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Il commiato del guerriero e dell’artista

Roberto Mercaldo
Emozioni per l’ultima allo Stadium in maglia Juve per Giorgio Chiellini e Paulo Dybala
Maggio 17, 2022
Chiellini e Dybala

Il calcio del business, delle società quotate in borsa, dei club gestiti come aziende, esige i suoi tributi, come un imperatore romano altezzoso che si specchia nella sua divinità. Il calcio dei bilanci, delle plusvalenze e della sostenibilità del progetto ha le sue regole, inderogabili. Se il calcio ha ancora tanti appassionati, che imprecano, sognano e litigano al bar, non è però per la sua dimensione manageriale.

C’è un aspetto romantico, più forte di ogni regola, più urgente della necessità. C’è quel legame invisibile tra i giocatori e i supporters, tra quel colpo di tacco e quel sogno avverato. Si chiama passione, e per taluni può essere oggetto di derisione. Perché mai immalinconirsi per un gol fallito o un passaggio sbagliato, perché mai esaltarsi per una giocata funambolica o una traiettoria impensabile? Chi pensa che le cartelle esattoriali siano più importanti di un gol in rovesciata può destinare la propria attenzione ad altro scritto. Eh già, perché oggi raccontiamo di un commiato, che ha quale singolarità la sua duplicità.

L’ultima recita allo Stadium di Giorgione Chiellini, il guerriero, 560 volte bianconero, coincide con un altro commiato, un po’ meno condiviso. Paulo Dybala, la fantasia, non proseguirà la sua favola bianconera, fatta di 292 partite e 115 gol. Al 17’ di Juve-Lazio, penultima di campionato, Giorgione va a raccogliere gli applausi del suo pubblico e cede la fascia a Paolino. Sorride, Giorgio il guerriero, l’indomabile. Nel suo cuore le mille battaglie, sempre con l’ingrato compito di cancellare le giocare dei giocatori avversari più forti: Messi, Cristiano Ronaldo, Levandowski, Mbappè e tutti i mostri sacri del calcio moderno non si sono mai divertiti troppo quando a contrastarne gli estri era quel ragazzone toscano capace di allungarsi in scivolata, di reggere ogni urto, sempre ferocemente a caccia di quella sfera carezzata con classe dai suoi dirimpettai. Con la Juve o in Nazionale Giorgio è stato la diga, la barriera invincibile, l’ostacolo più temuto.

Un fuoriclasse del suo ruolo, un ragazzo generoso e dal coraggio inusuale, capace di rialzarsi dopo ogni caduta. Esempio per i compagni, ma stimato anche dagli avversari, perché semplice nella sua grandezza. La BBC per i tifosi bianconeri non era una Tv, ma Barzagli, Bonucci e Chiellini, i tre centrali più forti d’Europa. Al minuto 78 esce dal campo Paolino Dybala, il sinistro incantato. Su di lui la tifoseria sembrerebbe divisa, per un contratto che sembrava certo, poi meno certo e infine impossibile. Però gli applausi dello Stadium somigliano a un verdetto. Il tifoso è con lui, con le sue giocate di classe, con il suo viso da bambino e con le sue lacrime che diventano singhiozzi. Non c’è un domani in quel pianto disperato. I suoi gol impossibili all’Atletico Madrid e alla Lazio, che come ogni tifoso sa scaturirono da una punizione da posizione angolatissima e da un un pallonetto indirizzato senza il conforto della posizione verticale, scorrono come un filmato sovrapposto a quella disperazione non trattenuta. Giri d’onore, autografi, strette di mano e la raccomandazione di “non andare da quelli” sono un puzzle dai pezzi impazziti.

La partita finisce 2/2, ma non c’è rammarico per il gol preso al 93’. Oggi contano solo il guerriero e il prestigiatore, due pezzi di storia, due modi diversi di stupire. Gli abbracci dei compagni, un altro coro, le foto di una serata che vuole sottrarsi alle leggi del tempo. Il tempo è noioso, burocratico, inflessibile. Il tempo non comprende le ragioni di un doppio commiato. Scende lo notte su Giorgio l’indomabile, che presto sarà dirigente e su Paolo “Sivorino”, che porterà il suo sinistro ad altre latitudini, scaldando altri cuori, carezzando altre fantasie. Il calcio è anche e soprattutto questo.

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