sottovalutato la situazione prima di essere eletto deputato. Adesso appare obiettivamente fuori gioco nella fase della scelta del candidato e delle strategie. Goffredo Bettini vorrebbe un asse di ferro con Giuseppe Conte, ma a mancare sono gli spazi politici. Il nome di Enrico Gasbarra è scomparso dal tavolo. Marianna Madia è stata eletta deputato. Il segretario regionale Bruno Astorre, fresco di conferma al Senato, non può da solo ribaltare la situazione. Infine, il congresso nazionale fa passare in secondo piano le manovre alla Regione Lazio. Anche se nel Pd pure i muri sanno che perdere alla Pisana sarebbe un disastro politico perfino peggiore di quello delle politiche. Verrebbe meno tutto un sistema di potere costruito negli anni e inevitabilmente un’intera classe dirigente dovrebbe effettuare almeno tre passi indietro.

IL CENTRODESTRA ALLA FINESTRA

La coalizione di centrodestra a questo punto non ha fretta. Aspetterà di capire come andrà a finire la vicenda delle alleanze a sinistra. Se, come appare ormai probabile, Pd, Cinque Stelle e Terzo Polo procederanno divisi, allora si farà una valutazione realistica sul candidato. L’ipotesi Chiara Colosimo dovrà essere valutata pure alla luce di quelle che saranno le scelte per la formazione del nuovo Governo, per il quale la neo-parlamentare potrebbe essere tenuta in considerazione. Altre soluzioni non mancano: Andrea Abodi, Francesco Rocca, Gennaro Sangiuliano. Ma anche altri, perché inevitabilmente dovranno prese delle decisioni per la squadra dei ministri e dei sottosegretari. Non tutti potranno trovare posto e la candidatura alla presidenza della Regione Lazio potrebbe diventare molto ambita. Il centrodestra è tranquillo insomma. Per il centrosinistra di Nicola Zingaretti l’incubo è quello di imboccare la via del crepuscolo dopo dieci anni di governo.