Lorenzo Sonego ha ritrovato la sua proverbiale grinta, la voglia di lottare, di pescare nel serbatoio delle energie e dei colpi anche quando la logica ti dice che il punto è finito. Una versione convincente di Sonego ha spazzato via le ambizioni di Gaston, tennista senza troppi centimetri, ma con una smisurata fantasia. Il Santoro dei giorni nostri ci ha provato eccome a ribaltare le gerarchie, a destabilizzare le certezze di Lorenzo: lob millimetrici, smorzate, attacchi in controtempo, risposte al veleno. Dall’altra parte però il torinese ha tenuto botta, rispondendo con il conforto dell’estro ritrovato. La bella notizia è che Sonego è tornato Sonego, con buona pace delle alchimie di Gaston. La meno buona è che al terzo turno avrà Nadal, che anche con Berankis non è sembrato il miglior Nadal ma ciononostante è, fino a prova contraria, il vincitore dei due Major già archiviati in questo 2022, l’Open di Australia e il Roland Garros. Il maiorchino si porta dietro dubbi, acciacchi e in questo caso anche un’attitudine non straordinaria alla superficie (suona strano dirlo per uno che a Wimbledon ha vinto due volte, eppure è così). Però se li porta dietro con tale e tanta energia da trasformare i dubbi in certezze, gli acciacchi in motivazioni e la scarsa attitudine in una sfida. Perché di Rafa Nadal ce n’è uno, un unicum non ripetibile fatto di ferocia agonistica, dedizione, talento e una forza erculea, persino più forte del dolore. Sonego avrà dalla sua la leggerezza, sperando non diventi insostenibile come quella dell’essere di Teresa e Tomas. Usciamo dalla letteratura e rientriamo nel magico circolo londinese, austero quanto basta per generar soggezione e magico quando la pallina viene colpita da illuminati artisti. Della categoria ambisce a far parte Jannik Sinner, venti anni che ora son quasi ventuno, una cascata di capelli rossi e disordinati, 5 tornei ATP già vinti, due quarti nei Major e tanta voglia di diventare il numero uno. Jannik sa che sull’erba non puoi risolvere ogni teorema tirando bordate da laggiù è così va a rete, non proprio di rado, sfruttando i consigli del nuovo arrivato Cahill, esperto del settore. Le sue volèe sono sempre più convincenti e il suo gioco si sta arricchendo gradualmente, magari con piccolo ma inevitabile sacrificio della definitività di certi colpi senza un domani. Sinner picchia sempre, ma picchia un po’ meno di quando sembrava un supereroe dei cartoons. Sa che per vincere bisogna tenerla dentro spesso, quasi sempre, e si è adeguato, visto che lui vuole anzitutto vincere. Stavolta dall’altra parte della rete ci sarà Long John Isner, lungo come una domenica senza calcio, che per superare il primo turno ha impiegato 5 set e… 54 ace. Deve esser strano quando su Londra non piovono gocce ma palline viaggianti a 230 km. Strano e persino un po’ frustrante, ma non per chi è altoatesino, caparbio il giusto e spaventato per nulla. “Avró delle occasioni e dovrò sfruttarle” ha sentenziato Jannik, ispirato dalla sua saggezza precoce. Quando quella gragnuola di colpi sarà meno spietata e precisa, Sinner dovrà cercare il break. Se non ci riuscirà, dovrà provarci nel tiebreak. L’ultimo confronto tra Sinner e Isner è finito 6/2 6/0, ma quello era un Isner troppo brutto per essere vero. Oggi sarà altra storia. Nel giorno dell’uscita di scena di Shapovalov, ha corso più rischi del previsto Iga Swiatek, la regina del tennis. L’attentato alla sovranità l’ha compiuto Lesley Pattinama Kerkhove, carneade del circuito ma brava a non ricordarselo per due ore di ballo in maschera. La scarpina l’ha indossata Iga, 37 di fila e regno salvo, ma la ragazza dei Paesi Bassi che per due set e mezzo sembrava Monica Seles, può ripartire da qui: sogno di un pomeriggio di prima estate.