Ormai sembra quasi un copione consolidato. Le difficoltà di lettura di Djokovic a inizio match autorizzano a pensare che il serbo sia di fronte a una giornata no e che l’avversario di turno possa approfittarne in modo adeguato. Le facce di Ivanisevic e degli altri componenti l’angolo sembrano confortare l’ipotesi e l’interlocutore di turno proietta il suo sguardo verso infiniti orizzonti di gloria. Poi, d’incanto, Nole fa Nole e diventa una spietata macchina da punti, con buona pace di chi si preparava a celebrare la rivoluzione. Anche Cameroon Norrie, eroe di casa, ha prodotto la grande illusione: bravo, molto bravo, nel primo set. Djokovic non pervenuto, se non in forma di ologramma. Punteggio 6/2, sproporzione nei vincenti, negli errori non provocati, nelle prime di servizio e in ogni altra voce che possa rappresentare una chiave di lettura. Si affannano gli statistici, i tecnici, i tifosi, sembrano sbalorditi persino i giudici di linea. Il solo impassibile è lui, il serbo che ha visto la guerra e forse per questo non può aver paura di un primo set andato male. E il copione cambia, stavolta senza ansie supplementari, toilet break e ulteriori prodezze dell’avversario. Finisce 3/1, e non c’è più un solo momento in cui il risultato appaia in discussione. A conti fatti, e in attesa della finale, il solo capace d’insidiare la vittoria di Nole è stato un ventenne dai capelli rossi, che a Wimbledon tornerà con la certezza di poter riscrivere il finale. Finale, parola che emoziona e avvince anche quando a disputarla sono due esordienti. Per la prima volta nella loro vita Ons Jabeur e Elena Rybakina si giocano il successo in un Major. Nel caso della russa, ora kazaka, Rybakina, nata a Mosca nel 1999, c’è anche la giovane età quale causa giustificativa della mancata gloria in archivio. Per Jabeur la relativa mobilità e una certa incostanza sono invece le matrici di una carriera eccellente, ma non superlativa, come la sensibilità di tocco avrebbe potuto autorizzare. Ora sono di fronte per un’occasione che, specie per la tunisina, potrebbe non ripresentarsi. Conterà pertanto la capacità di esprimere il miglior tennis, a dispetto di una pressione psicologica enorme. Se Rybakina costringerà Jabeur a rincorrere affannosamente i suoi dritti ad alta velocità, le sue chances di successo saranno molto consistenti. Una Jabeur capace di condurre le danze, coi piedi ben saldi dentro il campo, potrebbe invece mettere le mani sul trofeo. Al di là delle preferenze e delle simpatie, suscita curiosità l’ipotesi di un successo di Rybakina, perché una moscovita che trionfi nel primo Wimbledon vietato a russi e bielorussi sarebbe davvero un paradosso, o forse una nemesi per chi ha messo dietro la lavagna atleti con il solo torto di essere nati nel posto sbagliato. Chiusura col doppio femminile, che ha promosso all’ultimo atto la coppia ceca Krejcikova-Siniakova e quella cinese-belga composta da Zhang e Mertens. Facile la semifinale delle prime, più complessa quella delle seconde, ma in finale ci sarà equilibrio.