Comunali, provinciali (elezione del presidente), poi regionali e politiche, infine ancora comunali. Tutto in un anno, tutto (anche) in Ciociaria, tutto senza un minuto di pausa per le segreterie dei partiti che dovranno dimostrare di quale pasta sono fatte. Dodici mesi da vivere di corsa e pericolosamente, al termine dei quali si determineranno nuovi rapporti di forza ed equilibri molto diversi da quelli odierni.
Un cronoprogramma fitto di scadenze
Dopo il decreto che di fatto sancisce la fine dell’emergenza Covid, non ci sono più dubbi: per le comunali si voterà nei tempi stabiliti, con il primo turno che si terrà o l’ultima domenica (e lunedì) di maggio oppure in una delle prime due (e lunedì) di giugno. Il piatto forte è Frosinone, il capoluogo. Ma si vota per eleggere sindaco e consiglieri anche a Campoli Appennino, Castelnuovo Parano, Picinisco, Piedimonte San Germano, Pofi, San Biagio Saracinisco, San Giovanni Incarico.
Il 31 ottobre scade il doppio mandato da presidente della Provincia di Antonio Pompeo. Le elezioni dovranno tenersi nei successivi novanta giorni, quindi entro la fine di gennaio 2023. Nemmeno il tempo di un “pisolino” ed ecco il piatto forte, perché il 4 marzo 2023 saranno passati cinque anni dalle elezioni politiche e regionali. Finiscono le legislature. Dunque si deve tornare al voto. Capirai: con 345 seggi parlamentari cancellati dalla riforma costituzionale voluta dalla demagogia dei Cinque Stelle, meno spazi per tutti. Specialmente nelle province. Quanto alle regionali, sono diventate il piatto forte. Altro che gomitate per avere una possibilità di concorrere, assisteremo a trame a metà tra fumettoni strappalacrime e film horror. Ma non è finita, perché nel 2023 sono in programma le elezioni in 14 Comuni della provincia di Frosinone. Tra i quali Ferentino e Anagni. Ma urne spalancate pure a Fiuggi, Amaseno, Aquino, Arpino, Atina, Boville Ernica, Filettino, Pico, Pignataro Interamna, Serrone, Villa Latina, Villa Santa Lucia.
Lavori supplementari (e forse perfino calci di rigore) per le segreterie dei partiti, che dovranno trovare i giusti equilibri tra le ambizioni di chi vuole diventare sindaco o consigliere e le loro, di ambizioni. Perché per staccare il biglietto per Palazzo Madama, Montecitorio e Regione Lazio bisognerà prendere voti (tanti) nell’intera provincia. In ognuno dei 91 Comuni, non solo in quelli nei quali si vota per le amministrative.
Centrodestra: tra calma e fibrillazioni
Mai come nei prossimi dodici mesi saranno le segreterie dei partiti a dover organizzare tutto. E come ci arrivano le segreterie provinciali dei partiti? La Lega senza certezze e con una competizione interna da Grande Fratello Vip. Il coordinatore regionale Claudio Durigon fino ad un certo punto starà a guardare e lascerà fare. Poi dovrà intervenire e far pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Per lui non ci saranno problemi, quale che sarà la legge elettorale, ad avere una candidatura blindata alla Camera in uno dei collegi del Basso Lazio. Proporzionali o maggioritari che siano. Ma per il resto…
La ‘reunion’ all’ hotel Memmina ha confermato il grande caos nella Lega. Pochi partecipanti e tanti malumori. Francesco Zicchieri dovrà sudare non poco per riottenere una candidatura alla Camera: la volta scorsa venne eletto in Ciociaria. Stavolta chissà. Dovrà guardarsi da Nicola Ottaviani, che però tra qualche mese non sarà più sindaco di Frosinone. E come coordinatore provinciale del Carroccio non ha né entusiasmato né unito. Chiedere a Francesca Gerardi e Gianfranco Rufa, oltre che allo stesso Zicchieri. A proposito: dicono che la Gerardi non concorrerà più alle regionali, dove invece c’è Pasquale Ciacciarelli: la quinta colonna di Zingaretti e del centrosinistra, l’uomo dal congiuntivo opzionale, il prototipo del consigliere per ‘errore’ di valutazione di Abbruzzese.
La Gerardi preferirebbe ripresentarsi alla Camera. Ma quanti posti eleggibili dovrebbero esserci? Zicchieri, Gerardi, Ottaviani. Impossibile. Per Gianfranco Rufa ci sarà ancora la possibilità di concorrere al Senato in quel di Viterbo? Difficile. Risultato: Zicchieri, Rufa e Ottaviani potrebbero trovarsi a doversi contendere una sola candidatura ed un seggio nemmeno cosi sicuro. Forza Italia dovrà dare parecchi segnali alle comunali. In ogni caso in una logica di Basso Lazio (inteso come dimensione geografica) le prime scelte saranno tutte di Claudio Fazzone. I tre subcoordinatori provinciali dovranno svegliarsi e decidere in fretta cosa fare. Daniele Natalia sarà ancora ‘azzurro’ quando si voterà ad Anagni? Rossella Chiusaroli avrà reali possibilità di incidere nei Comuni del cassinate? Ad Adriano Piacentini è stata promessa (da Ottaviani e Mastrangeli) una candidatura alle regionali. Ma in quale lista, di Forza Italia o della Lega?
In Fratelli d’Italia il quadro è unitario. Non ci sono lotte intestine e incertezze. L’inaugurazione del comitato cittadino di ieri ha mostrato il volto di un partito che marcia unito verso l’affermazione della propria leadership anche in Ciociaria. Il senatore e presidente provinciale Massimo Ruspandini (al quale va dato atto di aver gestito l’operazione Frosinone, con Fabio Tagliaferri, senza sbagliare nulla) però, dovrà usare il cesello per piazzare tutti gli uomini al posto giusto. Ma anche per motivare chi potrà essere candidato nei Comuni e chi (i favoriti restano Daniele Maura e Gabriele Picano) alla Regione. La riconferma della candidatura alle politiche per Ruspandini non è in discussione. Fra l’altro le percentuali che FdI ha nei sondaggi annullano l’effetto del taglio di 345 seggi. Per un motivo semplice: il partito della Meloni è accreditato di quasi il triplo dei consensi del 2018. E in costanza delle legge elettorale in vigore di un numero di seggi almeno doppio rispetto a quelli attuali.
Campo largo pieno di insidie. E di trappole.
Nel Partito Democratico saranno tutti in ballo, ma il problema è che ballano sempre gli stessi. Francesco De Angelis cercherà di ottenere una candidatura eleggibile al Senato o alla Camera. Ma non è semplicissimo: nel 2018 gli uscenti Francesco Scalia e Nazzareno Pilozzi furono dirottati fuori provincia e persero. Mentre Maria Spilabotte, uscente anche lei, fu mandata allo sbaraglio a schiantarsi nel maggioritario contro Massimo Ruspandini. Lo stesso De Angelis, nel proporzionale, venne sacrificato per dare spazio a Claudio Mancini. Con 345 seggi in meno sarà ancora più complicato. Mentre alle regionali se la vedranno Mauro Buschini, Sara Battisti e Antonio Pompeo. Faranno le differenza gli accordi che i vari leader prenderanno con i protagonisti locali dei singoli Comuni. De Angelis è un fuoriclasse, ma stavolta l’esercito degli scontenti sarà almeno il doppio di quello dei motivati.
Il Movimento Cinque Stelle può scordarsi le percentuali del 2018, quando vennero eletti tre deputati ciociari: Ilaria Fontana, Luca Frusone ed Enrica Segneri. Con le percentuali odierne al massimo può portare in Parlamento un deputato. La favorita è Ilaria Fontana, sottosegretario alla transizione ecologica, contiana e fedelissima di Vito Crimi. Luca Frusone di mandati ne ha fatti già due e dunque dovrà aspettare le decisioni del Movimento sulle possibilità di un terzo. Ma in ogni caso non è più in pole position da tempo. Stesso identico discorso per Enrica Segneri. Il Movimento prescinde dalle comunali, dove non lascia mai tracce politicamente rilevanti.