Massimo risultato con il minimo sforzo. Senza mancare di rispetto alle corse generose di Garritano e compagni, l’affermazione col minimo scarto (1-0) colta ai danni del Cosenza non verrà annoverata tra le partite memorabili del Frosinone di Grosso. Però il calcio non suole distinguere tra vittorie larghe e striminzite quando si tratta di tradurle in valore numerico. E allora tre punti straordinariamente importanti sono finiti nelle tasche di un Frosinone che ha atteso il round conclusivo per piazzare il colpo del ko.
Il tonfo del Tombolato ha lasciato traccia: la squadra giallazzurra era palesemente intimorita dall’eventualità di un altro risultato negativo. E quando il timore alberga nei cuori, le gambe e la lucidità non possono essere quelle di sempre. Contro un Cosenza votato al sacrificio e all’applicazione severa, il Frosinone ha corso invano, ha sbagliato passaggi in quantità industriale, ha tessuto e sfilato la tela come una Penelope in maglietta e pantaloncini. Prigioniero dei suoi timori, ha regalato sonni tranquilli a Vigorito, che a conti fatti non ha compiuto una sola parata degna di questo nome.
A 110 metri da lui Minelli, chiamato a difendere i pali da Grosso, ha risposto presente in modo forte e chiaro: due interventi decisivi, nel primo tempo, per scacciare i fantasmi di un’altra corsa in salita. Il copione stavolta l’ha scritto un regista poco incline ai colpi di scena. Più che due squadre ispirate, Frosinone e Cosenza somigliavano ai personaggi in cerca d’autore di pirandelliana memoria. Attente a distruggere più che a costruire, hanno esplicitato le loro ansie attraverso corse poco proficue e idee morte sul nascere.
Se il calcio fosse una scienza esatta, avrebbe consegnato agli archivi del torneo cadetto uno 0/0 impalpabile e grigio. Il calcio, però, è la scienza meno esatta del mondo e si diverte a disattendere le premesse come un pennarello indisciplinato. Così Tribuzzi, che molta parte della gara l’aveva guardata seduto in panca, pensando magari alla guerra, alle bollette e al freddo pungente di un marzo acerbo, entra e guadagna un penalty grazie a un’azione finalmente risoluta e risolutiva. Charpentier, professione bomber, deve superare indenne i 50 secondi che l’arbitro dedica alle raccomandazioni di non infrangere il regolamento. Quando finalmente tutti sanno come attenersi alle procedure che un calcio di rigore impone agli occupanti il rettangolo di gioco, Charpentier può prendere una rincorsa non esagerata e calciare il pallone basso, potente e preciso, nell’angolo opposto a quello ipotizzato da Vigorito.
Già, Vigorito l’aveva immaginato diverso il suo ritorno allo Stirpe, ma deve suo malgrado somigliare al portiere della celebre poesia di Umberto Saba, “caduto alla difesa ultima vana”. A Charpentier gli abbracci e l’urlo di uno Stirpe non ancora pieno come il Frosinone meriterebbe. La zona playoff c’è, il sogno di qualcosa di più pure, ma occorre crescere, in lucidità e concretezza. Ad Ascoli per saperne di più.