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Roma sul trono della Conference League

Roberto Mercaldo
L’Italia si riprende un alloro europeo dopo 12 anni di attesa. Esplode la festa
Maggio 26, 2022

Da un Mourinho all’altro, 12 anni di attesa. L’Italia che torna a prendersi un alloro europeo ringrazia la Roma e il suo condottiero. Tra il triplete nerazzurro e il trionfo giallorosso di Tirana solo tre tentativi infruttuosi, due della Juventus in Champions ed uno dell’Inter in Europa League. Tutte le altre finali le abbiamo guardate, talvolta immalinconiti da episodi controversi, sempre consapevoli però di un gap da colmare con dedizione, fantasia ed un pizzico di spregiudicatezza. La vittoria europea della Roma, che da ieri siede orgogliosa sul trono più giovane del continente, parte dal corretto atteggiamento verso questa competizione. Troppe volte, senza apparenti ragioni, abbiamo visto i nostri club schierati in Europa League con formazioni alternative, quasi fosse una diminutio capitis quella di prender parte a una rassegna diversa dalla Champions League.

Le altre fameliche e spietate fino al triplice fischio, le nostre con la stessa voglia che si esibisce quando si fa la fila al catasto. Risultato? Eliminazioni precoci, lezioni solenni ma infruttuose, dichiarazioni giustificative poggiate sul nulla. Josè Mourinho ha chiarito subito quale dovesse essere l’approccio del suo club verso il nuovo palcoscenico europeo. Il tonfo norvegese di ottobre è stato paradossalmente il dies a quo. Nessuno sa cosa abbia detto il tecnico portoghese si suoi dopo quella batosta tra i fiordi, ma certamente da allora si è vista una Roma determinata a dare il 100% in ogni confronto al suono dell’Eroica. Superato il Leicester in semifinale, qualcuno si sentiva autorizzato a pensare che il più fosse fatto. Mourinho ha invece catechizzato i suoi su quanto pericoloso potesse essere il Feyenoord di Slot e l’approccio umile alla gara di Tirana è risultato determinante. La Roma ha vinto la partita contro una squadra che ha corso di più ed ha esibito una condizione fisica stupefacente. I centrocampisti olandesi spuntavano da ogni dove, riconquistavano palla e la giravano vorticosamente alla ricerca del varco giusto. Eroici Smalling e Mancini, bravissimi i centrocampisti a sacrificarsi in un lavoro di copertura dopo che Zaniolo, rapace e potente, aveva sorpreso la retroguardia olandese e scritto così l’1/0. La Roma voleva questa Conference, e l’ha esplicitato con una condotta di gara prudente e votata al sacrificio. Niente fronzoli, niente voli pindarici, l’essenzialità elevata a sistema. Le sgroppate di Spinazzola e Pellegrini, inseguiti vanamente dai dirimpettai olandesi, sono ossigeno puro. Un preludio al trionfo sancito al minuto 95 dal rumeno Kovacs. Il tempo della gioia scatta concomitante sul terreno di gioco e sul prato dell’Olimpico, dov’erano quelli impossibilitati a raggiungere Tirana. E poi nelle piazze, nelle strade antiche e ricche di storia. Passa per le finestre imbandierate, per i vicoli ridestati dal torpore di un maggio torrido, per le trombette, i clacson, gli slogan e i ricordi. Già, chissà chi la ricorda quella Coppa delle Fiere del 1961, doppia finale contro il Birmingham e Roma sul tetto d’Europa. Sessantuno anni dopo il sessantuno, la cabala fa capolino tra i balconi della Città Eterna. Mourinho e Zaniolo i simboli di una serata magica, in cui Roma non ha fatto la stupida. Un popolo in festa canta la gioia incontaminata di una conquista. È la faccia bella dello sport, il resto è noia…

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