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Egato, la vittoria fragile di Buschini. FdI rimane fuori, Lega in confusione

Licandro Licantropo
Sia Francesco De Angelis che Antonio Pompeo, hanno dimostrato di saper motivare le truppe e hanno messo in cassaforte un risultato prezioso per una serie di altri appuntamenti. Innanzitutto le regionali: Sara Battisti e Antonio Pompeo sono adesso liberi di sfidarsi senza un ingombrante terzo incomodo.
Dicembre 8, 2022
Daniele Leodori

Il problema delle assemblee dei sindaci è che sono costituite da amministratori eletti in tempi “sfalzati”: uno, due, tre o anche quattro anni fa. Di conseguenza i rapporti di forza non sempre corrispondono ai reali (e attuali) equilibri politici.

Da questa considerazione si deve partire per analizzare ciò che è successo ieri, con l’elezione di Mauro Buschini alla presidenza dell’Egato, il nuovo ente che dovrà occuparsi dei rifiuti. Lo hanno votato 63 amministratori su 91: il lavoro di pressing effettuato nella notte precedente da Francesco De Angelis, Antonio Pompeo ed Enzo Salera si è rivelato efficace. Ma non c’erano soltanto sindaci del Pd a indicare Buschini. Alcuni erano “civici”, altri vicini al centrodestra, altri ancora a fare le prove generali in vista del 18 dicembre, quando si dovrà votare per il presidente della Provincia. E’ stata una vittoria netta, ma fragile.

DI TUTTO, DI PIU’

Sia Francesco De Angelis che Antonio Pompeo hanno dimostrato di saper motivare le truppe e hanno messo in cassaforte un risultato prezioso per una serie di altri appuntamenti. Innanzitutto le regionali: Sara Battisti e Antonio Pompeo sono adesso liberi di sfidarsi senza un ingombrante terzo incomodo. In realtà si sapeva da mesi che sarebbe andata a finire in questo modo, da quando era apparso evidente a tutti che in Pensare Democratico la frattura tra Buschini e Battisti era diventata irrecuperabile e rischiava di inceppare i meccanismi rodati. Bravo, come al solito, il presidente del Consorzio industriale regionale, a trovare la soluzione giusta supportato dalla mediazione di Daniele Leodori.

Il Partito Democratico conferma di avere la maggioranza in questo tipo di competizioni. Il centrodestra, pur non partecipando nella stragrande maggioranza dei suoi componenti, ha mostrato una divisione cronica. Fratelli d’Italia ha scelto una linea politica, indicata dal segretario regionale Paolo Trancassini e diffusa sul territorio dal coordinatore provinciale Massimo Ruspandini: niente legittimazione ad un’operazione fuori tempo massimo, concepita per esigenze elettorali e al di fuori dell’ordinaria amministrazione alla quale dovrebbe attenersi una giunta a fine mandato. Tanto più che tra due mesi si vota.

La Lega alla fine ha chiesto il rinvio: il segretario provinciale Nicola Ottaviani non poteva fare altro dopo essersi reso conto delle differenti posizioni che c’erano all’interno. Gianluca Quadrini però non si è adeguato e ha fatto nominare nel consiglio direttivo Simona Girolami, assessore di Fiuggi. E’ venuto giù il mondo. Il senatore e coordinatore regionale Claudio Durigon ha scatenato l’inferno, Nicola Ottaviani ha preso carta e penna per ufficializzare che Quadrini e Girolami non fanno più parte del Carroccio.

Nei prossimi giorni vedremo se ci saranno anche dei provvedimenti ufficiali.
Fatto sta che la gestione in casa leghista è stata piuttosto maldestra. Gli accordi raggiunti da Mastrangeli e Ottaviani nella notte erano altri e non puntavano certo all’astensione. E il candidato presidente alla provincia Mastrangeli non si è risparmiato nemmeno la brutta figura di contarsi per il rinvio (respinto) annunciando la contrarietà di cinquanta colleghi sindaci e prendendosi una sonora bocciatura che ha impietosamente smentito i suoi numeri.
Forza Italia ha sbandato non poco prima di decidere per l’astensione. Ancora una volta il centrodestra ha dimostrato di non essere una coalizione e fin quando le cose non cambieranno è destinato a perdere sul terreno degli enti intermedi. Però si è dovuto tenere conto anche degli schieramenti per le provinciali: Fratelli d’Italia e Forza Italia con Luigi Germani, la Lega con Riccardo Mastrangeli.

LE REGIONALI

Da giorni la Lega è in pressing. Il senatore e coordinatore regionale Claudio Durigon ha detto all’Adnkronos: “La proposta sul nome del Governatore spetta a Fratelli d’Italia, spero che arrivi il più presto possibile”. Gli ha risposto il consigliere regionale di FdI Giancarlo Righini, assicurando che il candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio verrà ufficializzato il 15 dicembre, primo dei tre giorni di celebrazione del decennale di Fratelli d’Italia.

I nodi però non sono stati sciolti e i nomi restano tutti: il deputato Paolo Trancassini e l’europarlamentare Nicola Procaccini appaiono in vantaggio: entrambi hanno le “stimmate” degli amministratori locali, avendo ricoperto il ruolo di sindaco. Trancassini di Leonessa, Procaccini di Terracina. Ma ci sono sempre altre ipotesi, a cominciare dai deputati Chiara Colosimo e Fabio Rampelli.

Quindi il presidente nazionale della Croce Rossa Francesco Rocca. Gli alleati premono e Fratelli d’Italia lo sta tenendo presente. Ma il Lazio è troppo importante a livello nazionale per poter sbagliare ancora le mosse. In questo momento Giorgia Meloni è impegnata su più fronti a livello di Governo, tra una settimana potrebbe avere il tempo e gli spazi per sciogliere definitivamente la riserva. Dopo due vittorie consecutive di Nicola Zingaretti c’è la determinazione a interrompere il predominio del Pd.

L’ADDIO DI POMPEO

Sono giorni di amarcord per Antonio Pompeo. Ieri ha presieduto l’ultima assemblea dei sindaci del suo doppio mandato.  Martedì, in occasione del novantaseiesimo compleanno della Provincia di Frosinone, aveva voluto effettuare un bilancio dei suoi otto anni. Rivendicando il merito di aver ridato piena centralità ad un ente che in tanti avrebbero voluto cancellare. Contemporaneamente ha annunciato che è ben avviato l’iter per reintrodurre l’elezione diretta del presidente e dei consiglieri. Si tratta di un tema molto caro al centrodestra. Molti sindaci e amministratori, però, hanno ritenuto di non essere presenti, probabilmente perché il 18 dicembre (giorno delle elezioni) sono schierati in coalizioni diverse. Un errore “istituzionale” sotto ogni punto di vista.

Soprattutto da parte di Luca Di Stefano. Uno che ambisce a guidare l’ente non può snobbarne così platealmente la storia. Perchè tutti dovrebbero ritrovarsi uniti sotto le bandiere del territorio. In secondo luogo Pompeo ha sempre messo al centro gli amministratori senza guardare all’appartenenza di partito. Infine, l’obiettivo di battersi per riportare le Province al “primo livello” dovrebbe accomunare tutti.

La legge Del Rio spinge inevitabilmente a coalizioni trasversali perché di questi tempi nessuno ha più la maggioranza da solo e le tensioni negli schieramenti sono costantemente altissime. C’è già chi sventola possibili crisi nei Comuni di Frosinone e Cassino perché all’interno delle rispettive maggioranze ci sono posizioni differenti sulle provinciali. Anche se iniziative di rottura del genere non avrebbero senso alcuno, se non quelle di mettere a rischio delle Amministrazioni che hanno come compito quello di risolvere i problemi delle città. In ogni caso ci siamo: il 18 dicembre è dietro l’angolo e poi, sulla base dei risultati, vedremo gli effetti.

Nel 2014, otto anni fa, Antonio Pompeo fu eletto presidente al termine di un confronto tutto interno al Partito Democratico, contro Enrico Pittiglio. Già allora alleanze e schieramenti erano in ordine sparso, ma nessuno si meravigliò più di tanto perché il profilo delle Province era appena stato stravolto. Niente più elezione diretta, niente giunta, niente indennità, taglio drastico del numero dei consiglieri, del personale e delle risorse finanziare. Si è andati avanti sempre lungo questa falsariga trasversale.

Quest’anno invece, specialmente nel centrodestra, c’è aria di scontro totale e irreversibile. Forse per evitare di prendere atto che la politica è cambiata. E, con essa, le percentuali dei singoli partiti.

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