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Regionali Lazio: l’alibi del sistema elettorale, le manovre spericolate della Lega, D’Amato e il voto disgiunto

Licandro Licantropo
Nella fase delle candidature si stanno vedendo chiaramente come stanno le cose: la spaccatura esasperata nel Pd, la “guerra fredda” tra Fratelli d’Italia e Lega e le manovre nei diversi partiti
Gennaio 10, 2023
Alessio D'Amato (Foto: Facebook/D'Amato)

Il sistema elettorale delle regionali Lazio è assolutamente perfetto come “alibi”: siccome ogni partito presenta una propria lista in stile “proporzionale”, nessuno deve porsi il problema delle alleanze. Questo però non vuol dire che i problemi non esploderanno dopo. Già nella fase delle candidature si stanno vedendo chiaramente le cose: la spaccatura esasperata nel Pd, la “guerra fredda” tra Fratelli d’Italia e Lega, le manovre nei diversi partiti.

Se alle provinciali si era potuto dire che era un appuntamento per addetti ai lavori (amministratori comunali), stavolta non sarà così. Inoltre poi a maggio si voterà alle comunali, a cominciare da Ferentino e Anagni.

REGIONALI LAZIO, QUANTO CONTERANNO I RISULTATI

Alla Lega serviva davvero la candidatura alle regionali di Marco Corsi, consigliere comunale di Ceccano? Intanto ha provocato una fortissima reazione dei livelli cittadini del partito, che hanno chiesto al coordinatore provinciale Nicola Ottaviani di ripensarci. Non lo farà naturalmente. Cosa sarebbe successo però se a Frosinone FdI avesse effettuato una manovra simile?

Sicuramente (e a ragione) l’iniziativa sarebbe stata interpretata come “ostile” nei confronti del sindaco del Carroccio Riccardo Mastrangeli e della sua maggioranza. E’ la stessa cosa a Ceccano, con il tentativo di creare pressione su Roberto Caligiore, la giunta e la maggioranza. Un peccato, anche perché proprio a Frosinone Fratelli d’Italia ha dato prova concreta di senso di responsabilità  alle comunali. I risultati delle regionali saranno tenuti in considerazione, a questo punto anche nei diversi Comuni. Varrà a poco il richiamo al quadro uscito dalle amministrative.

Determinate operazioni non hanno senso alcuno e nel centrodestra, come nel centrosinistra, è forse giunto il momento di fare delle considerazioni e tirare una linea. Il Partito Democratico ha presentato la lista, nella quale ci sono dunque Sara Battisti, Antonio Pompeo, Libero Mazzaroppi, Andrea Querqui, Annalisa Paliotta e Alessandra Cecilia. Non c’è stata alcuna ricomposizione dopo il durissimo attacco sferrato da Antonio Pompeo, intenzionato a contarsi fino in fondo nel confronto con Sara Battisti. Un terreno unitario non esiste più, basta leggere i post dei sostenitori dell’ex presidente della Provincia per rendersene conto. Non è neppure certo che l’ormai ex sindaco di Ferentino resti nel partito.

Potrebbe davvero succedere di tutto, indipendentemente dal congresso. Inutile sperare in un intervento dei livelli regionali. Il senatore e segretario Bruno Astorre sta cercando di tenere botta in una situazione difficilissima, nella quale mancano i punti di riferimento perché sono tutti consapevoli che il mandato da segretario di Enrico Letta sta terminando. Inoltre ci sarà anche il congresso regionale, al quale stanno guardando con estrema attenzione sia Nicola Zingaretti che Daniele Leodori. Il candidato alla presidenza della Regione Alessio D’Amato sembra voler puntare sul voto  disgiunto. Il suo appello al Movimento Cinque Stelle tende a questo.

Per dire alla sua sinistra: “Non sono io che non voglio l’accordo con loro, ma sono loro a chiudere le porte”. E in questo modo spera pure di infilarsi nelle contraddizioni del Movimento nel Lazio, dove Giuseppe Conte non si confronta con Roberta Lombardi e Valentina Corrado. Il messaggio di D’Amato è: votate i vostri candidati al Consiglio, ma per la presidenza guardate al sottoscritto. Operazione difficilissima però: non è mai successo che il voto  disgiunto abbia potuto fare una simile differenza.

Giovedì è in programma la conferenza stampa di Donatella Bianchi, candidata dei Cinque Stelle alla presidenza della Regione Lazio. Con lei ci sarà Giuseppe Conte, il quale sicuramente farà capire che il Movimento andrà avanti per la propria strada, che è completamente alternativa a quella del Partito Democratico. Per farlo però dovrà convincere Donatella Bianchi a dare ampie assicurazioni sul fatto che resterà consigliere nel Lazio. E che quindi non si dimetterà se non dovesse essere eletta presidente. Questo tema è un potenziale anello debole del Movimento, sul quale il Pd sta aumentando il pressing.

LA FORZA CALMA DI ROCCA

Francesco Rocca, candidato del centrodestra alle prossime regionali Lazio, non alza i toni, risponde a tutte le polemiche con tranquillità, è consapevole che dopo dieci anni la coalizione può raggiungere una vittoria che manca dai tempi di Renata Polverini. Le due vittorie di Nicola Zingaretti sono state favorite da una coalizione di centrodestra spaccata e incerta, piena di veti incrociati e di ritardi inammissibili. Stavolta non è così e l’azione di blindatura di Fratelli d’Italia sta funzionando. Certamente la divisione tra Pd e Cinque Stelle facilita la situazione, ma anche nel 2018 il sistema era tripolare. Stavolta conteranno sia il voto politico che quello dei singoli candidati nelle liste. Francesco Rocca non soffre di vertigini.