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Padri e figli nello sport. Quando la classe è nel DNA

Roberto Mercaldo
Autorevoli e consistenti esempi nel calcio, nel ciclismo, nell’atletica e nello sci
Marzo 6, 2022

La storia dello sport è ricca di “figli d’arte”. Poco frequente in letteratura e nella musica, più consistente nel mondo del cinema e del teatro, il fenomeno acquisisce autorevolezza statistica nel mondo dello sport agonistico. Ovvio che ci sia una base genetica a determinare l’attitudine di un soggetto ad eccellere nella pratica sportiva.

Non estraneo poi alla tematica in questione è lo spirito di emulazione. Il papà e la mamma sono gli eroi preferiti di ogni figlio e quando l’esempio trova il suo ambito di applicazione nella pratica sportiva, seguirlo equivale a gareggiare, tutt’al più cambiando disciplina. Nel football il primo esempio che viene in mente è senza dubbio quello di Valentino Mazzola, il compianto campione del “Grande Torino”, che generò un altro grande del nostro calcio, Sandrino, bandiera dell’Inter e della Nazionale azzurra.

Sull’altra sponda meneghina ecco Cesare Maldini. Qui la “dinastia” è più longeva, perché passa per il figlio Paolo, e arriva a Daniel, che ancora è distante dall’immensa gloria del padre e del nonno, ma sembra possedere le qualità per emularli. L’ultimo arrivato in casa Maldini ha guadagnato… 50 metri di campo, visto che a differenza dei suoi predecessori agisce quale attaccante.

Altra famiglia di calciatori è quella dei Conti, che ha nel Bruno mundial il capostipite, in Daniele il successore (un pochino al di sotto qualitativamente, ma pur sempre in grado di disputare centinaia di partite in massima serie) e nel giovane Bruno junior il volenteroso e arrembante artefice dei nostri giorni.

Non solo calcio, però, perché anche altre discipline sportive mostrano come i geni di uno sportivo doc siano trasmissibili. Nel ciclismo i fratelli Moser, ben 4 professionisti dal più grande Aldo al più glorioso e vincente Francesco, passando per Enzo e Diego, hanno dato alla disciplina epigoni come Ignazio e Moreno. La statura di Francesco resta inarrivabile per i suoi successori, ma anche il figlio ed il nipote hanno mostrato virtù non comuni alla guida di una bici da corsa.

Nel volley, lo zar Ivan Zaytsev, stella della Nazionale azzurra, è un figlio d’arte, perché il papà Vajceslav è stato campione olimpico nella fila della nazionale sovietica e la mamma, Irina Pozdnjakova, una nuotatrice di livello internazionale. Restiamo ai confini italici ma cambiamo disciplina sportiva: lo sci offre una sequenza di campionesse: Ninna Quario, grande interprete dello slalom speciale, ai tempi della “valanga rosa”, ha messo al mondo Federica Brignone, straordinaria campionessa del terzo millennio, brava tanto in slalom che in SuperG.

Nell’atletica leggera, ecco la grande promessa del salto in lungo, Larissa Iapichino, figlia di Gianni, campione italiano di salto con l’asta e di Fiona May, medagliata europea e mondiale. E sempre dall’atletica arriva una speranza azzurra di sangue ciociaro: Fabrizio Donato, bronzo olimpico e campione d’Europa nel salto triplo ha infatti sposato Patrizia Spuri, campionessa italiana dei 400 metri piani.

A Greta Donato toccherà rinverdire la gloria degli illustri genitori, e lei ha iniziato salendo già sul podio ai campionati italiani giovani, nella specialità del salto in lungo.

Conclusione: nessun dubbio che campione lo si diventi con l’applicazione , l’impegno, la serietà e la fantasia. Però esser figlio di un campione qualche possibilità in più te la concede, come la storia del nostro sport dimostra in maniera evidente.

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