A 21 anni dalla morte di Gianni Agnelli la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha battuto un colpo, a babbo quasi morto o comunque in rianimazione, verrebbe da dire guardando alla situazione dello stabilimento di Piedimonte San Germano e dei siti italiani in genere. Ieri, nel corso del question time alla Camera, ha affermato di aver avuto più volte «il coraggio di criticare alcune scelte fatte dalla proprietà e dal management del gruppo quando queste si sono rivelate distanti dagli interessi italiani». Ad esempio per lo «spostamento della sede fiscale e legale fuori dai confini nazionali, all’operazione di presunta fusione tra Fca e il gruppo francese Psa che celava l’acquisizione francese dello storico gruppo italiano, tanto che oggi nel cda di Stellantis siede un rappresentante del governo francese. Non è un caso se le scelte industriali del gruppo tengono in considerazione molto più le istanze francesi rispetto a quelle italiane».
I numeri parlano chiaro – ha spiegato la premier -: «Siamo passati da oltre un milione di auto prodotte nel 2017 a meno di 700 mila nel 2022».
«Se si vuole vendere un’auto sul mercato mondiale pubblicizzandola come un gioiello italiano, allora quell’auto deve essere prodotta in Italia» – ha aggiunto – ed invece la delocalizzazione ha già prodotto la perdita di oltre 7.000 posti di lavoro dal 2021 a oggi.
La presidente del Consiglio ha detto di voler instaurare un rapporto equilibrato con Stellantis. Ha, quindi, ricordato, che è stato sottoscritto un protocollo di intesa tra il Mimit e l’associazione della filiera dell’automotive, è stato istituito un tavolo permanente per lo sviluppo del settore. Inoltre, sono stati previsti incentivi come l’ecobonus per sostenere la domanda e misure di sostegno per attrarre nuovi investitori e nuovi costruttori. L’obiettivo, ha concluso la premier -, è «tornare a produrre in Italia almeno un milione di veicoli all’anno con chi vuole investire davvero sulla storica eccellenza italiana».
Stellantis ha diffuso una nota in cui ricorda come nel 2023 in Italia sono stati prodotti oltre 752 mila veicoli, con una crescita del 9,6% rispetto al 2022; il 63% dei veicoli prodotti lo scorso anno negli stabilimenti dello Stivale sono stati esportati all’estero contribuendo alla bilancia commerciale italiana. Stellantis ha infine evidenziato alcuni investimenti miliardari effettuati in Italia per la creazione di nuovi siti e nuovi prodotti.
Ma la vera filosofia offensiva ed arrogante del gruppo francese è emersa dalle parole del Ceo Carlos Tavares: «Se il governo vuole introdurre una concorrenza a Stellantis in Italia, lo faccia, è una loro scelta. Noi siamo pronti a lottare, ma poi se la lotta sarà molto dura, bisogna essere anche pronti alle conseguenze», ha scandito minacciando in pratica l’esecutivo. «Noi siamo pronti a competere, poi valuteranno se e’ una scelta giusta», ha aggiunto.
Il ceo del gruppo francese ha poi polemizzato ancora: «In questo momento stiamo investendo moltissimo nelle gigafactory, tre sono in Europa di cui una in Italia a Termoli, dove stiamo trasformando lo stabilimento in una gigafactory. E cosa otteniamo? Critiche. Non credo che i dipendenti italiani lo meritino». Incontrando la stampa allo stabilimento di Atessa (Chieti) si è poi autolodato, ovviamente: «Quello che facciamo è straordinario, quello che fanno i nostri dipendenti è straordinario: (…) siamo desiderosi di proteggere i nostri stabilimenti italiani. Il dialogo con il governo continuera’, siamo aperti a farlo. Non c’e’ alcuna demagogia da parte nostra. Quello che ha deciso Ue e’ che noi dobbiamo assorbire i costi extra dell’elettrico e non ci si puo’ aspettare che lo facciamo senza che noi introduciamo dei cambiamenti all’interno delle nostre aziende».
Ma i fatti di Stellantis sono molto più interessanti delle chiacchiere di Tavares. L’ex ministro Carlo Calenda, nonché leader di Azione, in un’intervista concessa a “Il Messaggero” ha affermato di essere «in possesso di una lettera che Stellantis ha inviato ai fornitori italiani, decantando le opportunità di spostare gli investimenti in Marocco», segnalando che «le fabbriche italiane, a cominciare da Mirafiori, si vanno desertificando. La fuga dall’Italia continua sempre di più». E il ministro Urso chiede “una smentita” da parte dell’azienda alla lettera che oltretutto contiene un programma da trascorre a Rabat e un depliant sulle agevolazioni che il Paese del Nord Africa propone a chi si trasferisce lì. Una «smentita alla lettera che circola sullo spostamento della produzione in Marocco, che sarebbe in palese contraddizione su quello che Stellantis dice di voler realizzare nel nostro Paese».
Ma bisogna essere ciechi per non prendere atto e agire di conseguenza di fronte al fatto che dalla sua nascita Stellantis ha licenziato 7.500 lavoratori italiani e oggi un simbolo dell’auto italiana, la 600 Fiat, viene costruita in Polonia, la Topolino in Marocco e chi più ne ha più ne metta. Nel solo sito di Piedimonte san Germano, dopo Dopo la pausa estiva, i lavoratori hanno trovato interi reparti smantellati, come, ad esempio, il fabbricato di Lastratura numero 6, i due fabbricati ex-ITCA, parte del montaggio 7 ed entro l’anno l’azienda sono stati smantellati i reparti di Finizione, CDC Interno, Verniciatura Nuova e reparto Alfa Romeo. I fatti sono chiari ed evidenti. Lo Stato intervenga. Altro che Tavares e francesi, esaltati dagli agiografi di giornali e blog servizievoli. Urge una svolta pur essendo già tardi, visto che l’assalto predatorio ha già quasi completato la sua opera.