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Sette giorni a nervi scoperti. Centrodestra inclusivo in Ciociaria. Al Pd mancano… gli alleati

Licandro Licantropo
Da undici anni ci sono o governi tecnici o di salvezza nazionale, con maggioranze talmente eterogenee che è impensabile programmare una legislatura completa e lineare. Vediamo cosa succederà dopo il 25 settembre, ma le avvisaglie non sembrano essere mutate.
Settembre 19, 2022
La leader di Fratelli D'Italia Giorgia Meloni

L’ultima settimana di campagna elettorale inizia con un livello di tensione alle stelle. “Qualcuno cerca l’incidente”, dicono da Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni in testa. Mentre tra Giuseppe Conte (Cinque Stelle) e Matteo Renzi (Italia Viva) lo scontro è totale. Da Pontida il Capitano della Lega Matteo Salvini non ha risparmiato bordate al premier Mario Draghi. Dal Quirinale Sergio Mattarella osserva, non senza preoccupazione. Eppure alla fine si tratterà di aspettare i risultati, pesarli e analizzarli, prima di affidare l’incarico. Dalle mappe e dalle corde della politica italiana è completamente sparito il concetto di opposizione. Chi perde è pronto a mettere in dubbio il risultato e soprattutto a non accettarlo. Da undici anni ci sono o governi tecnici o di salvezza nazionale, con maggioranze talmente eterogenee che è impensabile programmare una legislatura completa e lineare. Vediamo cosa succederà dopo il 25 settembre, ma le avvisaglie non sembrano essere mutate.

L’ORIZZONTE PROVINCIALE

Cambiamenti sicuri all’orizzonte, indipendentemente dalle percentuali. Quattro anni fa nel centrodestra erano prevalenti la Lega e Forza Italia, con Fratelli d’Italia molto staccata. Stavolta è presumibile che il quadro sarà rovesciato. Ma si illude chi pensa a chissà quali sconvolgimenti per la tenuta della coalizione. Massimo Ruspandini, leader provinciale del partito di Giorgia Meloni, ha dimostrato di avere una visione inclusiva dell’alleanza. Lo ha dimostrato ovunque, ma soprattutto al Comune di Frosinone. I rapporti di forza conteranno (e ci mancherebbe altro), ma il centrodestra non è in discussione. Dello stesso avviso sono il coordinatore provinciale della Lega Nicola Ottaviani e i tre subcommissari di Forza Italia, Adriano Piacentini, Daniele Natalia e Rossella Chiusaroli. Fra l’altro, dopo le politiche, ci saranno regionali e provinciali (elezione del presidente). Una cosa però il centrodestra deve cambiare: il confronto e le riunioni della coalizione non potranno avvenire una volta all’anno. Anche perché andranno affrontate situazioni complesse e delicate: le comunali di Anagni ma anche di Ferentino. La prova del nove, in ogni caso, sarà l’individuazione del candidato alla presidenza della Provincia. Un appuntamento riservato agli addetti ai lavori (votano sindaci e consiglieri comunali), ma proprio per questo ancora più importante. Per un motivo: si capiranno sia il peso politico dei leader che il livello di compattezza delle “truppe”. Siccome il sistema elettorale prevede le fasce di ponderazione, sarà semplice individuare in quali Comuni eventualmente si annidano i “franchi tiratori”. Ma intanto il centrodestra punta a portare in Parlamento una “pattuglia” locale di quattro parlamentari: Massimo Ruspandini e Paolo Pulciani di Fratelli d’Italia, Nicola Ottaviani della Lega, Claudio Fazzone ddi Forza Italia. Alla prima elezione con 345 seggi in meno sarebbe un biglietto da visita di tutto rispetto.

L’ULTIMO INCROCIO DEL PD

La caratteristica del Partito Democratico provinciale in questi ultimi anni è stata quella di non effettuare alcuna seria analisi delle sconfitte subite. Intanto alle comunali: Ceccano, Pontecorvo, poi Alatri. E Frosinone, dove per la terza volta consecutiva il centrodestra ha eletto il sindaco sull’onda di una maggioranza schiacciante. Certamente dalle urne possono uscire sorprese anche clamorose, ma sicuramente Sergio Messore, Andrea Turriziani e Stefania Martini non partono con i favori del pronostico. Se ancora una volta, come nel 2018, non verranno eletti parlamentari del Pd in Ciociaria, una riflessione profonda si aprirà? Ne dubitiamo molto, perché sono già tutti proiettati alle regionali: Sara Battisti, Mauro Buschini, Antonio Pompeo. Però un partito che non fa i conti con le sconfitte non ha possibilità di invertire la rotta. Dipenderà molto dalla percentuale. Nel senso che se sarà in linea o maggiore di quella nazionale o regionale, allora sarà possibile ragionare con serenità. Se invece la percentuale dovesse essere minore, in particolar modo con riferimento alle altre province della regione, si aprirebbe un problema. Non soltanto per l’analisi degli effetti della vicenda legata al video di Ruberti, ma pure per la capacità di mobilitazione nel territorio. Sia Mauro Buschini che Antonio Pompeo fanno continuamente riferimento al valore aggiunto dei sindaci e degli amministratori. Però più di qualcuno (Massimiliano Quadrini e Adamo Pantano) è andato via e in diversi danno l’impressione di aver tirato i remi in barca. Quindi c’è il problema dei problemi, che i Dem proprio non considerano: la mancanza assoluta della coalizione di centrosinistra, delle alleanze. Inseguire i Cinque Stelle è stato inutile, con Azione e Italia Viva ricucire sarà complicato. In Ciociaria da tempo non esiste più l’asse di ferro con i Socialisti di Gian Franco Schietroma. Perché? A Frosinone il Psi ha ottenuto comunque il 6%. Gli accordi con le liste civiche, importanti alle comunali, non sono sufficienti per vincere. A volte neppure per competere. In Ciociaria il centrodestra è coalizione nella percezione degli elettori, in maniera superiore perfino al grado di compattezza tra i partiti. Nel centrosinistra questo non si avverte più ormai da anni, precisamente dal 2012, quando si consumò la frattura nel capoluogo tra Domenico Marzi e Michele Marini. Un decennio senza neppure un tentativo serio di ricostruire la coalizione. Decisamente troppo.

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