Un vincitore prevedibile, una vincitrice inattesa. Wimbledon 2022 si è concluso nel segno di Nole, il grande favorito, pagato meno di 2,00 già a inizio manifestazione. La seconda quota più bassa era quella di Matteo Berrettini, vincitore a Stoccarda e al Queen’s e finalista dell’anno precedente. Il Covid lo ha però estromesso ancor prima di cominciare e per Djokovic si è spalancata un’autostrada. Quando anche la seconda alternativa indicata dai quotisti a inizio torneo, Rafa Nadal, si è arresa per un infortunio rinunciando alla semifinale, è parso chiarissimo l’orientamento degli dei che presiedono alle tennistiche vicende. L’ultimo atto è stato se non altro pittoresco, perché dall’altra parte della rete il serbo si è trovato il meno omologato dei tennisti professionisti, quel Nick Kyrgios che in carriera è stato più la sregolatezza che il genio, sebbene un po’ tutti giurino sul suo talento esagerato. C’era in verità un dato statistico curioso a creare un briciolo d’incertezza, perché l’australiano era in vantaggio 2/0 negli scontri diretti. Il primo set è stato un inno ai possibilisti, col solito Djokovic versione diesel e l’estroso canguro ben contento di rubargli la scena. Anche stavolta però il serbo ha ritrovato presto le sue trame vincenti, avviluppando Kyrgios in schemi a lui non congeniali e contenendone per quanto possibile l’esuberanza nei turni di servizio. Con precisione, pazienza, sagacia e tante altre virtù, Novak ha tessuto la tela del suo settimo trionfo, arrivato in coincidenza con il tiebreak del quarto set. Dal primo break subito da Kyrgios all’ultimo punto del match il copione è stato quello più prevedibile, perché nei tornei 3 su 5 è davvero difficile che uno come Kyrgios possa battere Djokovic. Al serbo va il settimo trofeo londinese, che è anche il suo 21esimo slam. A noi resta l’illusione di quel 2/0 scritto da Sinner al cospetto del futuro re e con essa la consapevolezza che il tempo scorra in favore del nostro, per quanto integro e longevo possa essere Nole. Tra le donne è davvero singolare che nel torneo vietato ai russi abbia vinto una moscovita. Il passaporto kazako è stato il volano che ha consentito ad Elena Rybakina l’inattesa conquista. In finale, Jabeur sapeva di portare sulle spalle il sogno di una nazione e fors’anche di un continente. La tunisina dal braccio fatato non ha retto a tanta tensione e, dopo un buon primo set, ha alzato il numero degli errori, proprio mentre la principessa diafana innalzava il suo livello di gioco. Così, a dispetto di qualche tocco davvero improvvido dalle parti della rete, Elena ha preso a comandare, muovendo Ons e sottoponendola a rincorse poco gradite e poco congeniali. Poi un’esultanza misurata, quasi avesse vinto un 250 qualunque. E ai microfoni del dopo gara un sacro terrore di sbagliare, di commettere un errore che non costasse soltanto “un quindici”. La principessa diafana centellina la gioia o forse se la tiene per sé. Di certo è un successo poco annunciato, con Swiatek, Kontaveit, Kvitova, Sakkari, Gauff ed altre che alla vigilia sembravano più attrezzate e più pronte. L’erba ha scelto però una regina inattesa e il suo giudizio è insindacabile. Intanto una buona notizia per il tennis azzurro: il torneo di Napoli, in programma dal 16 al 23 ottobre, sarà valido come ATP 250. L’assenza di Mosca consentirà il salto di qualità alla rassegna campana, che peraltro si giocherà sul veloce, con sacrificio della tradizionale terra battuta.