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A proposito di Governo, Regione Lazio e presidenza della Provincia

Licandro Licantropo
Giovedì prossimo al Teatro Brancaccio Alessio D’Amato potrebbe annunciare la volontà di candidarsi alle regionali anche dopo lo stop imposto da quadrumvirato Letta-Boccia-Zingaretti-Astorre.
Novembre 7, 2022
Alessio D'Amato, assessore alla sanità Lazio

Che Giuseppe Conte lanci un monito al ministro della Difesa Guido Crosetto affinché l’invio di ulteriori armi all’Ucraina passi per il Parlamento fa davvero sorridere. Il Movimento Cinque Stelle, quando (fino all’altro ieri) sosteneva il Governo Draghi, ha votato tutti i provvedimenti per dare a Kiev sostegno militare. Inoltre, negli anni precedenti Conte era stato premier con l’appoggio prima di Matteo Salvini e poi di Nicola Zingaretti. Adesso si scopre “talebano” di una pace che per lui significa resa incondizionata dell’Ucraina alla Russia. Lo fa per cavalcare il dissenso, per scavalcare il Pd a sinistra e per cercare di spaccare la maggioranza di centrodestra in aula, confidando nelle posizioni di Lega e Forza Italia. Crosetto non si è scomposto e ha risposto che questo Governo passerà sempre per le Camere. 

Le manifestazioni di ieri, ben sintetizzate nel titolo “la guerra dei pacifisti”, hanno evidenziato la spaccatura delle opposizioni. Carlo Calenda era a Milano a cantare Bella Ciao, a Roma la piazza era tutta dei Cinque Stelle, con il Pd subalterno al punto da dover prendere atto dei fischi ad Enrico Letta. Il quale però continua a rincorrere Conte per cercare accordi in vista delle regionali del Lazio e della Lombardia. Siamo ben oltre la sindrome di Stoccolma.

UNA POLVERIERA CHIAMATA D’AMATO

All’interno del Pd Base Riformista ha alzato la voce, mettendo sull’avviso Letta e criticando la posizione di Zingaretti. Per gli ex renziani rimasti nei Democrat nel Lazio una candidatura alla presidenza della Regione esiste ed è quella dell’assessore alla sanità. Su D’Amato si sono espressi positivamente Carlo Calenda e Matteo Renzi. Giovedì prossimo al Teatro Brancaccio lo stesso Alessio D’Amato potrebbe annunciare la volontà di candidarsi anche dopo lo stop imposto da quadrumvirato Letta-Boccia-Zingaretti-Astorre. Proprio Zingaretti è tra i più “sfegatati” tifosi dell’asse con i Cinque Stelle di Giuseppe Conte, ma questa trattativa infinita ha già sfibrato il partito. Costringendo Daniele Leodori in panchina e innervosendo Alessio D’Amato. Sorprende che si cerchi di bypassare completamente la questione del termovalorizzatore di Roma, posta sul tavolo nei mesi scorsi dal sindaco Roberto Gualtieri (Pd). E’ stata la miccia che ha dato fuoco alla polveriera di incomprensioni e i Cinque Stelle di Conte hanno preso la palla al balzo per sfiduciare Mario Draghi. Il Partito Democratico però va avanti come se niente fosse e senza prendere atto che questo atteggiamento non soltanto ha sepolto il Campo largo ma ha destabilizzato il partito dall’interno. Enrico Letta sarà segretario per pochi mesi, Nicola Zingaretti è già “incompatibile” come presidente della Regione. Eppure si stanno prendendo loro la responsabilità di impostare una campagna elettorale perdente nel Lazio.

COSA SUCCEDE IN CIOCIARIA

Tra i tanti appuntamenti dei prossimi mesi c’è anche l’elezione del presidente della Provincia, dopo gli otto anni di Antonio Pompeo alla guida. Il centrodestra non ha mai vinto da quando c’è la legge Delrio, anzi non è stato neppure competitivo. C’era un tacito accordo, basato su quella che si definisce un’intesa tra gentiluomini, sulla possibile candidatura del sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli. Eletto a giugno con il sostegno di una coalizione forte e ampia. Mastrangeli in campagna elettorale aveva scelto una connotazione civica. La cosa migliore per favorire una ricomposizione del centrodestra che non era semplice dopo l’estromissione di Fratelli d’Italia (Fabio Tagliaferri) dalla giunta Ottaviani. FdI aveva fatto prevalere il senso di responsabilità e di squadra: Mastrangeli ha rappresentato il punto di equilibrio e di garanzia. A settembre però, poche ore prima del voto per le politiche, il sindaco del capoluogo ha girato un video per invitare gli elettori a barrare il simbolo della Lega. In quel momento il quadro della campagna elettorale e dei primi mesi di governo del capoluogo è andato in mille pezzi. Come doveva prenderla Fratelli d’Italia? In politica le coalizioni si costruiscono su equilibri e bilanciamenti di forze. Se vengono alterati, come in questo caso, come minimo uno si aspetta iniziative per ricomporre la situazione. Invece dalla Lega non è arrivato nulla. Come se al Comune di Frosinone l’apporto di Fratelli d’Italia non fosse stato decisivo. Spetterebbe al Carroccio riunire la coalizione e cercare di ricomporre gli equilibri su basi rinnovate. Non è successo e difficilmente succederà. Fratelli d’Italia non deve dimostrare nulla, lo ha già fatto, proprio in occasione delle elezioni comunali nel capoluogo.

Per la presidenza della Provincia si vedrà, ma in passato (2014) Forza Italia di Mario Abbruzzese e Nicola Ottaviani ha deciso di appoggiare Antonio Pompeo, del Pd. Sempre Forza Italia di Mario Abbruzzese e Nicola Ottaviani fu decisiva per la prima vittoria di Francesco De Angelis (Pd) alla presidenza del Consorzio Asi. In entrambe le occasioni venne sottolineato come negli enti intermedi non è proprio necessario che siano rispettati gli schieramenti di coalizione, che bisogna dare la priorità all’amministrazione. Potrebbe succedere anche stavolta? Può darsi. Dipenderà moltissimo dal centrodestra, nel quale però dovrà essere la Lega a prendere l’iniziativa cercando di essere convincente. Fratelli d’Italia è di gran lunga il primo partito in Italia, nel Lazio, in Ciociaria, a Frosinone. Alla Provincia votano sindaci e consiglieri. Ma cosa cambia davvero sul piano politico? Nulla. Le elezioni comunque non finiscono alla Provincia…

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