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Sondaggi di lotta e… di governo. Zingaretti volteggia e si smarca in Ciociaria. Il centrodestra rischia di non cogliere l’attimo

Licandro Licantropo
Il centrodestra rimane ampiamente davanti, vicino al 50%. Ma Fratelli d’Italia quasi doppia la Lega, gli “azzurri” sono lontani dalla doppia cifra. Non si capisce davvero su quali basi, nel caso i sondaggi fossero confermati dal voto reale, non dovrebbe essere affidato a Giorgia Meloni l’incarico di formare il nuovo governo.
Agosto 31, 2022
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Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio

Il sondaggio di Euromedia Research per Porta a Porta è assai indicativo soprattutto per un motivo: l’istituto diretto da Alessandra Ghisleri solitamente… ci prende. Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni sfiora il 25%: si attesta al 24,6%, guadagnando un punto rispetto alla precedente rilevazione. Al secondo posto il Pd con il 23,1%, in crescita lieve con riferimento al precedente 22,8%. Poi arrivano le sorprese, perché al terzo posto c’è sì la Lega di Matteo Salvini con il 12,5% (flette di due punti), ma sarebbe tallonata dal Movimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte, testato al 12,3% (a fine luglio era a 9,2%). Quindi il Terzo Polo (Azione e Italia Viva) di Carlo Calenda e Matteo Renzi: 7,4%. Davanti a Forza Italia di Silvio Berlusconi (7%). Al 3,1% l’alleanza Sinistra-Verdi, poco sotto il 3% Italexit di Gianluigi Paragone, Noi Moderati al 2%, +Europa all’1,5%, Impegno Civico all’1%.

I RAPPORTI DI FORZA

Il centrodestra rimane ampiamente davanti, vicino al 50%. Ma Fratelli d’Italia quasi doppia la Lega, gli “azzurri” sono lontani dalla doppia cifra. Non si capisce davvero su quali basi, nel caso i sondaggi fossero confermati dal voto reale, non dovrebbe essere affidato a Giorgia Meloni l’incarico di formare il nuovo governo. Il Pd è secondo partito ma non tiene il passo di FdI. La strategia dei Cinque Stelle (“tutti contro di noi” ripete Conte venti volte al giorno) pare funzionare, Calenda e Renzi possono toccare il 10% e inevitabilmente sono nelle condizioni di togliere consensi sia alla Lega che a Forza Italia. L’alleanza di centrosinistra semplicemente non ha gli spazi per competere. La questione della leadership di Enrico Letta nel Pd si aprirà il 26 settembre. Con quali esiti è tutto da vedere.

IL DRIBBLING DI ZINGARETTI

In un’intervista al Corriere della Sera sulla notte di Frosinone il Governatore del Lazio Nicola Zingaretti, candidato alla guida del proporzionale a Roma ha dichiarato: “Ruberti in questi anni è stato un ottimo dirigente pubblico, stimato da tutti per la sua onestà e capacità. Con quello scatto d’ira ha commesso un grande errore, lo ha ammesso lui stesso e se ne è assunto la responsabilità. Ora ci sono i dovuti accertamenti, ma attenzione a non alzare polveroni. Noi, di fronte al minimo sospetto, abbiamo disposto per primi verifiche nella Asl dalle quali è emersa la totale correttezza delle procedure”. Zingaretti sa bene che sullo sfondo di quella vicenda c’è un quadro politico molto chiaro: la “guerra tra le correnti” nel Pd romano e in parte laziale, che si è già estesa anche alla scelta del candidato alla presidenza della Regione Lazio. Una situazione che non è stata gestita, considerando la levatura dei nomi in campo: Daniele Leodori, Alessio D’Amato, Enrico Gasbarra. Adesso dipenderà tutto dal risultato del Pd il 25 settembre. Non solo quello nazionale, ma anche nel Lazio e, in particolare, nella provincia di Frosinone. Se i Dem reggeranno in Ciociaria, allora Pensare Democratico di Francesco De Angelis potrà provare a rialzarsi. Se viceversa ci sarà un crollo, allora sarebbe tutto in discussione: dalle candidature alle regionali (comprese quelle di Sara Battisti e Mauro Buschini) alla guida della federazione. Nel frattempo c’è una sorta di tacita tregua (per molti versi inspiegabile) tra le correnti di De Angelis e quella di Pompeo.

IL CENTRODESTRA DISTRATTO

La risposta delle segreterie provinciali dei tre partiti è più o meno la stessa: Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia), Nicola Ottaviani (Lega), Claudio Fazzone (Forza Italia) sono impegnati nella campagna elettorale e fino al 25 settembre non si parlerà d’altro. Dove per “altro” ci sono la presidenza della Provincia, la partita degli enti intermedi e più in generale l’assetto del potere politico della Ciociaria. Dopo il 25 settembre, però, ci saranno le regionali. Altrettanto fondamentali e importanti. Il fatto è  che l’aspetto locale non può continuare ad essere posticipato sine die. Per decenni il centrosinistra ha avuto una supremazia politica assoluta perché appuntamenti come il rinnovo di enti quali Saf, Asi e Cosilam è venuto costantemente al primo posto. Anche quando altrove si perdeva. Francesco De Angelis, e per un lungo periodo Francesco Scalia, non hanno mai perso di vista la dimensione locale. Sapendo che le elezioni provinciali sono determinanti. Tanto è vero che con l’unica eccezione della vittoria di Antonello Iannarilli, il centrodestra non ha mai toccato palla. Né quando c’era l’elezione diretta né con l’avvento della legge Delrio. Se Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia continueranno a snobbare certi appuntamenti politico, confidando nella logica dell’ultimo minuto (storicamente perdente) per indicare candidati e liste, allora perfino il probabile successo alle politiche potrebbe non bastare. Il Partito Democratico è in un momento di seria difficoltà perché è venuta meno la compattezza dell’area di Francesco De Angelis. Inoltre in questo territorio la politica delle alleanze è più precaria che a livello nazionale o regionali. Intanto perché il Movimento Cinque Stelle sul piano politico ed elettorale non esiste. In secondo luogo è andata in frantumi l’intesa con i Socialisti di Gian Franco Schietroma, come si è visto alle comunali di Frosinone. Se il centrodestra non si rende conto che l’attimo va colto rischia di vanificare una congiuntura mai così favorevole. Proseguire al meglio la campagna elettorale per le politiche non impedisce di preparare il terreno per le provinciali. Quale sarebbe la controindicazione? Scontentare qualcuno? Se anche fosse, non regge.

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